Utente:Barba Nane/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Lingua e identità nazionale nell'Istria ottocentesca

In Istria, agli inizi del XIX secolo, coesistevano diverse parlate, con differenze (peraltro non nette [1]) fra città e campagna, fra luogo e luogo e fra classi sociali. La lingua italiana era patrimonio delle elités (aristocratiche e borghesi), le parlate italiane (venete ed istriote) dei popolani della costa e delle città, mentre le parlate slave (ciaciave e slovene), ancor prive di una lingua standard, erano diffuse nelle campagne. Il dialetto veneto, compreso universalmente, aveva il ruolo di lingua franca regionale.[2]

Tale situazione, con registri linguistici variabili a seconda della località e/o della classe sociale, non era per nulla insolita nell'Europa dell'epoca.[3] Ad una specifica parlata non corrispondevano specifici sentimenti nazionali: all'epoca il senso di appartenenza ad una comunità era riservato ad un ambito cittadino e locale. Esiteva sì il senso di sudditanza (ma non di "cittadinanza") ad uno stato , ma questo veniva, in una scala di valori, dopo al senso di appartenenza alla comunità locale e finanaco ad una determinata classe sociale.[4] [5] Gli inevitabili processi di scambio fra le diverse realtà, con conseguente adozione di una nuovo idioma, non potevano quindi essere considerati processi di "assimilazione nazionale". E' solo nell'Europa post napoleonica che si fa strada il concetto di nazione, che si impone nella "primavera dei popoli" del 1848. E' solo a partire da tale anno che che il termine "italiano" cominciò ad implicare l'appartenenza a una "nazione" italiana[6] e che si ebbero,in Istria, le prime dichiarazioni, da parte di intellettuali, di appartenza alla nazione italiana. Sempre nel 1848 [7] si ebbero le prime affermazioni di slavismo, che, inizialmente, non distinguevano fra sloveni e croati [8] Tali manifestazioni, all'inizio molto timide diedero risultati significative solo a partire dal 1870ca.

La storigrafia moderna, che nasce in questo periodo, cominciò ad applicare arbitrariamente il nuovo concetto di nazione anche ai periodi storici preesistenti. Nello specifico istriano, pertanto, si cominciò a descrivere le locali popolazioni in termini di "italiano", sloveno" o "croato", con le inevitabili strumentalizzazioni nazionalistiche[9]. E' solo a partire dagli anni 1950 che gli storici hanno compreso l'inapplicabilità dei concetti di nazione alle società del passato: un processo, questo, che è ancora lungi dall'essere compreso nel comune sentire[10].

News

Citazioni Pupo (da "L'Impegno"

