Discussione:Zazen

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Buddhismo
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Sposto parte del testo[modifica wikitesto]

Sposto qui parte del testo della voce, che contiene alcune imprecisioni e che male si integra con la riscrittura che ne è stata fatta da mym. Vediamo magari se si riesce a prendere spunti da qui per reinserire nella parte iniziale della voce una descrizione che risponda in modo semplice e divulgativo alla domanda che cos'è lo zazen?. --(Y) - parliamone 20:14, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

«Lo Zazen (坐禅) è una tecnica di meditazione e concentrazione praticata da molte scuole del buddhismo, tuttavia con questo termine sinogiapponese ci si riferisce in special modo alla pratica secondo la tradizione del buddhismo cinese rappresentata ancora oggi in Giappone dal buddhismo Zen. La meditazione si pratica nella posizione seduta detta del loto (kekka) o del mezzo loto (hanka), oppure nella posizione detta seiza (la tipica posizione sulle ginocchia dei giapponesi, con i talloni sotto i glutei).

I glutei appoggiati su un apposito cuscino detto zafu, spingono verso l'alto (letteralmente come se l'ano guardasse il sole), mentre le ginocchia, appoggiate sul pavimento, spingono in basso a cercare una grande stabilità.

Le mani appoggiano sul grembo, i pollici sono di solito uniti senza formare montagne o valli, la colonna vertebrale si tende in modo perfettamente eretto, la testa è come se fosse tirata in alto da un filo che passa per il centro del cranio ed il mento è leggermente abbassato sul petto. È importante la respirazione che deriva direttamente da una posizione corretta; l'espirazione è più lunga dell'inspirazione, "potente e calma come il muggito di una mucca" come dice il maestro Taisen Deshimaru nel suo libro Zen ed arti marziali. Durante una seduta di zazen occorre non soffermarsi su di un pensiero, ma lasciar scorrere la propria mente e concentrarsi sulla respirazione e sulla giusta posizione. I maestri della tradizione Zen dicono che lo Zazen deve essere caratterizzato dal mushotoku (無所得) cioè assenza di scopo e spirito di profitto.

Questa pratica, oltre ad essere prescritta come esercizio introspettivo o di realizzazione nella scuola Zen, è tradizionalmente raccomandata come metodo che apporta energia e stabilizza l'integrazione tra la mente e il corpo.

Con la costanza nella pratica inoltre, la posizione diventa sempre più consona e stabile, producendo benefici psicofisici nel praticante.»


Ciao. Ho iniziato ad aggiungere nella sezione "il come del corpo" un mio breve contributo che corrisponde in sintesi alle basi della pratica dello zazen che hai sopra stralciato. Occorre ancora meglio precisare l'aspetto del mushotoku (無所得), "hishiryo", "Shoshin" e quegli altri aspetti della pratica che erano cari a Deshimaru Taisen di cui la parte sopra riporta alcune basi, ma che forse si adattano di più alla sezione "il come interiore". Sto già preparando qualcosa in proposito e mi riprometto di presentarla appena possibile. Ciao.--Claudio Pipitone (msg) 12:50, 7 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Collegamenti esterni[modifica wikitesto]

Sposto qui uno dei "collegamenti esterni" della voce, ovvero: *La Meditazione come Via perché non mi pare adatto a fungere quale sito esplicativo. In primo luogo lo zazen non è "un tipo di meditazione", non ha un oggetto su cui meditare per esempio. Inoltre nel sito linkato non si parla specificamente dello zazen a parte qui dove però la descrizione di quello che dovremmo fare durante zazen è dedicata soprattutto all'attenzione sulle ed alla conta delle inspirazioni ed espirazioni: attività del tutto estranea allo zazen così come è stato tramandato. Poi ho ri-indirizzato ad una pagina interna più specifica (meno pubblicitaria) e spostato verso il basso il "collegamento esterno" che si chiamava *Pratica di meditazione Zen e che si chiama ora: *Come praticare zazen - Consigli sulla postura come il titolo della pagina ora linkata. --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 18:16, 22 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Ok, ben fatto Helios 19:22, 22 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Ho appreso di questa voce, zazen, collegandola dalla voce Dogen che sto redigendo. Leggendola trovo alcune imprecisioni anche se mi complimento con il redattore per le molte accuratezze (di gran lunga migliori delle mie..). Elenco i miei primi due rilievi (data l'ora, poi vado a dormire): 1. Buddhismo e non buddismo. Quest'ultimo è un errore di trascrizione, la occlusiva dentale sono aspirata (dha) va applicata in ogni caso. 2. Il codice monastico composto nel 1102 da Changlu Zongze (giapp. Choro Sosaku), di lignaggio Yunmen e monaco del Monte Zhanglu, è lo 'Chanyuan Qinggui' (Regole per i monasteri chan, giapp. 'Zen'en Shingi'), il 'Zuochanyi' ne rappresenta solo uno dei capitoli. Cordialità, --79.0.15.72 (msg) 02:19, 7 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Grazie per la precisazione sullo Zuochanyi, ho aggiunto un'integrazione. Per quanto riguarda buddhismo e buddismo la cosa non è di grande importanza. Scelsi o scegliemmo (non fui l'unico, e tra quelli metto un'ampia parte della pubblicistica giornalistica) parecchi anni or sono di considerare "buddismo" una parola italiana a tutti gli effetti, sulla falsariga dei francesi che conservano sì l'acca ma hanno aggiunto una e alla fine e il dittongo ou (bouddhisme). Penso che vada bene sia con l'acca che senza, a seconda che la si consideri (ancora) di derivazione sanscrita (che direttamente non è perché in italiano deriva dall'inglese) oppure no. Tra l'altro sullo Zingarelli compare senza l'acca (come pure "budda" d'altronde, anche se quest'ultima mi pare una forzatura). Perciò non penso di modificarla. Ciao --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 13:12, 7 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Non voglio insistere ma non è un problema solo di traslitterazione ma soprattutto di trascrizione. I francesi hanno privilegiato quest'ultima cosa e penso sia corretto per questo insisto nel sostenere che [dha] (o [dhi]), come occlusiva dentale aspirata e pronunciata nell'italiano corrente, vada applicata anche per Buddhismo. Ma se non ti convince lasciamo così, in fin dei conti l'importante, davvero importante è l'h in Buddha. Invece volevo chiederti se potevi darmi una mano. Sto redigendo le voci 'Canone cinese', 'Buddhismo cinese' (e loro sottovoci), 'Buddhismo Chan' e 'Dogen', 'Buddhismo dei Nikaya' (e loro sottovoci), 'Mahayana' ed altre. Volevo che intervenissi a darmi una mano, anche con correzioni e integrazioni s'intende. Sarebbe davvero molto gradito. Mi sento solo :( La mia mail è comunque nuvoleacqua@libero.it Grazie. --79.32.222.34 (msg) 19:28, 8 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Be' il fatto che tu non insista mi fa sperar bene: insolito di questi tempi e da queste parti :-). Certo che si può collaborare, però tu hai messo tanta acqua al fuoco (?) che ci vorrebbero, per me, 10 anni per rivedere e soprattutto portare fonti testuali appropriate. Come sai la Cina è uno sterminio di testi che vengono continuamente trovati tradotti ecc. modificando l'esistente. Il sutra della piattaforma dell'ubaldini, per esempio è superato da almeno due generazioni di testi sia come attribuzione che come interpretazione/traduzione. Io ho poco tempo da dedicare a wiki in questo periodo, se ti va bene posso fare qualche rilettura di testi che mi segnali e darti qualche consiglio, poi, se da cosa nasce cosa... Tra l'altro, forse con un tale programma non sarebbe male se tu ti registrassi, il fatto di essere "anonimi" ovvero senza registrazione, fa apparire tutto più sfuggente, poco chiaro. Ovviamente sono affari tuoi, scusa se mi sono permesso.
Un saluto, --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 17:07, 9 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Vedo di capire come registrarmi, non ti devi scusare hai ragione... E' che come puoi facilmente verificare anch'io non ho moltissimo tempo e quindi 'scarico' molte cose qui che come puoi intuire vengono da un percorso più curato.. La traduzione del Sutra del podio è pessima dal punto di vista di traduzione e dottrina esposta ma sufficiente per descrivere la polemica tra scuola Nord e scuola Sud anche se recenti studi olandesi hanno decisamente rimesso tutto in discussione. Insomma si può avviare qualcosa e lavorarci sopra. Nessuno è esente da errori, nemmeno l'ottimo Tollini che nel suo ultimo volume confonde insegnamenti Huayan con quelli dell'Avatamsakasutra... detto ciò insisto nel chiederti di rivedere quelle voci e di correggerle laddove ritieni sia opportuno in base alle tue conoscenze (se ti servono fonti non hai che da chiedere). ciao e grazie se lo farai --79.9.211.87 (msg) 17:30, 9 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Forse mi sbaglio, ma la struttura della voce pare un po' vaga e ingannevole, soprattutto all'utente ignorante (come il sottoscritto). Anche la distinzione tra religione e spiritualità (come dalle ultime modifiche) forse meriterebbe una sezione a parte, se non una intera voce... Credo che fondalmente a chi legge interessa capire di che si tratta, e da che tradizioni viene questo tipo di pratica. Provo a fare qualche modifica, se non va bene cliccate pure su 'annulla', o altrimenti discutiamone qui.--(Y) - parliamone 18:01, 10 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Struttura2[modifica wikitesto]

