Discussione:Nicola Zitara

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Salve, potrei aggiungere molte fonti attendibili a questa voce (quanto scritto risponde a esatta verità), purtroppo non so usare wikipedia e non so come inserire la categoria, i numerini delle note e non so poi come formattarle. Qualcuno può aiutarmi? Lidia gogolis@alice.it

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Analisi delle opere e del pensiero

Il pensiero storico e sull'Unità d'Italia

Tema centrale del pensiero di Zitara è il concetto che l'unità d'Italia sia stata sostanzialmente un danno, se non la causa principale dei mali che affliggono il Meridione, attraverso la devastazione economica del Regno delle Due Sicilie, nel periodo preunitario florido e avviato verso un equilibrato decollo economico-sociale[1]. È stato attivamente impegnato in un'opera di divulgazione storico-politica tendente a contrastare la storiografia ufficiale, che egli considerava capziosamente squilibrata in favore delle classi dominanti e dell'area geopolitica settentrionale.

Nicola Zitara è stato considerato un economista e un testimone “scomodo”[2]. Le forze politiche, economiche e sindacali dominanti rigettavano la sua analisi sulle condizioni di separatezza, di emarginazione e di sottosviluppo in cui il Meridione sarebbe stato costretto a fronte dei privilegi acquisiti dal Settentrione d'Italia a partire dall'Unità. L'interesse del capitalismo settentrionale e dello stesso proletariato industriale del Nord sarebbero stati contrari, secondo Zitara, ad una liberazione economica del Sud. Tale concetto è chiaramente esplicitato ed articolato nel suo primo saggio: L'Unità d'Italia: nascita di una colonia (edito a Milano dalla Jaca Book nel 1971), pensato e scritto a Vibo Valentia nel fervore di studi promossi dalla rivista Quaderni Calabresi, voce del locale Circolo Culturale Gaetano Salvemini, all'indomani della rivolta di Reggio Calabria. Ad Antonio Gramsci, di cui pure accettava la tesi (Quaderni dal carcere) che il Nord fosse una piovra “che si arricchiva alle spese del Sud e che il suo incremento economico-industriale era un rapporto diretto con l'impoverimento dell'economia e dell'agricoltura meridionale”[3], rimproverava tuttavia la debolezza dell'idea che “la frattura tra proletariato settentrionale e meridionale” potesse dipendere da un disinteresse dell'industria settentrionale nei confronti di quella meridionale. Zitara stesso affermò che si trattava di errore metodologico e un giudizio moralistico, mentre il fenomeno di sottosviluppo del Sud va spiegato marxisticamente in termini di rapporti di produzione e di rapporti di classe. Sin dagli anni settanta Nicola Zitara aveva articolato la sua visione economica: la separatezza della lotta di classe, la diversità tra interessi del Nord e bisogni del Sud non potevano essere conciliati né dai governi né dai partiti né dai sindacati. “Non solo il proletariato settentrionale, ma anche i partiti ufficiali ed extraufficiali della sinistra italiana non possono servire due altari.”, perché, scrive, “gli interessi del proletariato settentrionale sono inconciliabili con quelli del proletariato meridionale. Il proletariato settentrionale combatte una sua battaglia economicistica e riformistica” e “anche quando le vittorie politiche e sindacali si traducono in leggi generali, il proletariato meridionale non ne beneficia, perché tali leggi contemplano situazioni estranee all'assetto meridionale"[4]. In sostanza il proletariato settentrionale convivrebbe col capitalismo partecipando dei frutti della spoliazione del Sud e di altri paesi sottosviluppati. Ciò sarebbe costato al proletariato meridionale la sua impotenza economica e politica di fronte a problemi gravissimi, primo fra tutti l'emigrazione. La rivolta di Reggio Calabria, intesa come ribellione al nulla economico prospettato dai governi all'ombra del capitalismo settentrionale, catalizzò in Zitara fortemente la riflessione a tutto campo sulla condizione meridionale. Gli articoli pubblicati su Quaderni Calabresi, furono nel 1972 raccolti e pubblicati da Jaca Book sotto il titolo significativo Il proletariato esterno. In esso l'esame del rapporto sviluppo-sottosviluppo descrive la condizione di subalternità del Meridione, dà un senso alla tragicità della rivolta come spia del malessere, si eleva a categoria fondamentale per leggere la struttura sociale a dimensione globale (il rapporto tra il Nord e il Sud del mondo).

