Notazione di Einstein

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In algebra lineare la notazione di Einstein o la convenzione di Einstein nelle sommatorie è una convenzione per contrarre i tensori: ogni indice che compare all'interno di un fattore più di una volta viene sommato al variare di tutti i possibili valori che l'indice può assumere.

Nelle applicazioni più comuni l'indice può valere 1,2,3 (per calcoli nello spazio euclideo), o 0,1,2,3 o 1,2,3,4 (per calcoli nello spaziotempo di Minkowski), ma esso può variare in qualsiasi intervallo, compresi insiemi infiniti. La notazione astratta degli indici è uno sviluppo della notazione di Einstein.

La convenzione è stata introdotta dallo stesso Albert Einstein per rendere più concise alcune equazioni di geometria differenziale utili a formulare la relatività generale. La convenzione non ha tuttavia alcun significato fisico; si tratta di un metodo di scrittura utile nel formalismo matematico.

Definizione[modifica | modifica wikitesto]

Nell'articolo del 1916 "La fondazione della teoria della relatività generale" (Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie),[1] dopo alcuni paragrafi di introduzione, Einstein dedica il punto B della sezione 4 ai "Mezzi matematici per la formulazione di equazioni covarianti in modo generale". A valle della definizione di quadrivettore covariante e controvariante, dedica una nota alla "Osservazione sulla scrittura semplificata delle espressioni". Dunque, fu lui stesso a usare la dizione di "notazione semplificata", da applicare ai tensori precedentemente introdotti. A proposito scrive:

«Un'occhiata alle equazioni del presente paragrafo mostra che le sommatorie si effettuano sempre rispetto agli indici che si presentano due volte sotto il segno di somma e unicamente rispetto a indici siffatti. Perciò, è possibile, senza ledere la chiarezza, sopprimere il segno . A tale scopo diamo la seguente regola: "quando un indice si presenta due volte in un termine di un'espressione, occorre sommare rispetto ad esso, salvo il caso che sia esplicitamente indicato il contrario".[...]. Seguendo l'uso introdotto da Levi-Civita, indichiamo il carattere covariante collocando l'indice in basso e quello controvariante collocando l'indice in alto

La convenzione è quindi la seguente:

Quando un indice si presenta due volte in un termine di un'espressione occorre sommare rispetto ad esso, salvo il caso che sia esplicitamente indicato il contrario.

Esempi[modifica | modifica wikitesto]

Generalmente la convenzione di Einstein è usata in presenza di tensori. Gli esempi qui proposti riguardano tutti tensori.

Prodotto scalare[modifica | modifica wikitesto]

Il prodotto scalare di due vettori e dello spazio euclideo è definito come

Usando la convenzione di Einstein, si può sottintendere il simbolo di sommatoria. L'espressione può essere scritta come

Infatti il termine contiene due volte l'indice , una volta come covariante e una volta come controvariante, la sommatoria sui valori di può essere sottintesa.

Prodotto vettoriale[modifica | modifica wikitesto]

Il prodotto vettoriale di due vettori e in è definito come

Nell'espressione è sottintesa una somma sugli indici e poiché entrambi compaiono due volte in posizioni opposte nel termine di destra. Il simbolo dipendente da 3 indici è il simbolo di Levi-Civita. L'espressione però non è sommata sull'indice , perché questo compare una volta sola in ogni termine. L'espressione infatti esprime per ogni l'-esima componente del prodotto vettoriale fra e .

Indicando con

la base canonica di , è possibile scrivere il prodotto vettoriale in un'unica equazione del tipo

Qui la somma è effettuata su tutti gli indici . In altre parole,

Indici muti e liberi[modifica | modifica wikitesto]

In un'espressione scritta secondo la convenzione di Einstein, gli indici che vanno sommati si chiamano muti e gli altri sono liberi. Ad esempio, nell'espressione

gli indici e sono muti e l'indice è libero. Poiché gli indici e devono essere sommati su alcuni valori predeterminati, hanno un ruolo tutto interno all'espressione che non si "manifesta" all'esterno: in particolare, è possibile cambiare lettera per indicare gli indici muti a piacimento. Ad esempio, i due indici muti possono essere scambiati senza variare il significato dell'espressione:

Notazione astratta degli indici[modifica | modifica wikitesto]

La notazione di Einstein presenta l'inconveniente di non specificare se le relazioni tra le grandezze che compaiono nelle equazioni (in particolar modo i tensori) valgano componente per componente o se siano equazioni tensoriali, indipendenti dalla scelta di una base. Per questo motivo Roger Penrose e altri[2] hanno proposto l'introduzione di una differenziazione della notazione da usarsi nella notazione di Einsten:

  • Equazioni che contengano indici indicati da lettere latine, del tipo
    sono da considerarsi relazioni tra tensori e non è necessaria la scelta di una base di coordinate
  • Equazioni che contengano indici indicati da lettere greche, del tipo
    sono da considerarsi relazioni tra le componenti dei tensori e quindi è necessaria la scelta di una base di coordinate.

La notazione astratta degli indici (abstract index notation) distingue queste due situazioni; pertanto

indicano veri e propri tensori di tipo (3, 2) e , mentre

indica un numero, componente del tensore dipendente dai numeri e .

Questa notazione si scontra parzialmente con un uso precedente in presenza di uno spaziotempo a 4 dimensioni,[2] tuttavia ancora diffuso,[3] secondo il quale si usano le lettere greche quando si vuole indicare che la sommatoria deve essere svolta su tutti gli indici (spaziali e temporali), si usano le lettere latine quando la sommatoria e ristretta alle sole componenti spaziali Per esempio,

dove abbiamo usato la metrica

e , invece

La parte spaziale (vettore 3 dimensionale) del quadrivettore è indicata da e

è la norma quadra di .

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (DE) Albert Einstein, Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie (PDF). URL consultato il 15 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 4 febbraio 2012).
  2. ^ a b (EN) Robert M. Wald, General Relativity, 1ª ed., University of Chicago Press, 1984, ISBN 0-226-87033-2.
    «In questo libro sono riportati due lavori Penrose (1968) e Penrose e Rindler (1984) a proposito dell'introduzione della notazione astratta degli indici.»
  3. ^ Gian Maria Prosperi, Elementi di teoria della relatività ristretta, Cusl, 2004, ISBN 88-8132-505-5.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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