Sì, sono d'accordo, la struttura è da rivedere. Ottime le ultime modifiche: il senso di religione/religiosità e quello di spiritualità erano completamente confusi dalle modifiche precedenti.
Ciao--Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 10:10, 12 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Ho letto solo la prima parte, le origini e mi complimento. Solo alcune note: madhyamaka si riferisce alla dottrina, madhyamika alla scuola; utilizzerei 'cittamatra' anziché yogacara/vijnavada perché era il nome con cui i seguaci di questi insegnamenti si denominavano e per questa ragione viene sempre più utilizzato dagli storici; utilizzerei dhyana e non il corrispettivo pali: la quasi totalità degli insegnamenti giunti in Cina sono in sanscrito, rari testi sono in Pali che recenti studi attribuiscono (il Pali canonico, probabilmente derivato dal paisachi) come una scelta precisa del monastero Mahavihara di Sri Lanka che poi prevalse per le scelte politiche dei regnanti cingalesi del XII sec. I primi testi di cui disponiamo, originariamente cinesi, sulle tecniche del dhyana sono quelli di Huisi e credo, non li ho ancora letti se non tramite quelli di Zhiyi, che confermino la tua impostazione buddo-daoista. Le due dottrine avevano originariamente dei punti in comune (mi ricorda il 'periodo assiale' suggerito da Jaspers) e su quello che non avevano in comune si sono influenzati a vicenda. Con il prox post qui ti giro tutte le fonti a sostegno. ciao e complimenti [stalker] --79.26.230.134 (msg) 11:01, 11 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Madhyamika et alia[modifica wikitesto]

Grazie per le precisazioni, le ho recepite. Avevo dato la precedenza al pali jhana perché, sebbene fosse certamente il sanscrito la lingua di trasmissione in Cina, è stata la pronuncia pali a giocare un ruolo più forte nella traslitterazione in Cinese.
Ciao--Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 11:31, 12 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Molto interessante. Cosa ti fa pensare che sia stato il pali per la sua trascrizione in cinese anziché un altro dialetto pracritico. In effetti acune opere nel Canone cinese, come il Vimuttimagga, dedicate alla meditazione sono state tradotte dal pali e recentemente rinvenute in Sri Lanka in questa lingua. Interessante. ciao e grazie (scusa se ti rispondo ora ma solo ora ho beccato questa risposta) cia0--Xinstalker (msg) 00:02, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Vero, è una conclusione arbitraria: la traslitterazione chánnà (禪那) più precisa di chán 禪, pare assecondare più il pali jhanna che dhyana. Ma non è escluso che "assecondasse" qualche altro dialetto pracrito (magadhi?), anche se la prima lingua letteraria (dopo gli editti di Asoka) è il pali...Ciao --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 11:14, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Sposto parte del testo 1[modifica wikitesto]

Sposto qui parte del testo della voce perché in contraddizione con la frase precedente e successiva (per "essere presenti a sé stessi" occorre una meta, uno sforzo, una volontà) e perché l'espressione "essere presenti a sé stessi" collide con pratityasamutpada che presuppone sunya: in zazen non c'è nulla a cui essere presenti né nessuno che è presente. Questo "essere presenti a sé stessi" non ha alcun riscontro con la tradizione né testuale né orale, se non in alcune frange moderne--Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 11:59, 12 apr 2008 (CEST)[rispondi]

«perchè la cosa più importante dalla quale ogni altra deriva e si ottiene, è quella di essere semplicemente presenti a se stessi e quindi prendere semplicemente atto del nostro essere in ogni momento durante lo zazen»

Sposto parte del testo 2[modifica wikitesto]

Sposto qui un'altra parte del testo: proveniente da "ambiente" del canone pali, probabilmente rifacimento al modo de' Mahāsatipatthānasuttanta, Il grande discorso sui fondamenti della presenza mentale, inadatto a rappresentare lo zazen che, come tarda pratica mahayanica, ha sì derivazioni dalle pratiche antiche ma su presupposti differenti sia dal punto di vista tecnico (non vi si pratica neppure la presenza mentale o la vigile consapevolezza ...) che motivazionale: la pratica è già il risultato.

«Dopodiché non solo la postura ma anche l'atto della respirazione è parimenti importante nello zazen: la presenza mentale dimora sia nella postura osservandone i suoi effetti con distacco, sia nel respiro che va e che viene, osservandone i suoi effetti con distacco, semplicemente constatando attraverso una vigile consapevolezza, senza interferire.»

--Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 16:04, 12 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Spostamento di una parte del testo 3[modifica wikitesto]

Sposto qui ancora un'altra parte del testo: non solo non è possibile né percepire il corpo nella sua interezza né, contemporaneamente, essere presenti in ogni punto ma, neppure, ha alcun senso: a che cosa servirebbe? Tant'è che questa indicazione non è presente in alcun testo tradizionale e neppure nella tradizione orale dello zazen.

«E' basilare affinare la capacità di sentire, semplicemente percepire, l'interezza del corpo in ogni suo particolare, constatando in ogni istante di essere presenti in ogni punto del nostro corpo, come se si respirasse attraverso l'interezza di tutto il corpo.»

--Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 16:04, 12 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Rilevo che avete eliminato dalla pagina dello zazen ogni riferimento alla pratica dello zazen secondo l'insegnamento del Maestro Taisen Deshimaru.
Faccio presente che il Maestro Taisen Deshimaru nel 1967 ha portato lo zazen in Europa ed è stato il primo patriarca del Buddhismo Soto Zen d'Europa.
Cancellare in questo modo quei paragrafi che riconducono alla pratica dello zazen secondo l'insegnamento del Maestro Taisen Deshimaru è disdicevole in quanto priva la voce enciclopedica di una parte essenziale che non è certo da meno della cospicua parte storica attualmente già dedicata al termine "zazen".
Perlomeno Yuma all'inizio di questa pagina di discussione, dopo aver eliminato dalla voce l'intero riferimento che presentava lo zazen secondo l'insegnamento del Maestro Taisen Deshimaru, si è almeno posto la questione di come fare per reinserire nella parte iniziale della voce una descrizione che risponda in modo semplice e divulgativo alla domanda "che cos'è lo zazen?", mentre Yunyu senza porsi minimamente alcun problema sulla correttezza di quello che stava facendo, ha cancellato quasi totalmente i contributi da me già apportati, selezionando le parti in modo completamente arbitrario, secondo i suoi gusti personali, senza neppure chiedersi minimamente quale fose il significato del mio contributo o chiedermi di spiegarglielo.
Infine nella sezione reintitolata "Difficoltà della postura" si afferma che "non vi sono pubblicazioni specialistiche sull'argomento, a parte un libretto in italiano edito da L'Equi-Librista, non distribuito nelle librerie, dal titolo La forma dello zazen che è "invito universale" è accessibile a tutti?" ma le cose non stanno affatto così, poichè la posizione dello zazen non è altro che una posizione (asana) dello Yoga, cosiddetta "asana del loto" (padmasana), sulla quale si sa di tutto e di più da moltissimi decenni anche in occidente ed esiste una sterminata letteratura al riguardo, ivi inclusa una letteratura che tratta in modo specifico i problemi che tale postura potrebbe causare a chi ne affrontasse l'esecuzione senza una meticolosa preparazione, la quale è peraltro ben conosciuta da coloro che praticano lo Yoga o lo Zazen sotto la guida di un Maestro.
La voce è ora molto più squilibrata di prima, totalmente mancante della risposta alla questiione "che cos'è lo zazen?" che si poneva già Yuma, totalmente mancante della presentazione dello zazen secondo l'insegnamento del Maestro Taisen Deshimaru, colui che portò da Giappone il Buddhismo Soto Zen in Europa, con la sua relativa storia e letteratura, mancante delle necessarie informazioni circa la storia, l'evoluzione e la pratica dello Zazen in Europa. Non è possibile ignorare questi aspetti e non mi pare il caso di avviare con le vostre cancellazioni una "edit war" da parte vostra mirante ad impedire l'inserimento di questi legittimi e doverosi contributi nella voce.--Claudio Pipitone (msg) 20:45, 12 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Sono assolutamente d'accordo con Yuma e Yunyu. Lo zazen non è peraltro una pratica in Giappone che riguardi le sole scuole Zen. Certamente in Occidente sono stati i monaci Zen che hanno diffuso questa pratica e il suo nome. Purtuttavia l'opera di Deshimaru in Occidente non è in questo senso né l'unica né la principale. Se dovessimo riportare tutti gli insegnamenti dei vari maestri delle varie scuole Zen in Occidente in questa voce essa diverrebbe illegibile. Per richiamare l'attività di insegnamento di Deshimaru è sufficiente a mio avviso un semplice link alla sua persona e lì inserire il suo insegnamento relativo allo zazen. Parlare di 'edit war' su questo è privo di senso. Cordialità --Xinstalker (msg) 12:09, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]
[Mi sono permesso di modificare (in ossequio alla GFDL) i titoli dei topic: non è il caso di personalizzare le discussioni, parliamo insieme del problema e vediamo di arrivare a un punto.] Personalmente ho amato molto i testi di Deshimaru, insieme a Rech sono state le mie prime letture sull'argomento. Se è pertinente con la voce citare un personaggio, ben venga. Ma bisogna farlo nel modo migliore, non a casaccio. Nel corpo centrale della voce vedo che sono state analizzate le fonti storiche, come i testi di Dogen (vissuto nel 1200). Se vogliamo parlare anche di maestri contemporanei, non si può certo privilegiarne uno... se il punto è invece documentare la diffusione di questa pratica in occidente (dello zazen, non il buddhismo zen in generale) , invito ad aprire una sezione apposita, che potrà parlare di Deshimaru, di Uchiyama Kōshō, di Soji Enku, di Shunryu Suzuki, Roland Yuno Rech, ... e chi più ne ha più ne metta... però ricordiamoci che esiste anche una voce Buddhismo Zen da arricchire ed ampliare, con il vostro aiuto. Per fare solo un esempio non è ancora ben chiaro ai lettori (e neanche del tutto al sottoscritto) la differenza tra Soto e Rinzai. In questa sede mi piacerebbe approfondire meglio le origini di questa disciplina: in particolare, in questa voce, dovremmo tentare di raccogliere i documenti storici e le teorie consolidate che riguardano questo particolare modo di sedersi nel loto che da secoli va sotto il nome di zazen, se possibile cercando di esprimere (compito difficile, mi rendo conto) le differenze con altre pratiche come il vipassana, la mahamudra, lo dzog-chen.... Insomma, ogni voce è un contenitore abbastanza elastico, basta saper trovare il posto per ogni cosa, io ad esempio è un po' che mi trastullo all'idea di citare Kerouack, (Una tazza di caffè e una sigaretta, perché fare zazen?) ... purtroppo la sezione 'curiosità' è deprecata... :) --(Y) - parliamone 16:02, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Capisco che tu abbia numerose curiosità che esorbitano dallo zazen e che ti piacerebbe soddisfare, ma consentimi di dire che qui ci dobbiamo occupare della voce enciclopedica dello zazen e non d'altro. E' fuori di dubbio che lo zazen della tradizione del Buddhismo Soto Zen sia stato portato e diffuso in Europa dal Maestro Taisen Deshimaru, che non è un maestro zen qualsiasi, come potrebbe esserlo un qualsiasi monaco zen suo allievo oggi operante in Europa, ma è stato ufficialmente il primo Patriarca d'Europa del Buddhismo Soto Zen giapponese. Questo è un fatto storico specifico che una voce enciclopedica non deve ignorare a pena di omettere colpevolmente un fatto storico rilevante concernente la storia dell'evoluzione dello zazen Soto Zen nel suo percorso dal Giappone all'Europa. Inoltre il Maestro Taisen Deshimaru ha prodotto una numerosa serie di testi sullo zazen e sulla sua corretta pratica, ha tradotto in francese passi inediti dello Shōbōgenzō che grazie a lui oggi si possono leggere anche in una lingua occidentale ed ha lui stesso scritto o concesso interviste per la stesura di numerosi articoli divulgativi sul corretto approccio dello zazen da parte degli occidentali. Scusate se è poco e fra l'altro non è corretto annoverare il Maestro Taisen Deshimaru fra i maestri contemporanei, poichè ti informo che il Maestro Taisen Deshimaru è deceduto il 30 aprile 1982 e pertanto ormai appartiene alla storia passata e non alla storia contemporanea... Parlare, come qualcuno vorrebbe, dello zazen zenza riferirsi in modo anche autorevole agli insegnamenti ed ai testi del Maestro Taisen Deshimaru, primo Patriarca d'Europa del Buddhismo Soto Zen giapponese, trattandolo come un monaco zen qualsiasi, trascurando di dare la giusta collocazione allo zazen che lui ha insegnato agli occidentali, senza tener conto che oggi il suo zazen si è diffuso ovunque in Europa ove è praticato da migliaia e migliaia di persone in oltre un centinaio di dojo sparsi in diverse nazioni, quando precedentemente alla sua venuta lo zazen in Europa era praticato da un numero irrilevante di persone che per lo più lo avevano dovuto apprendere privatamente in Giappone e successivamente proseguirlo in modo solitario in Europa, non mi pare un buon servizio che voi stiate rendendo a questa enciclopedia e penso sia quindi doveroso intervenire.--Claudio Pipitone (msg) 22:07, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Faccio modestamente notare che l'attributo di "Patriarca" riferito alle scuole Chan/Zen non è stato più attribuito dai tempi di Huineng (VII sec. e.v.) per una serie di ragioni che non sto qui ad elencare ma che immagino siate in molti a conoscere. Nessun maestro chan/zen, compreso lo stesso Dogen, si è mai autodefinito tale o è stato definito così dai suoi discepoli. Tutt'oggi nessun monaco Soto definisce Dogen un patriarca e nessuna scuola Soto definisce Deshimaru come patriarca. Tantomeno 84° patriarca come in altre voci di questa unica e 'disgraziatissima' wiki (quella italiana e per giunta con un 'pare' vedi voce Soto Zen) viene indicato Deshimaru; questo per il semplice fatto che sia nelle scuola Chan cinesi che nelle scuole Zen giapponesi, che in quelle Soen coreane, i patriarchi sono solo sei: non uno di più non uno di meno. Eviterei quindi, perché esula da una enciclopedia seria, di usare denominazioni che nessun monaco, nessuno studioso, nessuna scuola buddhista di nessun tempo attribuisce a Deshimaru, quello di essere un 'Patriarca', tantomeno l'84°. O almeno citare una fonte, una sola! Grazie --Xinstalker (msg) 22:47, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Mi devo correggere. In una veloce occhiata ai siti internet ho notato che alcuni siti di centri zen italiani e francesi attribuiscono a Deshimaru quello che il signor Pipitone gli attribuisce, ovvero di essere il Patriarca d'Europa. Alcuni addirittura di tutto l'Occidente insistendo che lui ha portato il 'vero' zen in Occidente. Fate una prova con google. Fatto davvero curioso perché nessuna scuola giapponese che io conosca (nemmeno la Soto-shu) attribuisce questa qualifica a Deshimaru né a qualcun altro dopo Huineng. Insomma noto con curiosità antropologica il fenomeno tutto franco-italiano. --Xinstalker (msg) 00:15, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Religione e spiritualità[modifica wikitesto]