  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010 «la violenza ... sembra talvolta sfuggire anche al controllo di chi è deputato a guidarne l'uso istituzionalizzato, e si frammenta negli abusi personali, si alimenta di brutali semplificazioni - come l'equivalenza italiano/fascista - concede spazio all'inserimento della criminalità comune, e talvolta sembra colpire con tragica e quasi incredibile casualità.».
  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010.«per quanto riguarda il 1943, ed il computo delle vittime conduce a cifre che vanno dalle cinquecento alle seicento unità»
  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010.«Pertanto, quando noi oggi in sede storiografica parliamo di foibe, dobbiamo tenere presenti contemporaneamente entrambe le dimensioni - quella dei fatti e quella della memoria - il cui intreccio in questo caso assume una caratteristica abbastanza significativa: e ciò in quanto il secondo elemento - quello appunto della memoria e della sua rielaborazione - ha seguito per lungo tempo itinerari propri, largamente dipendenti da istanze di natura polemico-politica, fino a consolidarsi come uno dei nuclei fondanti e tuttora operanti della consapevolezza storica della comunità giuliana, sostanzialmente negli stessi termini in cui si è strutturato a cavaliere degli anni cinquanta. »
  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010.«...gli episodi di violenza di massa ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia ... vengono sinteticamente ricordati con il nome di foibe»
  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010.«...che dietro l'apparente caoticità delle situazioni e degli interventi sembra possibile discernere con una certa chiarezza le spinte fondamentali dell'onda di violenza politica che spazza la regione, fino a ricostruire le linee essenziali di una proposta interpretativa generale, che certo andrà vagliata ed integrata alla luce dei nuovi apporti documentari, ma i cui connotati di fondo appaiono già delineati in maniera sufficientemente nitida.»
  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010.«a cavallo degli anni novanta la ripresa di interesse per il tema delle foibe, che è avvenuta prima in campo politico che in quello storiografico, è stata gestita quasi insperatamente in modo da lasciare spazi reali al riavvio della ricerca storica. »
  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010.«Certamente però - ed è questo il dato significativo - al di là delle difficoltà tecniche, profondamente diversi sono stati nel tempo i criteri usati nelle rilevazioni, e che hanno condotto a proporre, di volta in volta, stime al ribasso, fondate cioè sul conteggio dei soli esumati oppure, all'opposto, totali assai elevati, dell'ordine delle dieci-dodicimila vittime, che rappresenta la cifra più diffusa nell'opinione corrente, anche in sede politica, ma cui si arriva soltanto conteggiando fra gli infoibati anche i morti e dispersi in combattimento. In alcune sedi vengono tuttora ripetute cifre ancora più alte - venti-trentamila infoibati - ma il loro valore è puramente propagandistico. Le stime più attendibili si attestano invece sull'ordine delle quattro-cinquemila vittime, mentre una recente ricerca condotta dall'Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione abbassa ulteriormente tale soglia, ma non copre l'intera area interessata dal fenomeno. »
  • Raoul Pupo Le foibe giuliane 1943-45; "L'impegno"; a.XVI; n. 1; aprile 1996, su storia900bivc.it, Consultato il 27 febbraio 2010. «Tuttavia, interpretare complessivamente il fenomeno delle foibe come prodotto di un eccesso di reazione, è una scelta che presenta alcuni limiti di non poco conto e che in trasparenza rivela anch'essa come nella costruzione del giudizio storico abbiano pesato istanze ed urgenze interne agli sviluppi del dibattito politico a Trieste, a cominciare dalla preoccupazione, comune a tutta la cultura democratica giuliana, per la sistematica strumentalizzazione della memoria delle foibe compiuta dalla destra triestina, ed in particolare per i tentativi di equiparazione fra Resistenza e fascismo condotti senza soste dagli ambienti del nazionalismo giuliano. »

Pupo

Raoul Pupo, Roberto Spazzali - Foibe, ed Bruno Mondadori, 2003, ISBN 9788842490159

  • pag. 1 «E' questo un uso del termine consolidatosi ormai,..., anche in quello [NdR: linguaggio] storiografico,... purchè si tenga conto del suo significato simbolico e non letterarale.»
  • pag. 3 «in realtà solo una parte degli omicidi venne perpetrata sull'orlo di una foiba ...la maggior parte delle vittime perì nelle carceri, durante le marcie di trasferimento o nei campi di prigionia ... nella memoria collettiva "infoibati" sono stati considerati tutti gli uccisi...»
  • pag. 2 «...talvolta assieme a condannati ancora in vita»
  • pag .218 «Il forzato abbandono da parte degli italiani dell'Istria,di Fiume e di Zara costituisce infatti un aspetto particolare ed emblematico di un fenomeno più generale, che travolse nel vecchio continente milioni di individui, legato all'affermarsi degli stati nazionali in territori nazionalmente misti, che distrusse in larga misure le realtà plurilinguistihce e multiculturali esistenti in buona parte dell'Europa centrale.»

Lo scontro nazionale nell'Adriatico orientale (1848-1947)

Il nazionalismo di stampo ottocentesco, investì le terre dell'adriatico orientale a partire dal 1848 in avanti. La catena di crescenti scontri nazionali ebbe come tragico epilogo l'eccidio delle foibe prima, e l'esodo istriano poi

Il contesto storico

Gli eccidi delle foibe ed il successivo esodo costituiscono l'epilogo di una secolare lotta per il predominio sull'Adriatico orientale, che fu conteso da popolazioni slave (prevalentemente croate e slovene, ma anche serbe) e italiane. Tale lotta si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio e che fu legato all'affermarsi degli stati nazionali in territori etnicamente misti. Nel XX secolo, furono decine di milioni le persone coinvolte nei conseguenti processi di assimilazione ed emigrazione forzata, che provocarono milioni di vittime[9][10]. Fra gli episodi più noti si ricordano il genocidio armeno, il drammatico scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia e l'esodo dei tedeschi dall'Europa orientale. Molte delle realtà plurilinguistiche e multiculturali esistenti in Europa ed Asia ne uscirono distrutte.

