Giuseppe Oliverio

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Giuseppe Oliverio (Sant'Eufemia d'Aspromonte, XVIII sec. – Altamura, 6-9 maggio 1799) è stato un ingegnere italiano.[1] È noto soprattutto per essere stato uno dei quattro ingegneri dell'esercito della Santa Fede (1799); in tale veste, nel maggio del 1799 fu inviato con suo figlio, Giuseppe Vinci e altri ad Altamura per effettuare dei rilievi della città e ivi fu catturato e fucilato.[2] Nelle Memorie (1836) di Domenico Sacchinelli, è impropriamente chiamato "Giuseppe Olivieri".[3]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Era originario di Sant'Eufemia d'Aspromonte e operò principalmente nella sua città natale.[4][5] Come già notato da Vallensise (2012), si possiedono scarse notizie biografiche sull'ingegner Oliverio; collaborò alla redazione della nuova pianta di Sant'Eufemia d'Aspromonte, che era stata distrutta in seguito ai terremoti del 1783; insieme allo stesso ingegner Vinci si occupò anche della ricostruzione della città di Palmi, partendo dal progetto originario di Giovan Battista de Cosiron.[6][7][8]

Si segnala anche un possibile antagonismo tra gli ingegneri Vinci e Oliverio, sebbene per interposta persone dell'ingegner Ermenegildo Sintes; infatti, allorché all'ingegner Sintes fu assegnata la prosecuzione dell'opera della Cassa Sacra di Monteleone, fu affiancato da Oliverio.[9]

Nel 1799 prese parte in qualità di ingegnere all'esercito della Santa Fede, venendo inviato insieme a suo figlio e all'ingegner Giuseppe Vinci ad Altamura per effettuare un rilievo della città, stabilendosi in località "la Marinella" (località che ancora oggi porta questo nome). Ivi furono avvistati, fatti prigionieri e rinchiusi nella chiesa di San Giacomo.[10] In corrispondenza della fuga dalla città di Felice Mastrangelo e di Nicola Palomba (nell'ambito della cosiddetta Rivoluzione altamurana), il generale Mastrangelo ordinò la fucilazione di tutti i prigionieri e, tra questi, gli ingegneri Vinci e Oliverio e il figlio di quest'ultimo.[11][12] Alcuni di questi, e probabilmente anche gli stessi ingegneri, furono sepolti vivi benché moribondi.[13]

Cariche[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ http://calabriainarmi.altervista.org/studiericerche/ruffo/ruffo.html
  2. ^ Berloco, pp. 110-111.
  3. ^ Sacchinelli.
  4. ^ DezziBardeschi, pp. 66 e 69.
  5. ^ Berloco, p. 111.
  6. ^ Vallensise, p. 75.
  7. ^ Ruggiero, p. 196.
  8. ^ Berloco, pp. 111-114.
  9. ^ Berloco, p. 114.
  10. ^ Berloco, p. 104.
  11. ^ Serena, pp. 23-24.
  12. ^ Berloco, pp. 109-110.
  13. ^ Bisceglia, p. 379.
  14. ^ DeLorenzo, p. 334.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]