Ciao Yuma. Ho visto che hai eliminato le mie precisazioni circa la questione spiritualità/religiosità, nonostante queste mie precisazioni si integrassero nel nel pieno rispetto del contesto in modo assolutamente non invadente e consentissero di migliorare la distinzione fra religiosità e spiritualità, distinzione necessaria al fine di non fuorviare il significato della pratica dello zazen, che è senz'altro una pratica spirituale ma non è una pratica a carattere religioso, nel significato con cui viene usato correntemente il termine "religioso" dalla maggioranza delle persone che non sono degli "addetti ai lavori" (mi pare che proprio tu sia sostenitore del fatto che nelle voci si debba usare il più possibile un linguaggio semplice che incontri la comprensione anche di coloro che non sono dei tecnici dell'argomento oggetto della voce stessa...).
Questa distinzione spiritualità/religiosità è invece particolarmente utile, in quanto nella pagina si fa giustamente distinzione fra zazen "buddhista" e zazen "non buddhista" e quindi è necessario evidenziare come per la pratica buddhista si addica maggiormente l'aggettivo "spirituale" mentre per la pratica "non buddhista" si possa tranquillamente usare anche l'aggettivo "religioso" in relazione alla religione, alla fede ed al credo professato dal praticante "non buddhista". Vedi ad esempio la pratica dello zazen svolta dai gesuiti cattolici con il pieno consenso delle autorità religiose cattoliche, stigmatizzata nella sua "valenza religiosa" dalle parole di padre Lassalle che afferma che il cattolico che coltiva la propria religiosità abbinando la pratica lo zazen alle proprie pratiche religiose "dopo qualche tempo vede letteralmente accendersi all'improvviso le verità cristiane e le parole delle scritture". Ora è del tutto evidente da quest'affermazione del padre gesuita Lassalle, il carattere di chiara valenza "religiosa" cristiana (quindi "non buddhista")della pratica dello zazen da parte fedele cattolico.
E' quindi opportuno e necessario distinguere lo "zazen buddhista" da tale valenza religiosa cristiana o di altra religione che abbini la pratica dello zazen alle proprie pratiche religiose. Lo zazen buddhista infatti, pur avendo una valenza di carattere squisitamente spirituale, deve mantenere una valenza separata e distinta da quella della pratica dello zazen cristiano o di altra religione teista o deista. Il modo migliore per farlo è di non usare i termini religioso, religiosità e religione, per la pratica dello "zazen buddhista", ma usare per quest'ultima pratica i termini spirituale, spiritualità e disciplina spirituale, che descrivono in modo appropriato e compiuto il carattere di "realizzazione spirituale" che è oggetto del percorso della pratica buddhista. Vorrei pertanto ripristinare questa distinzione, oppure sapere il motivo per cui tu ti opponi. Ciao. --Claudio Pipitone (msg) 21:35, 12 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Non sono d'accordo con quanto sostiene. Indubbiamente se per 'religione' intendiamo l'aspetto trascendente esso non riguarda il buddhismo ma se lo consideriamo in una prospettiva più ampia, come ormai tutti gli studiosi e non solo lo considerano per una serie di ragioni che qui evito di esemplificare, anche la pratica buddhista è una attività religiosa. D'altronde l'Unione buddhista italia n(ma anche quella europea) si definisce 'Ente religioso' e tutte le scuole buddhista in Italia e nel mondo partecipano a Conferenze interreligiose nazionali ed internazionali. Compresa la scuola Zen di Deshimaru che ha avviato seminari 'teologici'. Per saperne di più su questo: http://www.fudenji.it/it/seminario/seminario.html . Mi sfugge ancora una sola scuola buddhista o buddhista zen che nel mondo rifiuti per sé la definizione di attività religiosa. Avrei piacere di conoscerne una, una sola. Alla luce di quanto qui esposto ritengo la sua 'diffenziazione' non necessaria. Cordialità --Xinstalker (msg) 12:19, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]
(c.s., ho modificato il topic) Non so esprimermi a fondo su questa questione, che mi sembra molto delicata. Il mio approccio è volutamente intellettuale, e forse non basta alla completa comprensione del fenomeno, ma siamo su una enciclopedia, che usa parole e concetti. Da osservatore esterno mi pare (....correggetemi se sbaglio.....) che il buddhismo sia una religione a tutti gli effetti, e che quindi nel contesto buddista si debba parlare anche e soprattutto degli aspetti religiosi di zazen. Indipendentemente dall'uso che poi si è fatto, nel tempo, di questa pratica. Il Raja Yoga - per fare un esempio lampante - ha profondi caratteri religiosi, ma sedersi nel gomukhasana può non averne, pur portando benefici nel corpo e nello spirito. Il confine tra il concetto di spiritualità e quello di religione è controverso... Però, permettetemi, dire in assoluto che zazen è una pratica spirituale e non religiosa mi sembra una asserzione errata. Discutiamone, la cosa si fa interessante. :) --(Y) - parliamone 16:02, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Infatti, senza scomodare Eliade o Couliano, così Gerhard Bellinger che introduce la Encicloperdia delle Religioni della Garzanti: "Nel momento in cui l'uomo trae motivazione e indicazioni al proprio agire da una concezione del mondo, quando un sistema di valori e finalità riesce a dettarne le norme per la conoscenza, per l'azione e per il giudizio e, al tempo stesso, assumendo un carattere di non sostituibilità,allora si può cominciare a parlare di atteggiamento religioso". E più avanti: "Con le parole di H.R. Schlette, si potrebbe definire la religione come un 'modello esistenziale nato dalla relazione con un principio primigenio'; questo principio è stato pensato a volte come trascendente talaltra come immanente; nelle civiltà occidentali ha prevalso il principio trascendente, inteso come qualcosa di 'totalmente altro' e generalmente personificato in una o più divinità; in quelle orientali, oltre alle 'religioni teistiche' ve ne sono altre con caratteristiche 'ateistiche' come il Buddhismo Hinayana e il Taoismo, specialmente nella sua forma più antica". Con questo vorrei anche aggiungere che capisco le preoccupazioni del signor Pipitone che poi sono anche, in qualche modo, quelle del prof. Piantelli. Purtuttavia perché non diffondere un concetto più allargato di religiosità, come stanno facendo tutte le scuole buddhiste, piuttosto che accettare l'opzione trascendentale del termine negandone l'uso per il Buddhismo? Cordialità --Xinstalker (msg) 16:29, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]