Le radici di questo fenomeno affondano nella fine dell'ancien régime, un sistema dove gli Stati erano il risultato delle lotte di potere delle classi dominanti[11]. Con la rivoluzione francese e la conseguente delegittimazione del potere monarchico, gli stati trovarono la loro nuova legittimità nel concetto di popolo, inteso come una comunità cementata da alcune caratteristiche distintive (come lingua, cultura, religione, origine, storia). Man mano che le singole popolazioni si identificavano in specifiche nazioni (che inizialmente - in molti casi - erano indefinite e controverse), si vennero a creare diverse occasioni di conflitto. Ad esempio quando una nazione rivendicava territori abitati da propri connazionali e posti al di fuori dei confini del proprio stato. Oppure quando specifiche minoranze etniche cercavano la secessione da uno Stato, sia per formare una nazione indipendente, sia per unirsi a quella che consideravano la madre patria. Una terza fonte di conflitto fu provocata dal tentativo, da parte di molti Stati, di assimilare od espellere le proprie minoranze, considerandole realtà estranee o un pericolo per la propria integrità territoriale. Le fasi furono:

  • 1848: nascita dei sentimenti di appartenenza nazionale.
  • 1848-1915: lotte nazionaliste
  • Prima guerra mondiale
  • Dopoguerra e annessione all'Italia.
  • Italianizzazione fascista.
  • Invasione della Jugoslavia.

Mesic

L’opinione fino a questo punto espressa con modalità perlopiù attente soprattutto agli aspetti formali, diventa di tipo etnico-ideologico in una fase successiva dell’intervista nella quale Mesić afferma che in Croazia non c’è nessun tabù a parlare di questo argomento, ricorda che durante l’ultimo conflitto l’invasione fascista si era caratterizzata per una fase iniziale di distruzioni e massacri ai danni del popolo croato e conclude affermando che quindi gli episodi delle foibe sarebbero stati una semplice vendetta, o meglio una rappresaglia, per quanto subito dai croati. Il Presidente esorta quindi l’Italia a giudicare in primo luogo i propri crimini di guerra e afferma che la Croazia ha già intrapreso questo processo con i propri, e lo sta portando tuttora avanti. Un altro spunto polemico arriva a fine intervista: riguardo al problema della cacciata dei croati di etnia italiana dalle loro terre avvenuta nel dopoguerra, Mesić ricorda che molti di essi hanno scelto spontaneamente di rifugiarsi in Italia e non sono stati allontanati con la violenza. Infine, il Presidente croato sottolinea inoltre che l’Italia non ha pagato i danni di guerra da essa generati.

Domenica di sangue (Marburgo)

http://it.wikipedia.org/wiki/Domenica_di_sangue

Con domenica di sangue di Marburgo (in tedesco: Marburger Blutsonntag) ci si riferisce alla sanguinosa repressione avvenuta nella città di Marburgo (Maribor) in Stiria, il 27 gennaio 1919, quando soldati dell'esercito dello Stato degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi aprirono il fuoco contro manifestanti di etnia tedesca, che chiedevano l'annessione della città all'Austria. Il bilancio fu di 13 morti e circa 60 feriti.

Inquadramento storico

Lo stesso argomento in dettaglio: Plebiscito della Carinzia.
Medieval Maribor
Lent - the oldest part of Maribor

Nelle ultime settimane della prima guerra mondiale, quando divenne evidente che l'Impero Austro-Ungarico era prossimo alla resa, le spinte centrifughe dei vari gruppi nazionali si fecero sempre più forti e da più parti vennero avanzate pretese di autodeterminazione, sul modello di quanto affermato dal presidente americano Wilson nel famoso discorso dei Quattordici Punti. Il 29 ottobre fu proclamato lo Stato degli Sloveni, Croati e Serbi (da non confodersi col Regno dei Serbi, Croati e Sloveni). Il giorno stesso l'Assemblea Nazionale Slovena proclamò la riunione delle "terre slovene" con quest'ultimo. La resa militare dell'Austria-Ungheria, alle potenze dell'Intesa, seguì il 3 novembre successivo.

