Museo fallologico islandese
Hið Íslenzka Reðasafn Museo fallologico islandese | |
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Ubicazione | |
Stato | Islanda |
Località | Reykjavík |
Indirizzo | Laugavegur 116 |
Coordinate | 64°08′34.63″N 21°54′52.57″W |
Caratteristiche | |
Tipo | Apparati genitali maschili |
Istituzione | 1997 |
Apertura | 1997 |
Visitatori | 11 000 |
Sito web | |
Il Museo fallologico islandese (in islandese: Hið Íslenzka Reðasafn) è un piccolo museo privato di Reykjavík dedicato all'organo sessuale maschile. Prima del 2012 il museo aveva sede a Húsavík, cittadina del nord vicino ad Akureyri.
Fondato nel 1974 da Sigurdur Hjartarson, professore di storia in pensione, il museo raccoglie apparati genitali maschili, disseccati o conservati in formaldeide.
La collezione è composta da 276 peni, appartenenti a 92 specie animali diverse, nella fattispecie ai mammiferi d'Islanda, alcuni dei quali ormai estinti. Dal 2011 fa parte della collezione un pene umano, donato da un cittadino islandese alla sua morte.[1]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il fondatore del museo Sigurður Hjartarson ha lavorato come professore e preside per 37 anni, insegnando storia e spagnolo al Hamrahlid College Reykjavík prima di pensionarsi.[2] Curioso notare che già da bambino possedeva il pene di un toro, che utilizzava come frusta per il bestiame. Inaugurò la sua collezione quando un conoscente, sentita la storia del pene del toro, gliene regalò altri quattro nel 1974; di questi, Sigurður ne regalerà tre ai suoi amici. Anche i lavoratori alle baleniere, giunti a conoscenza dell'insolita passione del ragazzo, cominciarono a donargli peni di balene; è in questo momento che la sua raccolta si espanse, grazie alle varie donazioni provenienti dalle regioni più disparate dell'Islanda.[3]
Per fare un esempio, gli organi degli animali da fattoria provenivano dai mattatoi, mentre i pescatori fornivano quelli delle foche e delle balene. Sigurður riuscì addirittura ad ottenere il fallo di un orso polare, che venne ucciso da due pescatori che lo trovarono alla deriva nei Westfjords.[4] L'adolescente era seguito dalla famiglia nel conseguimento del suo obiettivo, non senza qualche acuto senso di imbarazzo. La figlia Þorgerður ricorda che venne inviata al mattatoio a raccogliere peni congelati di capra; venne tuttavia bloccata dagli operai, in pausa pranzo, che le chiesero cosa stesse facendo. Costretta ad ammettere le ragioni della sua visita, si sfogò poi con Sigurður urlandogli: «Non collezionerò mai più niente per te».[5]
Sigurður iniziò la sua collezione nel suo ufficio al college finché non decise di ritirarsi dalla vita lavorativa. A questo punto decise di esporre l'intero nucleo collezionistico pubblicamente, su volontà anche del municipio di Reykjavík che nel 1997 gli concesse 200.000 ISK per l'inaugurazione del nuovo spazio museale.[6] Nel 2003 il sito è stato visitato da 5.200 visitatori, di cui 4.200 provenienti dall'estero. Nello stesso anno Sigurður decise di vendere il museo, tentando anche di regalarlo al comune di Reykjavík.[7] Dopo l'ennesimo insuccesso, tuttavia, decise di spostarsi a Húsavík, piccolo villaggio situato 480 km a nordest capitale. Il sito museale si trovava in un piccolo edificio, precedentemente adibito a ristorante;[8] i residenti locali inizialmente erano scettici, anche se cambiarono presto idea quando compresero che la collezione non aveva aspetti pornografici.
Sigurður nel 2012 consegnò l'intera collezione al figlio Hjörtur Gísli Sigurðsson (definito come «l'unico ereditario al mondo di una collezione di peni»). L'intero nucleo venne quindi traslocato nell'attuale collocazione: Laugavegur 116, Reykjavík; la struttura originaria oggi ospita il «Museo dell'Esplorazione».[9]
Collezione
[modifica | modifica wikitesto]Secondo il sito web del museo, la collezione comprende 280 peni di 93 specie animali. Si spazia dagli esemplari più grandi ai più piccoli peni del mondo animale. Il fallo più grande fra quelli esposti, lungo 170 cm e pesante 70 kg,[10] appartiene a una balena: è così possente da esser stato definito «un vero Moby Dick» dall'Iceland Review.[11] In realtà, questo campione non rappresenta nient'altro che la punta dell'intero organo, che se sezionato in toto avrebbe avuto una lunghezza di 5 m ed un peso di 350–450 kg. Al contrario, vi è il membro genitale di un criceto che è lungo solo 2 mm; si pensi che, per essere visto dall'occhio umano, questo deve essere visionato attraverso una lente d'ingrandimento.[10] Sigurður in merito ha descritto la sua collezione come il risultato di «37 anni di raccolta di peni; qualcuno doveva pur farlo».[12]
Il museo accoglie anche una "sezione folklore", che ripercorre la storia del pene nelle narrazioni mitologiche: vengono infatti mostrate ricostruzioni immaginarie dei falli di elfi, troll, Kelpie ed altri personaggi della fantasia popolare.[13] Sigurður, citando il fallo dell'elfo («insolitamente grande e vecchio») come il suo preferito, ricorda tuttavia che questo non può essere visto poiché secondo la tradizione islandese elfi e troll sono invisibili.[8] Nella collezione "folcloristica" sono compresi anche un tritone ed altre creature marine.