Ciao Yuma. Se hai letto cosa ho scritto sopra, nell'incipit di questo topic, non capisco come fai ad affermare:
  • "dire in assoluto che zazen è una pratica spirituale e non religiosa mi sembra una asserzione errata."
E' veramente incredibile come tu possa sostenere che io abbia proposto di dire che "zazen è in assoluto una pratica non religiosa" come tu vorresti attribuirmi, dopo che addirittura ho sottolineato e condiviso quanto sia giusto parlare non solo dello zazen buddhista ma "anche" della valenza religiosa dello zazen praticato dai credenti appartenenti a fedi e confessioni religiose...
Penso di essere stato già abbastanza esaustivo ad una lettura attenta da parte vostra e che siano già ben significative le chiare affermazioni del gesuita Lassalle sullo zazen religioso praticato con finalità cristiana (e comunque non solo cristiana: lo stesso vale infatti per ogni altra religione a cui venga abbinata la pratica dello zazen con delle specifiche finalità religiose estranee al Buddhismo).
Devo ancora rammentarvi che gli atei che praticano a tutti gli efetti lo zazen non sono certo meno numerosi dei credenti e nonostante lo zazen praticato dagli atei abbia un elevato contenuto spirituale nella realizzazione dei valori buddhisti, in quanto atei essi non si riconoscono però nell'aggettivo "religioso" da voi unilateralmente attribuito allo zazen in questa voce enciclopedica.
La voce sta quindi attualmente riportando un punto di vista esclusivo e se non accogliete la richiesta di fare la debita distinzione fra uno zazen di tipo religioso che persegue la realizzazione dei principi religiosi (di qualunque religione si tratti) ed uno zazen che, pur orientato ad una elevata realizzazione spirituale, persegue la realizzazione spirituale dell'individuo a prescindere dalla finalità religiosa, l'attuale voce zazen è chiaramente sbilanziata verso un unico punto di vista in esclusione di una altro legittimo punto di vista esistente sullo zazen e che deve anch'esso trovare il proprio spazio ed essere parimenti recepito nella voce enciclopedica.--Claudio Pipitone (msg) 21:06, 13 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Mi correggo e chiedo scusa, effettivamente era poco chiaro. Avrei dovuto scrivere:
«dire che in assoluto lo zazen praticato in ambito buddhista è una pratica spirituale e non religiosa mi sembra una asserzione errata.» Possiamo concordare su questo? :) --(Y) - parliamone 01:38, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Io concordo assolutamente e con me concorda perlomeno anche l'unico monastero italiano che si rifà autenticamente al lignaggio di Deshimaru (cito lui perché qui è stato citato) come si può agevolmente verificare visitando questo sito:http://www.fudenji.it/it/seminario/seminario.html . L'unico zazen non religioso è quello praticato dal punto di vista psicofisiologico i cui effetti sono studiati da circa mezzo secolo, a partire dallo studioso giapponese Tomio Hirai. Non sarebbe male inserire l'ambito, non religioso, affrontato nelle discipline psicofisiologiche. Se lo ritenete interessante ai fini della voce posso inserirlo io. saluti --Xinstalker (msg) 14:24, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]

