Scuola convitto di orticoltura e pomologia

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Scuola convitto di orticoltura e pomologia
Prospetto su via A. Rossi
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàSchio
IndirizzoVia Fusinieri/Via Rossi
Coordinate45°42′41.46″N 11°20′59.14″E / 45.711517°N 11.349761°E45.711517; 11.349761
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1883
Usosede locale del Club Alpino Italiano, abitativo privato
Realizzazione
ArchitettoAntonio Caregaro Negrin
CommittenteAlessandro Rossi

La scuola convitto di orticoltura e pomologia è un edificio storico ubicato tra via Fusinieri e via Rossi a Schio, nel quartiere operaio; lo stabile è stato progettato da Antonio Caregaro Negrin. Attualmente parte dell'edificio è utilizzato come sede della sezione locale del Club Alpino Italiano, mentre altri locali sono adibiti a uso abitativo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Considerando che si tratta di un edificio scolastico le finiture sono pregevoli, come dimostrano la coppia di leoni alati poste a fianco delle porte d'ingresso

La scuola convitto di orticoltura e pomologia consiste in uno degli elementi di un ben più ampio progetto messo in atto da Rossi: presso Santorso, nelle vicinanze della sua residenza, Alessandro Rossi a partire dal 1882 si dedicò alla coltura del suo vasto podere (delle dimensioni di 130 campi vicentini), dove vennero messi a dimora vigneti, frutteti, ortaggi, lamponi, arnie per apicoltura; il tutto realizzato utilizzando moderne tecniche agricole e un impegnativo investimento economico[1], tanto che il podere veniva chiamato Podere Modello[2]. Per tale ambizioso progetto vennero impiegati fino a 91 addetti, vennero costruite diverse abitazioni per alcuni di essi[3], vennero allestite serre, locali per una fabbrica di conserve, stalle[1][4]. Il progetto mirava a dare un sostanzioso contributo alla modernizzazione dell'agricoltura italiana, ancora legata a modelli feudali, arretrata e poco efficiente[5].

Per la formazione dei futuri contadini venne istituita una scuola convitto inaugurata il 2 gennaio 1884[1] e suddivisa in due sedi: presso Santorso, lungo la strada Schio-Piovene[6], dove si curava la parte pratica; presso Schio, all'interno del quartiere operaio, dove veniva garantita la formazione teorica degli allievi[1] e dove gli studenti alloggiavano. Scuole di questo genere erano una novità in Italia e ne esistevano al tempo poche altre: a Varese, a Mira, a Firenze[7], a Milano[1]. L'impegno nell'ambito scolastico e formativo di Alessandro Rossi, non si limitò dunque al campo industriale, ma si estese anche a quello agricolo, allo scopo di favorirne la modernizzazione.

Il progetto di Rossi tuttavia non ebbe il successo sperato, e solo dopo due anni fu necessario interromperlo, a causa dei debiti accumulati e per le difficoltà riscontrate nella commercializzazione delle conserve prodotte (che secondo il progetto iniziale dovevano garantire la copertura finanziaria per il mantenimento della scuola)[1]. Gli studenti della scuola convitto furono trasferiti presso le similari strutture di Firenze, Varese e Mira, così da permettere loro di completare il ciclo di studi.

L'edificio di Schio era stato quindi progettato da Antonio Caregaro Negrin come edificio scolastico e completato nel 1883, come parte di un vasto progetto. Lo stabile, terminata la sfortunata esperienza del Podere Modello, ospitò la sede della fabbrica di cioccolato Dolomiti; in seguito venne convertito in parte a uso abitativo privato, in parte utilizzato come sede del CAI[8].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio ha una struttura a "L" e si ispira nelle forme all'architettura di tipo prealpino tipica della Germania e Belgio[2][8], con tetti a spioventi e slancio verticale, numerose finestre rettangolari e comprende una pertinenza a area verde (successivamente su tale area è stato edificato un condominio). È costituito da tre piani nel corpo centrale e due nell'ala laterale. L'intonaco, come molte abitazioni del quartiere, è caratterizzato da differenti fasce cromatiche, gialle e rosse. Solo una parte dell'edificio è stata recuperata nel rispetto delle sue originali colorazioni, mentre un'ala versa in uno stato di degrado piuttosto avanzato (pur conservando tracce delle originali decorazioni), o snaturato nelle finiture esterne.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Storia del Podere Modello di Alessandro Rossi
  2. ^ a b Cartoguida sull'archeologia industriale scledense
  3. ^ Le case, sparse all'interno del podere e ancora oggi esistenti, erano denominate in base alla loro colorazione: casa gialla (o casa dei galli), casa rossa, casa bianca, casa verde (o crosarolle) e casa celeste
  4. ^ Oggi la quasi totalità del podere è gestita da una cooperativa sociale sotto il nome di Oasi Rossi
  5. ^ Luca Sassi, Bernardetta Ricatti, Dino Sassi, Schio. Archeologia Industriale, p. 193, Sassi Edizioni Schio, 2013
  6. ^ L'edificio è ancora visibile
  7. ^ Luca Sassi, Bernardetta Ricatti, Dino Sassi, Schio. Archeologia Industriale, p. 219, Sassi Edizioni Schio, 2013
  8. ^ a b Luca Sassi, Bernardetta Ricatti, Dino Sassi, Schio. Archeologia Industriale, p. 164, Sassi Edizioni Schio, 2013

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]