Il sito web del museo afferma che tutto ciò consente di «perseguire uno studio accurato ed approfondito nella branca della fallologia in modo scientifico ed organizzato», dando il giusto risalto ad un campo considerato sino ad allora «"di confine" rispetto ad altre discipline accademiche come storia, arte, psicologia, letteratura [...] e musica». Lo scopo prefissato dal museo è quello di collezionare peni di ogni mammifero stanziatosi in Islanda. Fra i vari oggetti esposti, inoltre, si possono trovare anche lampade fatte di scroto di toro ed un'incisione settecentesca raffigurante la circoncisione di Cristo.
Per la salvaguardia della collezione, varie sono le tecniche usate: si va dalla conservazione in formaldeide, al decapaggio, fino a giungere all'essiccamento, all'imbottitura ed alla salatura. Addirittura, per preservare un pene di toro, Sigurður decise di convertirlo in un bastone da passeggio; sorte quasi analoga è toccata a numerosi testicoli di montone, trasformati in lampade che tuttora illuminano le sale.[14]
Di seguito l'impressione di Josh Schonwald di Salon.com dopo la visita al museo:[3]
«Sono appesi alle pareti, conservati in vasi, esposti con amore curatoriale - peni essiccati, peni imbalsamati in formaldeide, peni enormi esposti come trofei di caccia. Vi era anche un pene conciato di un toro, ed un pene affumicato di un cavallo. Erano presenti gracili e striminziti peni di volpi, visoni e topi. C'erano anche peni di foche e trichechi con le ossa rigide, che garantivano un perpetuo stato di erezione. Per non parlare del Big Penis, appartenuto ad una balena blu e lungo tre metri (sarebbe potuto essere benissimo un remo per una canoa)»
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Il museo del pene si arricchisce di un nuovo esemplare: umano, Il Secolo XIX, 14 aprile 2011.
- ^ (EN) What is the story behind the Icelandic Phallological Museum?, IcelandReview Online, 31 maggio 2010. URL consultato il 3 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 29 marzo 2012).
- ^ a b (EN) Josh Schonwald, Show me yours, Salon.com, 27 marzo 2001. URL consultato il 3 giugno 2011.
- ^ (EN) At Iceland's Phallological Museum, size is everything, Agence France-Presse, 21 luglio 2011.
- ^ (EN) Sarah Lyall, The Penises of the Icelandic Handball Team, Slate, 8 agosto 2012. URL consultato il 18 dicembre 2012.
- ^ (EN) Members only at Iceland phallological museum, Reuters, 18 maggio 1999. URL consultato il 2 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 20 dicembre 2012).
- ^ (IS) Andrés Jónsson, Björgum hinu íslenzka reðasafni, politik.is, 5 settembre 2003. URL consultato il 3 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 18 gennaio 2012).
- ^ a b (DE) Frauke Lüpke-Narberhaus, Penis-Museum in Island: Wer hat den Größten?, Der Spiegel, 9 settembre 2008. URL consultato il 3 giugno 2011.
- ^ (IS) Könnunarsögusafnið á Húsavík, The Exploration Museum, 1º novembre 2013.
- ^ a b (EN) Bob Strong, Icelandic museum offers long and short of male organ, Reuters, 15 maggio 2008. URL consultato il 3 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2012).
- ^ (EN) Sigurjón Baldur Hafsteinsson, Globalized Members: The Icelandic Phallological Museum and Neoliberalism, su academia.edu, 2009. URL consultato il 15 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 14 dicembre 2012).
- ^ (EN) Iva R. Skoch, Welcome to the world's largest penis collection, Salon.com, 29 luglio 2011. URL consultato il 2 agosto 2011.
- ^ (EN) Phallus.is – Catalogue, su phallus.is. URL consultato il 12 dicembre 2014 (archiviato dall'url originale il 30 gennaio 2018).
- ^ (EN) Jennifer Knoll, Penis museum stands out in frozen Iceland, Sud Africa, Independent Online, 20 marzo 2002. URL consultato il 3 giugno 2011.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Museo fallologico islandese
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (IS, DA, DE, EN, FR, IT, ES) Sito ufficiale, su phallus.is.
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