«Dov’è una carogna in putrefazione gli uccelli da preda volteggiano e calano al suolo. […] Questo librarsi, questo volteggiare, questo calare, questa celebrazione di vittoria, non sono ciò che si intende per studio dello zen – anche se possono costituire un esercizio utilissimo. Non c’è alcun cadavere da trovare. Sul luogo in cui si crede che vi sia, gli uccelli vengono per un po’ a volteggiare. Ma presto volano altrove» Cfr. Lo zen e gli uccelli rapaci, di Thomas Merton, Garzanti, Milano 1970, pagina 1.
Cheffò, volteggio un altro po', o volo altrove? :-).
Un ramoscello d'ulivo --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 11:33, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Se vuoi un mio discutibile parere, approcci la materia in modo errato. Laozi sosteneva che nella vita il top era 'una casa piena di libri e un giardino pieno di fiori'. Appena esci da questa casa incontri quello che incontri. Se parli inevitabilmente contraddici. Il Buddhismo si è sviluppato tra dispute e polemiche. Se pensi di poter sostenere la 'tua' solo in un giardino pieno di fiori ti conviene abbracciare il pratyekabuddhayana e fai bene a sparire da qui. Se invece sai di poter dire la 'tua' devi avere il coraggio di dirla e quindi di essere comunque giudicato e sopportare comunque qualsivoglia giudizio o, peggio, un marcamento asfissiante ad uomo. Se 'voli altrove' questo 'nido' verrà occupato da altri e chi leggerà, leggerà solo quello che diranno questi altri e a questo magari si conformeranno. Dico tutto ciò sempre che io abbia compreso qualcosa di quello che volevi sostenere :). Detto questo non ho ancora letto la nuova frase per Dogen. Che aspetti? ciao e buon lavoro. Non mollare. --Xinstalker (msg) 12:19, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Vero, secondo una certa filosofia (pfui!) chi parla contraddice. Ma questo pare essere un tuo piacere: questa volta i segnali c'erano, bastava guardarli. Come spesso accade la fretta è cattiva consigliera: non sono molti quelli che colgono i particolari al volo (tant'è che poi gli vien il dubbio...). Siccome i segnali non sono bastati, esplicito. L'essere intervenuto invece di starmene nella mia casa piena di libri e di fiori (è davvero così!) è per fornire un contributo alla discussione. La materia ... non mi attira, troppo grossière? Preferisco la forma, meglio: le forme. Il coraggio l'esercito quando taccio. La frase di Merton: non ci azzuffiamo su nulla, anche se è molto importante. L'essermi posto tra i volteggianti: non chiamarsi fuori da chi sbaglia. Il sorriso dopo il volo altrove: non volo altrove, è uno scherzo per seguire le parole di Merton. Il ramoscello: ma questo dovresti averlo capito, veh! La nuova frase? Non l'ho scritta su una nuvola che passava di lì. Il "non mollare!" mi rende sospettoso: se siete in combutta non mi meraviglio neanche un po'. Ciao --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 12:46, 14 apr 2008 (CEST) PS: Laozi mi è sempre stato antipatico.[rispondi]
Hai ragione a dire 'pfui' sulla quella filosofia. Ma è la filosofia in marcia, che marcia un po' dappertutto. E se si vuole uscire dal giardino occorre farci i conti (parlo perlomeno per me). Comunque non è un mio piacere quella filosofia, tutt'altro. Quando scrivo sono un po' sbrigativo (per questo capisco che puoi avermi frainteso) ma rispetto profondamente il lavoro altrui soprattutto quando sento che si fonda su una profonda onestà intellettuale. Cosa molto molto rara. Il 'non mollare' è perché ritengo per questo prezioso il tuo lavoro. Quindi come già ti ho scritto, e se ritieni, modifica come credi le voci che ho già redatto. Anche radicalmente. Se sono in combutta con ...? Sei fuori strada... Totalmente. Peraltro non sono nemmeno uno zenista e lo zen non è neanche il mio ambito privilegiato di studio. Apprezzo il tuo stile che non ho, almeno non ancora. In effetti è un altro punto importante perché qualcuno mi ha detto che non è importante 'cosa' si faccia ma 'come' lo si fa. Perché Laozi ti è antipatico? Con stima ciao! --Xinstalker (msg) 13:25, 14 apr 2008 (CEST) Dimenticavo.. sai come si archiviano le pagine discussione utente e quando è giunto il momento di archiviarle, voglio intendere quanto debbono essere lunghe per decidere di archiviarle. grazie per la info --Xinstalker (msg) 13:28, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Wikipedia non è un forum di discussione!

Spiacente di interrompere l'idillio e dovervi tirare le orecchie... ^_____^ ... ma questa pagina serve a discutere esclusivamente le modifiche alla voce. Per le chiacchiere ci sono le talk utente (o il servizio e-mail), per discutere in generale di buddhismo c'è il Nirvana Café--(Y) - parliamone 13:53, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Ueeeeeh! :'( È stato lui a cominciare! Uffa.
Chiedo scusa. --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 16:34, 14 apr 2008 (CEST)[rispondi]


Gli studi neurofisiologici e psicofisiologici sullo Zazen[modifica wikitesto]

Mi è venuta l'idea di redigere un paragrafo su questo tema. Qualcuno mi dice se è un'idea sensata o balzana? Vorrei l'accordo di tutti prima di impegnarmi. Grazie a chi vorrà rispondermi. --Xinstalker (msg) 17:00, 18 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Se fai un buon lavoro, non litighi con nessuno :-), non scrivi cose appena intraviste su qualche sito americano, non ti metti a parlare di ciò che non sai... be' c'è anche il caso che non sia un'idea del tutto balzana :-))). Tieni conto che la voce zz è "pivotal", ovvero da trattare con estrema cura. Ci sono già studi molto seri a proposito degli effetti neuro-psico, anche se la casistica viaggia dalle improvvisazioni in stile new age allo studio delle onde cerebrali, alla misurazione del "tasso di felicità" (?) ecc.. Ciao --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 21:29, 18 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Se fai un buon lavoro, non litighi con nessuno :-), non scrivi cose appena intraviste su qualche sito americano, non ti metti a parlare di ciò che non sai... Yunyu che vuoi litigare? ;)). A parte tutto nei prox giorni sarò piuttosto impegnato e qui è un po' 'tutto' davvero molto faticoso. Spero che tu continui il lavoro iniziato, davvero auguri e spero che presto ci risentiremo su questi canali. ps. grazie per i suggerimenti. ciao! --Xinstalker (msg) 17:27, 19 apr 2008 (CEST)[rispondi]


