Onufri

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Disambiguazione – Se stai cercando l'arcivescovo ortodosso ucraino, vedi Onufri di Kiev.
Icona di Cristo di Onufri, particolare dell'iconostasi nella cattedrale di Berat

Onufri, oppure Onufri da Elbasan o Onufri di Neokastres (Berat/Kastoria, XVI secoloXVI secolo), è stato un pittore e presbitero albanese.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Onufri nacque a Berat o a Kastoria, educato nella Repubblica di Venezia e membro della Confraternita greca di Venezia,[1] fu attivo intorno alla metà del XVI secolo,[2]nel sud dell'Albania e nel sud-ovest della Macedonia,[3] e diventò celebre per le sue icone di stile bizantino, ma anche per i ritratti, paesaggi e chiese.[4][3]

Onufri visse in un periodo particolarmente difficile, perché gli Ottomani conquistarono l’Albania con Maometto II dopo la morte dell’eroe nazionale Giorgio Castriota Scanderbeg, e quindi gran parte della popolazione si convertì alla religione islamica.[4] Onufri, dipinse soprattutto icone che esprimevano un forte senso di libertà e di resistenza all'invasore Ottomano sia in senso nazionalistico sia in senso religioso.[4]

Poche sono le notizie biografiche del pittore, che fino al 1547 dipinse a Berat, prima di soggiornare a Kastoria e dal 1555 si trasferì a Shelcan, vicino a Elbasan per concludere la sua carriera nel villaggio di Valsh.[4] I suoi affreschi sono conservati a Shpati (Elbasan), nelle chiese di Santa Veneranda di Valësh e San Nicola di Shelcan.[2][5]Lavorò anche nella chiesa di San Teodoro a Berat, dove sono esposte le sue opere più importanti.[2]

Prete ortodosso,[3] si mise in evidenza e si distinse dagli artisti contemporanei per l'inserimento di elementi realistici nella staticità convenzionale dell'arte bizantina,[2]quali paesaggi urbani e vedute compagnole, ma anche personaggi presi dalla realtà quotidiana.[4]

Le sue opere presentarono influenze occidentali, rinascimentali italiane, veneziane[3] ed europee, brillantemente miscelate col forte colorismo della pittura religiosa bizantina, che diedero al suo stile caratteristiche e forme personali, originali.[2]

Le sue figure, pur mantenendo la solenne e severa dignità di atteggiamento tipica della pittura classica bizantina, manifestarono ed espressero sia negli sguardi sia nell'abbigliamento tipi umani presenti nella società albanese,[2]umanizzando i suoi personaggi con la raffigurazione della loro interiorità.[4]

I suoi dipinti più conosciuti sono Davide e Il Profeta sconosciuto nella chiesa di Shelcan, Donne piangenti sotto la Croce in quella di Valësh.[2]

Molti dei suoi dipinti sono conservati ed esposti nel Museo Iconografico di Onufri in un'antica chiesa nella città di Berat.[1]

Fondò anche una scuola per la pittura delle icone, i cui insegnamenti proseguirono dopo la sua morte grazie all'impegno del figlio Nicola e dei suoi seguaci Onufri Kiprioti e Konstantin Shpataraku.[4][1]

Quindi l'arte di Onufri fu proseguita, parzialmente, dal figlio Nicola, suo allievo,[6] che restaurò la chiesa di Santa Maria di Vlaherna a Berat, caratterizzandosi per la tendenza a rispettare la tradizionale arte bizantina. Invece altri pittori albanesi contemporanei vennero influenzati maggiormente da Onufri e seguirono raffigurazioni artistiche intrise di elementi etnici, come testimoniano affreschi di numerose cappelle della città di Berat.[2]

Un grande editore di libri in Albania porta il suo nome (Casa editrice Onufri).[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d (EN) Onufri's red, su albania.al. URL consultato il 21 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 30 aprile 2019).
  2. ^ a b c d e f g h Onufri da Elbasan, in le muse, VIII, Novara, De Agostini, 1967, p. 375.
  3. ^ a b c d Riparte Onufri, la mostra internazionale di Tirana. Col curatore italiano Gaetano Centrone, su artribune.com. URL consultato il 21 aprile 2019.
  4. ^ a b c d e f g Onufri, il Maestro nella pittura albanese del XVI secolo, su albanianews.it. URL consultato il 21 aprile 2019.
  5. ^ La città' Ottomana e le sue architetture, su www2.ing.unipi.it. URL consultato il 21 aprile 2019.
  6. ^ Castelli e fortificazioni, da Volterra ad Elbasan, su dic.unipi.it. URL consultato il 21 aprile 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) F. Drini, Bibliographie de l'archéologie et de l'histoire ancienne d'Albanie, Tirana, 1985.
  • A. Galanti, L'Albania, Roma, 1901.
  • (DE) A. Hetzer, V. S. Roman, Albanien. Ein bibliographischer Forschungsbericht, Monaco di Baviera, 1983.
  • (DE) T. Ippen, Alte Kirchen und Kirchenruinen in Albanien, Wissenschaftliche Mitteilungen aus Bosnien und Herzegovina, 1900.
  • (FR) B. Jubani, Bibliographie de l'archéologie et de l'histoire antique de l'Albanie, Tirana, 1972.
  • (SQ) A. Meksi, Alcune cappelle bizantine del nostro paese, Monumentet, 1975.
  • (FR) L. Papajani, Bibliographie des monuments de l'architecture et de l'art, Tirana, 1982.
  • (SQ) T. Popa, Iscrizioni delle chiese in Albania e loro dati storici, Tirana, 1958.
  • (FR) T. Popa, Considérations générales sur la peinture postbyzantine en Albanie, in Actes du Ier Congrès International des Etudes Balkaniques et Sud-Est Européennes, Sofia 1966, Sofia, 1969.
  • (SQ) T. Popa, Elementi laici e realistici nella nostra pittura medievale, in Studime historike, 1972.

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