Marburgo (sloveno: Maribor), era all'epoca la seconda città della Stiria: per essendo abitata all'80% da tedeschi, era inserita all'interno di un'area a prevalenza slovena. Fu quindi rivendicata sia dallo Stato SHS che dal costituendo stato dell'Austria tedesca (ufficialmente proclamata l'11 novembre).

Fu in questo contesto che, l'1 novembre, la città fu occupata da unità della milizia slovena, comandate l'ex-maggiore imperiale Rudolf Majster (di etnia slovena) Le truppe di Maister occuparono anche i centri circostanti e oltrepassarono in parte il confine linguistico tedesco-sloveno a nord (Radkersburg, Spiefell, Mureck, Abstall, ecc.).

Maister disarmò la polizia e le unità della milizia popolare ("Heimwehr") tedesca facendone deportare gli ufficiali e le truppe nella Repubblica dell'Austria tedesca. Rimosse, quindi, dall'incarico il borgomastro, sciolse il consiglio comunale e licenziò tutti i funzionari di etnia tedesca, dando inizio ad una campagna di slovenizzazione della città. La resistenza fu impedita per mezzo dell'arresto arbitrario di ostaggi.

Le ostilità in Carinzia e la missione Miles

Contemporaneamente, anche nella vicina Carinzia, si scontrarono le contrapposte rivendicazioni nazionali. Il 17 ottobre 1918 l'Assemblea Nazionale Slovena riunita a Lubiana aveva rivendicato l'intera Regione (pretesa poi ridotta a 1/3 della regione). Il governo provvisorio tedesco della Carinzia proclamò da parte sua l'adesione alla Repubblica dell'Austria tedesca. Il 5 novembre truppe dello Stato degli Sloveni, Croati e Serbi, varcarono il confine con la Carinzia sudorientale occupando il la valle del Ros (Rosental), la valle del Gail e le città di Ferlach e Völkermarkt, a nord della Drava. Il 5 dicembre successivo, il reggente Arthur Lemisch, disobbedendo alla volontà del governo centrale di Vienna, proclamò la resistenza armata contro Le truppe serbo-croato-slovene. La controffensiva carinziana portò alla riconquista di Arnoldstein il 5 gennaio 1919, ad un'avanzata nella valle del Ros e alla riconquista di Ferlach, finché il 15 gennaio, le parti si incontrarono a Graz per trattare un armistizio.

Il negoziato sulle clausole armistiziali giunse però ad uno stallo. Fu allora che il tenente colonnello Sherman Miles (membro di una missione americana a Vienna e presente come osservatore), per scongiurare il fallimento delle trattative e ulteriori spargimenti di sangue, si offrì volontario per studiare in loco il territorio conteso e determinare una linea di demarcazione provvisoria, in attesa della conferenza di pace. Il 22 gennaio la proposta fu accettata da entrambe le parti: di conseguenza la c.d. "Missione Miles" - costituita da quattro statunitensi (due militari, uno slavista e un geografo) e un rappresentante di ciascuna parte - poté così essere inviata nella regione, dove svolse le proprie indagini tra il 28 gennaio e il 5 febbraio[11].

La domenica di sangue

Nel frattempo a Marburgo, nonostante le misure repressive, erano arrivate associazioni volontarie tedesche, provenienti da Radkersburg, che portarono avanti forme di resistenza. Da parte sua, la neocostituita Repubblica dell'Austria tedesca rivendicò formalmente Marburgo e la zona circostante. L'arrivo della delegazione comandata dal colonnello Miles, fu annunciata per il 27 Gennaio 1919. In tale data dimostranti tedeschi si riunirono di fronte al municipio, sventolando bandiere austriache e tedesche, per manifestare la propria volontà di rimanere in Austria.

Nel corso della manifestazione i soldati sloveni spararono contro i dimostranti.

Le versioni dei fatti sono contrastanti. Si sostenne da parte tedesca che Majster aprì il fuoco senza preavviso contro una folla pacifica e disarmata. Testimoni oculari di parte slovena affermarono, invece, che dimostranti tedeschi avevano cercato di prendere d'assalto il municipio e che i primi colpi furono sparati da un dimostrante tedesco.[1] Nella conseguente ressa un ufficiale delle truppe SHS aprì il fuoco senza ordini.[1]

Le vittime furono 13, a cui vanno aggiunti 60 feriti. A causa dell'eccidio i tedeschi di Marburgo non furono in grado presentare le loro istanze alla commissione americana. Subito dopo il massacro fu inoltre soppresso da Maister il locale quotidiano tedesco Marburger Zeitung.