La cosa è molto interessante. È stato mostrato un rallentamento dell' EEG in molti casi, paragonabile al dormiveglia... (chi sa che i soggetti non fossero semplicemente dei monaci assonnati! :D) ... ma che io sappia gli studi più approfonditi sono stati fatti su praticanti della meditazione trascendentale. Se gli studi in tuo possesso sono quelli che penso (Banquet, Dillbeck e compagni) credo che la voce migliore sia quella, oppure la voce meditazione (potresti ampliare Meditazione#Ricerche_Scientifiche)... Ci sono studi che non so relativi precisamente allo zazen? --(Y) - parliamone 08:48, 19 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Sì, ci sono studi specifici anche sullo zz, una volta vennero con elettrodi fili e quant'altro e misurarono. In quello studio si occuparono di zz e zogchen. Se si vuole fare un lavoro su queste cose penso anch'io sia meglio farlo in altra voce: meditazione per es. --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 10:32, 19 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Beh non potevano essere né assonnati né autopinotizzati (stato ipnagogico, blocco al livello del tronco encefalico) in quanto gli veniva registrata la reazione elettrogalvanica. Questo a differenza degli esperimenti sugli MT. Lo so perché il tema fu la seconda parte della mia tesi di laurea :) comunque non credo di avere tempo ora per scriverci qualcosa. Chissà forse Yunyu... ;) ciao --Xinstalker (msg) 19:02, 19 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Alcune osservazioni sulla voce[modifica wikitesto]

Ho finalmente letto con attenzione la voce Zazen e mi complimento con Yunyu per la sua accurata redazione. Una sola nota di rilievo, importante però, è una voce sotocentrica, intendo sostenere che riporta quasi esclusivamente riferimenti del Soto Zen. E' indubbio che la pratica dello Zazen sia centrale nell'insegnamento dello Zen e in particolare del Soto Zen, ma non è esclusiva di questa sottoscuola. Questa voce per quanto corretta è quindi incompleta ovvero potrebbe andare benissimo in un Dizionario del Buddhismo Soto Zen. Detto questo non offro alcun rimedio credo che debba essere proprio Yunyu con la grande preparazione di cui dispone a dover allargare l'orizzonte della voce e citare il ruolo di questa pratica anche all'interno del Rinzai e dell'Obaku nonché nelle altre scuole giapponesi che praticano la meditazione come la Shingon e il Tendai. Non subito certamente, diciamo nei prossimi mesi o anni. Confido in questo. Ovviamente solo le mie opinioni. Un saluto a tutti --Xinstalker (msg) 17:40, 30 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Compiti a casa[modifica wikitesto]

Grazie per i compiti che mi affidi, Xin, :-). Tuttavia in questo caso dissento: gli eventuali approfondimenti sul "ruolo di questa pratica anche all'interno del Rinzai e dell'Obaku nonché nelle altre scuole giapponesi che praticano la meditazione come la Shingon e il Tendai" penso vadano fatti nelle voci corrispondenti a quelle scuole. Per la voce zazen c'è ancora molto da fare, chiunque ne scriverà lo farà attraverso il canale di comunicazione che è sé medesimo. Sempre voci di parte avremo. Prossimamente mi occuperò del senso vitale dello zazen nella vita quotidiana. Poi della rappresentazione di zazen in atto con linguaggio occidentale. Poi ... --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 10:42, 1 mag 2008 (CEST)[rispondi]

E perché allora non fare la stessa cosa con il Soto Zen? Perché il Soto Zen deve avere il privilegio di 'possedere' quasi tutti i riferimenti di una voce generalista come lo 'zazen'? Perché le altre scuole devono invece ritagliarsi degli spazi specifici e solamente eventualmente linkati da questa voce? Io credo che tu abbia la preparazione sufficiente per dare spazio anche agli altri e riequilibrare la voce in questione. Certo che priviligerai sempre il Soto essendo tu proveniente da questa scuola, ma l'onestà intellettuale e la preparazione non ti impedirà di dare spazio alle altre letture dello zazen. Sai come la penso: l'onestà intellettuale è di gran lunga più importante della Verità. Spero che tu possa riconsiderare nel tempo questa tua posizione e aprirti a contributi diversi da quelli fin qui conosciuti. :) con stima e simpatia, ciao! --Xinstalker (msg) 12:06, 1 mag 2008 (CEST)[rispondi]
Mah... distinguere tra diversi modi di sedersi mi sembra un po' arduo... Da quel che so, le tradizioni al riguardo sono simili in tutte le scuole zen. Casomai è il soto ad essere particolarmente... zazencentrico (e qui si fermano le mie cognizioni sulle differenze soto/rinzai)! --(Y) - parliamone 06:17, 4 giu 2008 (CEST)[rispondi]
Lo zazen/zuochan sono termini che indicano una pratica meditativa che non appartiene solo allo Zen/Chan. Anzi. Lo Zen/Chan ne ha solo fatto l'asse pressoché esclusivo della propria pratica spirituale concentrandosi sul dhyana ed eliminando (o trasformando), praticamente, del tutto il samatha-vipasyana (ma solo in alcune scuole, l'Obaku e quasi tutte le scuole cinesi di oggi praticano anche, ad esempio il nianfo/nembutsu, così come il Rinzai in alcuni periodi). Le ragioni di ciò sono diverse. La prima descrizione completa dello zazen come noi lo conosciamo compare nel Mohe Zhiguan (e anche nel Tongmen Zhiguan) che ho riportato alla lettera nella voce zhiguan e che alcuni studiosi americani ritengono la fonte di tutte le descrizioni chan in merito. Effettivamente la somiglianza ad esempio con il Fukanzazenji e il suo precedente cinese è impressionante. Ciò detto, e andrebbe detto, (altrimenti forse andrebbe fatta una voce specifica sullo zuochan (cosa che farò in quanto finalmente sto per andare in queste ore all'Isiao dove mi hanno finalmente procurato da Padova 'Peter N. Gregory , ed., Traditions of Meditation in Chinese Buddhism, Honolulu: University of Hawaii Press' un classico che spero mi fornirà tutte le fonti necessarie), in Giappone lo zazen non è proprio solo della scuola Soto Zen e la letteratura in merito non è solo Dogen o maestri di quel lignaggio, ma anche di maestri Rinzai e Obaku. Questo andrebbe segnalato altrimenti andrebbe precisata come voce Zazen nel Soto Zen. Tutto qui. Il Soto non è più zazencentrico del Rinzai è solo differentemente zazencentrico. Eppoi quanto è dogenista-zazencentrico il successore Gikai e il suo lignaggio? Io personalmente trovo diverse contraddizioni tra i testi di Dogen e alcuni testi e comportamenti di maestri Soto contemporanei... Anche qui le mie congizioni si fermano, per ora, perché la materia me gusta e sto raccogliendo materiale soprattutto dopo la gaffe: zhǐguān-shikan (止観 ) zhĭguăn-shikan (只管). :))) Eppoi essendo un appassionato Tiantai non può che interessarmi :)). A proposito delle polemiche Chan/Zhiguan (Ch'an/Chih-kuan) se sei interessato a una sintesi dai un'occhiata qui: http://www.nanzan-u.ac.jp/~pswanson/mhck/Chih-i%20on%20Zen%20and%20Chih-kuan%208-2003.pdf a presto :) --Xinstalker (msg) 10:10, 4 giu 2008 (CEST)[rispondi]

Modifica ideogramma 坐/座[modifica wikitesto]

Accettata la modifica da 座 a 坐: sebbene il secondo sia la forma semplificata del primo, nei testi cinesi (quindi in un certo senso "originali") è usato il secondo. Grazie a 87.0.218.127 per averci pensato. --Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 12:05, 3 giu 2008 (CEST)[rispondi]

