Luna rossa (film 1998)

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Luna Rossa
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia, Germania
Anno1999
Durata57 min
Generemusicale
RegiaGeorg Brintrup
SceneggiaturaGeorg Brintrup
Fábio De Araùjo
ProduttoreChristoph Drese
Produttore esecutivoCarmen Femiano
Luigi Boscaino
Casa di produzioneBrintrup Filmproduktion
Arte/ZDF
RAI
FotografiaLuigi Verga
MontaggioJorge Alvis
MusicheAntonello Paliotti
Mauro Squillante
Agostino Alviero
Leonardo Massa
Emidio Ausiello
Generoso Veglione
Interpreti e personaggi
  • Lello Giulivo: Tony (cantante)
  • Michele Monetta: Ciro (mimo)
  • Riccardo Zinna: pazzo
  • Ernesto Lama: cantante
  • Salvatore Gatto: burratinaio
  • Antonella Stefanucci: lavandaia
  • Riccardo de Luca: prete
  • Carmen Femiano: cantante
  • Imma Villa: casaliga

Luna rossa è un film-essay musicale del 1998 diretto da Georg Brintrup.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Con l'ausilio della musica, il film compie un viaggio nella psiche della popolazione napoletana, dall'epoca arcaica ad oggi. I due napoletani Tony e Ciro percorrono in macchina le strade della loro città, mentre ascoltano alla radio la famosa canzone “Luna Rossa”. Improvvisamente la musica viene interrotta dalla notizia di un ennesimo delitto di camorra. I due si lamentano che la loro città si è ammalata, quasi come la canzone napoletana, che ormai dorme come il Vesuvio.
I due giungono a destinazione, un teatro dove sono in corso le riprese per un film sulla musica napoletana. Tony, un cantante, e Ciro un mimo (Pulcinella), fanno parte del set. Collaborano al film, che studia le radici della canzone napoletana. A fine film, mentre riattraversano la città in macchina, riflettono che la canzone napoletana è invece viva, anche se qualche volta dorme, come tutti del resto, Vesuvio incluso.
Questa cornice drammaturgica serve a dare spazio alle voci della gente comune. Grazie al commento dei “passanti”, lo sguardo su Napoli si scompone e si ricompone come l’immagine di un caleidoscopio. Ciascuno vede la sua città con la distanza di uno straniero: il pescivendolo, l’artigiano, la casalinga, il prete, il maestro, il fruttivendolo, la lavandaia, anziani e giovani si esprimono su temi che sono alla base della musica napoletana.
Il film, perciò, presenta la canzone napoletana nel complesso e dinamico contesto della sua quotidianità. In questo modo, questo genere musicale non viene categorizzato o classificato, ma viene presentato come un fenomeno vivo, necessario al temperamento dei napoletani.

Retroscena[modifica | modifica wikitesto]

Il napoletano non ha interesse per la verità poiché ogni verità in fondo è brutta; egli neanche dà importanza all'utilità. Napoli si basa sulle sensazioni. A Napoli regna il sentimento. [1] Il film-essay inizia con questa didascalia, che è una libera citazione del filosofo estone-tedesco Hermann Graf Keyserling. Il lungometraggio non ha una trama vera e propria, ma è un collage di sguardi sulla città di Napoli, accompagnati da musica. E sono i napoletani stessi, passanti, interpretati da attori e figuranti, che commentano i vari aspetti della loro città.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Questo ritratto di Napoli assomiglia a un quadro dell’Arcimboldo, il quale componeva le sue figure partendo da un solo elemento: legumi o pesci. Qui nel film ci si serve semplicemente del suono per dipingere questa città, con una confusione di tonalità che viene attinta dalla lingua parlata, dal continuo brusio di voci da un mondo che è sottomesso ai spasmi minacianti del Vesuvio. Non ci sono commenti in questa evocazione, che gioca con le maschere di Arlecchino, ma parole riconcilianti o declamatorie venate di un saporito gusto filosofico-popolare.»

«Più che un vero e proprio documentario, Luna rossa è una fiction “in incognito”, il racconto di due personaggi, due figure simbolo che, passeggiando per le vie di Napoli, in luoghi storici e suggestivi, ricostruiranno l’evoluzione della canzone popolare napoletana e dei suoi più significativi interpreti. Con lo sguardo distaccato di uno straniero, Luna rossa racconta una città nostalgica in cui l’amore per la canzone resta inalterato negli anni, superando mode e cambiamenti.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Hermann Graf Keyserling: Südamerikanische Meditationen. Deutsche Verlagsanstalt, Berlin/Stuttgart 1932 ([1]).

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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