Ibimus, ibitis, ibunt

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La locuzione latina Ibimus, ibitis, ibunt,[1][2] tradotta letteralmente, significa Andremo, andrete, andranno.

Deriva da un'esclamazione di Seneca,[3] trasformata in proverbio medievale: Omnia transibunt, nos ibimus, ibitis, ibunt,[4] cari et non cari, condicione pari,[5] che significa: Tutte le cose passeranno; anche noi andremo, voi andrete, tutti andranno, cari e non cari, a ugual sorte.[6]

Posterità e collocazione[modifica | modifica wikitesto]

IBIMUS, IBITIS, IBUNT (epigrafe in marmo collocata sul rivellino di Castel Goffredo, XV secolo).

Una lapide in marmo con questa locuzione era collocata nel XVI secolo sul rivellino di Castel Goffredo, antico baluardo delle mura del paese. Voluta dal marchese Aloisio Gonzaga, costituiva una sorta di avviso per quelli che volessero entrare in città per saccheggiarla o conquistarla, come i nemici, i ladri, i violenti, che siamo tutti di passaggio.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (DE) Mortuis Et Morituris Vitam Et Salutem, su deutsche-digitale-bibliothek.de. URL consultato il 23 gennaio 2023.
  2. ^ Della grammatica di Emanuele Alvaro della Compagnia di Gesù, su books.google.it. URL consultato il 23 gennaio 2023.
  3. ^ Antiquitatis latinae analecta, su books.google.it. URL consultato il 23 gennaio 2023.
  4. ^ IL FASTO DELLA CORTE CRISTIANA, su google.it. URL consultato il 23 gennaio 2023.
  5. ^ Fonti per la storia d'Italia pubblicate dall'Istituto storico italiano, su google.it. URL consultato il 23 gennaio 2023.
  6. ^ Delle prediche sopra tutti gli evangeli, su pievedirevigozzo.org. URL consultato il 23 gennaio 2023.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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