Annessione al Regno di Jugoslavia

LISSA: ^ Reinhard Reimann, Für echte Deutsche gibt es bei uns genügend Rechte. Die Slowenen und ihre deutsche Minderheit 1918-1941, in Harald Heppner (cur.), Slowenen und Deutsche im gemeinsamen Raum, Südostdeutschen Historischen Kommission, 2002, p. 140.

A differenza della Carinzia, dove fu organizzata una resistenza militare contro l'occupazione SHS, il governo provinciale della Stiria rinunciò a qualsiasi resistenza militare organizzata, confidando che la giustizia dei vincitori elaborasse frontiere rispettose della situazione etnica (secondo i 14 punti di Wilson).

Nell'autunno del 1919 il Trattato di Saint-Germain, sancì l'anessione di Marburgo e del territorio circostante al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (in seguito noto come Jugoslavia). Si rimarca da parte tedesca che l'annessione avvenne senza un referendum.

Già nel primo censimento post-bellico del 1921 la percentuale dei germanofoni di Maribor scese al 25%. La politica del neonato stato iugoslavo fu fortemente discriminatoria contro i tedeschi, tendendo alla loro rapida slovenizzazione[12]. Pur in un contesto così sfavorevole, vennero mantenuti alcuni diritti quali l'insegnamento nella propria lingua materna (fortemente contrastato), e alcune famiglie germanofone di Maribor rimasero fra le più prominenti della città.

La maggior parte dei tedeschi rimasti in città dopo la annessione alla Slovenia furono espulsi nel 1945, anche in conseguenza al sanguinoso regime di occupazione nazista della Stiria.

Fonti austriache dell'epoca

  • Articolo in: Die Neue Zeitung, 29 Jänner 1919, S. 1 (Online bei ANNO ) Gennaio 1919, p. 1 (on-line su anno)
  • Articolo di: Pester Lloyd, 29 Jänner 1919, S. 4 (Online bei ANNO ) Gennaio 1919, p. 4 (on-line su anno)
  • Articolo di: Wiener Allgemeine Zeitung, 28 Jänner 1919, S. 4 (Online bei ANNO ) Gennaio 1919, p. 4 (on-line su anno)
  • Articolo di: Reichpost, 29 Jänner 1919, S. 4 (Online bei ANNO ) Gennaio 1919, p. 4 (on-line su anno)

Fonti slovene

1. ? Joachim Hösler, Slowenien , Regensburg 2006, S. 148 ? Joachim Hosler, Slovenia, Regensburg 2006, p. 148 dell =G


---=

23 maggio 1915 l’incendio della sede della Lega Nazionale di via Mazzini (contemporaneamente alle sedi della Societa’ Ginnastica Triestina e del Piccolo); 1928 l’incendio della scuola scuola materna e del doposcuola della Lega Nazionale ad Opicina”.

Note

  1. ^ AA.VV., "Istria nel tempo. Manuale di storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume," Unione Italiana di Fiume - Università Popolare di Trieste, Rovigno 2006, p.370
  2. ^ "Istria nel tempo", p.296 - 368
  3. ^ "Istria nel tempo..."; p.348;367
  4. ^ "Istria nel tempo... p.368«La sovranità era altra cosa rispetto alla cittadinanza, che era quella di Rovigno (o Pola, o Venezia, O Torino, ecc.). Prima si era cittadini di una comunità, poi si era suddito. Al contrario di oggi, quando si è prima di tutto cittadino e quindi, secondariamente, residenti di una certa città, di un certo luogo.»
  5. ^ "Istria nel tempo...", p.450
  6. ^ "Istria nel tempo..."p.458
  7. ^ "Istria nel tempo..."; p. 459
  8. ^ "Istria nel tempo...", p. 510
  9. ^ "Istria nel tempo...", p.347, p.297
  10. ^ "Istria nel tempo...", p.368
  11. ^ (DE) Kärntner Landesgeschichte
  12. ^ [1] Sito plurilingue sui tedeschi della zona di Gottschee (oggi Kočevje)