Giovanni Petralife

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambiguazione – Se stai cercando il nobile bizantino morto intorno al 1274, vedi Giovanni Raulo Petralife.

Giovanni Petralife (in greco Ἰωάννης Πετραλίφας?; ... – ...; fl. XII-XIII secolo) e governatore della Tessaglia e della Macedonia alla fine del XII/inizio del XIII secolo con il titolo di sebastocratore.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni era un membro della famiglia Petralife, di origine siculo-normanna[1]. Secondo l'agiografia della figlia Teodora di Arta, Giovanni era sposato con una donna di nome Elena, appartenente a una non meglio precisata casata nobiliare di Costantinopoli, e dopo essere stato elevato all'altissimo grado di sebastocratore, fu inviato dall'imperatore bizantino Isacco II Angelo (r. 1185-1195 e 1203-1204) a governare la Tessaglia e la Macedonia[1][2]. Nonostante questo, nel 1195, fu tra i principali nobili che cospirarono e rovesciarono Isacco II, insediando al suo posto Alessio III Angelo (1195-1203)[3].

Dopo il 1204, quando Costantinopoli cadde a causa della Quarta Crociata, sostenne il despota dell'Epiro Teodoro Comneno Ducas, con cui era sposata la sorella Maria. Morì probabilmente tra il 1224 e il 1230[4]. Alcuni autori (Donald Nicol e Demetrios Polemis) lo hanno equiparato a un altro Giovanni Petralifa, che era un megas chartoularios alle dipendenze dell'Impero di Nicea intorno al 1237, ma questa identificazione è molto probabilmente sbagliata[1][3].

Matrimonio e discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Dal suo matrimonio, Giovanni ebbe diversi figli. L'agiografia riporta diversi figli, ma solo un figlio e due figlie sono conosciuti per nome[3][5]:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d ODB, p. 1643.
  2. ^ Talbot, 1996, p. 327.
  3. ^ a b c d Macrides, 2007, p. 176.
  4. ^ Talbot, 1996, p. 329.
  5. ^ Talbot, 1996, pp. 329ff.
  6. ^ Macrides, 2007, pp. 73, 97, 250, 358.
  7. ^ Talbot, 1996, pp. 327, 329ff.
  8. ^ a b PLP, 27269. <Σφράντζαινα> Μαρία.
  9. ^ Macrides, 2007, pp. 172, 174–176.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]