Origine del termine[modifica wikitesto]

Volevo fare i complimenti ai redattori di questa voce perchè non soltanto è informativa ma è anche scritta in modo interessante. C'è però una parte che da appassionato di buddhismo mi pare un po' artificiosa: quella sull'origine del nome e sul nesso col daoismo, in particolare Zhuangzi. Il termine antecedente zuowang certamente è un esempio utile per capire il senso di un costrutto come zuochan nella lingua cinese classica, ma non mi pare il caso di considerarlo geneticamente e di conseguenza vedere nel termine zuochan una sorta di tributo a una dottrina particolare. Sia chiaro che non voglio negare una relazione tra chan e daoismo, che anzi esiste fuori di dubbio, ma non bisogna dimenticare che il termine zuochan è attestato in un epoca e in un contesto ben antecedenti le origini presunte del movimento chan. Sinteticamente, io penso che il termine zuochan rifletta un processo di traduzione abbastanza standard (sebbene non ancora "tecnicistico" come in epoca Tang) e senza tinte particolarmente settarie. Siccome non leggo riferimenti alla fonte volevo sapere quale studioso ha proposto questa teoria (comunque plausibile).82.52.148.200 (msg) 00:53, 31 dic 2008 (CET)[rispondi]

Vedo ora, le rispondo ora. Nel tratteggiare le relazione tra zuowang e zuochan si descrive, a posteriori, una possibile lettura del processo. Una lettura che dall'unione in un solo termine di due ideogrammi provenienti rispettivamente da "mamma e papà" sintetizza la relazione tra i due. A sostegno poi che questa lettura oltre che un'ipotesi suggestiva potrebbe essere la spiegazione di una realtà di fatto, si può citare quasi tutta la descrizione dell'esperienza interiore dello zuochan interna alla cultura b. cinese. Le citazioni provenienti da descrizioni dello zuowang sono tante, quasi tutte. Da "il vasto cielo non ostacola le nuvole fluttuanti" a "liberarsi di corpo e spirito" a "corpo come legno secco e cuore come cenere" sino allo splendido "riposare nello stampo del Cielo" e a tutte le definizioni di "risveglio" mutuate da ideogrammi col doppio senso di "illuminazione/chiarezza/luce". Per dire con sicurezza estrema "è così" "non è così" ci vorrebbe un testimone oculare in grado di sintetizzare che cosa è accaduto nell'arco di svariati secoli in un territorio vastissimo--Yunyu雲雨 - Se vuoi, scrivimi 11:41, 22 mar 2009 (CET)[rispondi]

Descrizione[modifica wikitesto]

Ho ricevuto informale consenso da autore e editore a citare parte del testo di un libro sull'argomento, in particolare la mia richiesta riguardava la parte seguente:

«Si entra mettendo avanti il piede sinistro, mantenendosi sul lato sinistro dell’entrata e si esce col piede destro, sulla destra, ovvero si entra e si esce sfiorando lo stesso stipite, a piedi invertiti. Appena entrati nella sala ci si inchina a mani giunte. Si va al proprio posto, e si lascia il proprio posto, camminando in senso orario lungo i muri. Se la sala è divisa in due, si cammina in senso orario nella metà a destra e in senso antiorario nella metà di sinistra, cosicché i due flussi siano concordi nel lato condiviso. Vige il divieto di sorpasso. Laddove per motivi di spazio o di forma non è possibile uniformarsi alla norma, rispettando i motivi della regola si può fare diversamente. Questo “diversamente”, diventando la norma di quel luogo, va mantenuto. Arrivati al proprio posto ci si inchina profondamente a mani giunte in direzione del muro davanti al quale vi è un cuscino quadrato sul quale poggeranno le ginocchia e, sopra ad esso, un cuscino tondo sul quale ci siederemo. L’inchino è un atto di ringraziamento e rispetto per quelli che sono alla nostra destra ed alla nostra sinistra. Coloro che, ai lati, fossero già seduti rispondono giungendo le mani. Poi si ruota in senso orario di 180 gradi e si compie un profondo inchino a mani giunte nella direzione opposta la muro. È un atto di ringraziamento e rispetto verso tutti gli altri, qui, altrove. Ci si gira nuovamente, in senso orario, verso il cuscino, ci si abbassa sulle ginocchia in modo da non brandeggiare il sedere verso l’alto, si sprimaccia un poco il cuscino rotondo e poi ci si siede su di esso, non troppo avanti non troppo indietro, con il piede destro sulla coscia sinistra, il piede sinistro sulla coscia destra, oppure solamente il sinistro sulla destra e l’altro a terra, o viceversa. Davanti a noi il muro. Quando i periodi di zazen sono più di uno si può invertire la posizione dei piedi ad ogni seduta. Il dorso della mano destra poggia sui talloni, il dorso della mano sinistra nel palmo della destra. I pollici, protesi, si toccano leggermente sfiorando assieme il ventre. Il naso, il mento, l’ombelico, il punto d’unione dei pollici sono sulla stessa linea. La nuca punta leggermente verso l’alto, le orecchie sono in linea con le spalle. Il mento non sporge. Le labbra e i denti sono delicatamente serrati. La lingua riposa contro il palato. La respirazione avviene naturalmente, senza rumore, attraverso il naso. Gli occhi aperti con naturalezza guardano avanti. Se il muro, come al solito, è a circa sessanta, settanta centimetri dal naso allora lo sguardo si posa naturalmente in una zona del muro a trenta quaranta centimetri da terra. La posizione complessiva va controllata e mantenuta in continuazione, rimanendo immobili. È molto importante puntare alla più completa immobilità. [...] In quello star seduti gli occhi sono aperti ma non vi è nulla da vedere, le orecchie possono udire ma nel silenzio non vi è nulla da udire, la lingua riposa contro il palato per cui sapori e parole sono esclusi, il naso si occupa della respirazione e non ha odore da annusare, le mani riposano in grembo perciò non vi è tatto né oggetti da afferrare, le gambe incrociate e i piedi, con le piante verso l’alto, rinunciano alla loro qualità costitutiva: la mobilità. La mente è desta e pronta ad afferrare e rinvangare ogni pensiero ma non vi è nulla da pensare; il cuore è pronto ad odiare ed amare con intensità ma non vi è nulla e nessuno sul quale riversare il nostro odio o il nostro amore. La persona che si siede nello zazen è un essere vivente pienamente vivo e sveglio che rinuncia ad ogni produzione.»

Ovviamente non si tratta di una autorizzazione al riutilizzo, ma solo di un cortese assenso ad avvalerci del diritto di citazione. Tuttavia, per le nostre policy al riguardo, si tratta comunque di una citazione troppo corposa. Appena riesco, cercherò il modo di descrivere la pratica, tentando di ricorrere alla citazione letterale solo dove necessario. --(Y) - parliamone 16:29, 21 mar 2009 (CET)[rispondi]