Ponte sul Macesto

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Ponte sul Macesto
Prospetto e pianta del Ponte sul Macesto
Localizzazione
StatoBandiera della Turchia Turchia
CittàBalıkesir
AttraversaSimav
Coordinate39°51′55″N 28°09′53″E / 39.865278°N 28.164722°E39.865278; 28.164722
Dati tecnici
TipoPonte ad arco
MaterialePietra e mattoni
Campate13
Lunghezza234 (senza rampe) m
Luce max.14,20 m
Larghezza6,35 m
Realizzazione
Costruzione...-Probabilmente IV secolo d.C.
Mappa di localizzazione
Map

Il ponte sul Macesto o ponte di Sultançayır era un ponte romano ad arco ribassato sul fiume Macesto (turco Simav o Susurluk Çayı) presso Balıkesir, nella parte nord-occidentale dell'odierna Turchia.

I suoi archi piatti, i suoi pilastri sottili e il suo sistema di intercapedini documentavano i progressi fatti nella costruzione dei ponti della tarda antichità. Una prima rapida indagine sulla struttura, lunga 234 m, fu condotta all'inizio del XX secolo, ma da allora la sua esistenza è stata in gran parte trascurata dagli studiosi. Recenti foto (risalenti al 2009) mostrano che nel frattempo il ponte è crollato.

Esplorazione[modifica | modifica wikitesto]

Il ponte è ubicato a Sultançayır, nel cuore dell'antica regione della Misia, dove portava la strada che collegava Hadrianu Therai (Balıkesir) a Miletopolis attraverso il Macesto.[1] Durante un giro di esplorazioni nel 1902, l'archeologo tedesco Theodor Wiegand trovò l'antica struttura ancora in un eccellente stato di preservazione; solo il quarto pilastro dalla riva orientale era stato fatto esplodere circa trent'anni prima in quello che fu un rozzo e in definitiva infruttuoso tentativo di rendere il fiume navigabile per battelli più grandi.[1] Un altro breve resoconto fu fatto dal suo collega inglese Frederick William Hasluck, che visitò anch'egli la Misia all'epoca.

Costruzione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stato rovinato del ponte nel 2009

Il Ponte sul Macesto ha una larghezza di 6,35 m e una lunghezza di 234 m, escluse le rampe ad entrambe le estremità.[1] La distanza tra la linea centrale dei pilastri misura 17,80 m per ognuno dei suoi 13 archi, la campata (luce) essendo 14,20 m e la larghezza dei pilastri, di conseguenza, 3,60 m.[2] I pilastri sottili sono protetti a monte da frangicorrente triangolari e, a causa del rapporto favorevole dello spessore rispetto alla campata di quasi 1 a 4, permette al flusso dell'acqua di superare il ponte relativamente senza restrizioni. L'altezza dalla linea di imposta alla chiave di volta (freccia) è soltanto 4,30 m (vedi disegno),[2] che dà all'arcata un rapporto luce-freccia di 3,3 a 1. Il ponte è pertanto uno della oltre dozzina di ponti antichi ad arco ribassato noti oggi.

Dentro, furono scavate intercapedini per risparmiare materiale e ridurre il peso che poggiava sulle volte degli archi; questi spazi 4,40 m di larghezza, 2,05 m di lunghezza e sono tutti disposti obliquamente rispetto all'asse longitudinale del ponte.[3][4] È noto che costruzioni simili a intercapedine esistono in altri ponti tardo-romani in Asia Minore, come il Ponte sull'Esepo, le cui piccole rientranze, simili a fessure, puntano però in direzione del piano stradale.[5]

All'esterno, un paio di nicchie ad arco furono incassate nel timpano della volta, con due nicchie aggiuntive, grandi il doppio, nel lato intermedio a valle.[2] Questi rinfianchi semiaperti erano destinati ad alleggerire ulteriormente il carico statico sul ponte. I muri di contenimento, proprio come i frangicorrente, furono costruiti con blocchi di calcare accuratamente lavorati.[3]

I cunei esterni della nervatura dell'arco sono costituiti da un'alternanza di mattoni e di conci,[2] mentre il resto delle volte degli archi consiste interamente di mattoni.[4] Ulteriori materiali menzionati da Wiegand includono il marmo – probabilmente per il rivestimento – e la malta,[1] che potrebbe essere stata usata come legante, o può darsi che si riferisca al cemento romano che spesso serviva a riempire l'interno dei rinfianchi e dei pilastri. Stando a quanto riportato non furono utilizzati materiali di reimpiego più antichi.[1]

Data[modifica | modifica wikitesto]

L'uso di archi piatti composti di mattoni e pietre indica, secondo Wiegand, una daa di costruzione del periodo tardo romano o primo bizantino.[1] Hasluck sottolinea paralleli architettonici con i vicini Ponte Bianco e Ponte sull'Esepo, e su quella base data il Ponte sul Macesto al regno di Costantino I († 337 AD).[6] L'esistenza di una fortezza tardo bizantina, situata sulla cima di una collina a circa 300 m dal ponte, è assunta come prova di un uso continuo almeno fino all'inizio del XIV secolo.[1] L'attuale stato della struttura è sconosciuto: essa non è elencata nella recente compilazione dei ponti romani di O'Connor.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Wiegand 1904, pp. 300–301.
  2. ^ a b c d Wiegand 1904, opuscolo (allegato).
  3. ^ a b Wiegand 1904, pp. 300–301, opuscolo (allegato).
  4. ^ a b Hasluck 1905/06, p. 188.
  5. ^ Hasluck 1905/06, p. 185.
  6. ^ Hasluck 1905/06, p. 189.
  7. ^ O'Connor 1993.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Frederick William Hasluck, A Roman Bridge on the Aesepus, in The Annual of the British School at Athens, vol. 12, 1905/06, pp. 184–189.
  • Colin O’Connor, Roman Bridges, Cambridge University Press, 1993, ISBN 0-521-39326-4.
  • Theodor Wiegand, Reisen in Mysien, in Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Athenische Abteilung, vol. 29, 1904, pp. 254–339 (300–301).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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