Gli studi meridionalistici

Oltre che di economia, Zitara fu uno studioso di storia d'Italia e del meridione, in particolare sulla fonte che riteneva più attendibile: Storia dell'Italia moderna di Giorgio Candeloro, storico d'ispirazione gramsciana (pubblicata dalla Feltrinelli in 30 anni, 1956-1986), in undici volumi. Apprezzava anche quella dell'Einaudi, ma alla fine le giudicò entrambe opere che falsificano la storia unitaria. Giunse a tale convinzione affiancando delle lunghe pause che gli consentivano di assimilare e ridiscutere i dati economici reperiti a fatica tra le numerose fonti documentarie dell'economia dei vari Stati dell'Italia preunitaria. Già dal confronto gli apparve chiara la grande menzogna che il Regno borbonico fosse molto più arretrato di quello piemontese. Approfondì in vari articoli questo aspetto e ne fece la bandiera per il riscatto di una dignità perduta. Soleva quindi ricordare i primati italiani conseguiti dal regno borbonico in molti campi e la totale mancanza di disoccupazione. Ripensò la tremenda vicenda del brigantaggio postunitario come un atto di eroismo contro un invasore "spergiuro, rapace e dispotico", più di quanto lo fossero stati i Borbone. Donde la sua conclusione: se i cosiddetti briganti non fossero stati piegati da un esercito di oltre centomila piemontesi, oggi sarebbero celebrati come eroi della nazione meridionale. Poiché hanno perso, nei libri di storia sono citati come briganti e assassini. Ma ciò che maggiormente lo incuriosì e agitò i suoi sonni fino alla fine furono i meccanismi finanziari attraverso cui il Sud ricchissimo di risorse fu spogliato finanziariamente dal Nord. Alla fine di un lungo percorso, iniziato da quando lasciò Stefanaconi per ritornare nella sua Siderno (1976) è scaturita l'ultima sua grande fatica, frutto di un lavoro certosino più che decennale e di cui ha fatto appena in tempo a vedere le bozze prima che la malattia lo stroncasse. Essa è uscita postuma nel 2011 a cura della Jaca Book e di Francesco Tassone. S'intitola: L'invenzione del Mezzogiorno. Una storia finanziaria ovvero la storia della spoliazione del Meridione attraverso la distruzione del suo sistema bancario e il conseguente trasferimento a Nord di tutte le maggiori risorse finanziarie. Uno dei fattori primari attraverso cui fu operata tale spoliazione viene ravvisato nel corso forzoso della moneta meridionale. Il libro è considerato il suo opus magnum.

Il pensiero economico

La sua visione economica negli ultimi anni si è ampliata fino ad includere una critica al socialismo scientifico di Karl Marx, da cui ha preso le mosse tutta la sua ricerca. Ciò si evidenzia in occasione della pubblicazione del suo primo romanzo storico Memorie di quand'ero italiano (Siderno, 1994) nel quale Nicola Zitara fonda una casa editrice a conduzione familiare per editare in un opuscolo (un tempo introvabile, ora ripubblicato in volume da Città del Sole Edizioni) la presentazione del romanzo curata da Carlo Beneduci e aggiungere in appendice una riflessione intitolata Una versione giusnaturalista del socialismo scientifico (Siderno, 1995). Zitara Partendo dalla premessa che il mercato capitalistico è divenuto un gioco "per vecchi birbanti e per bari incalliti"[3], per truffatori senza scrupoli che addossano la colpa alle vittime, Zitara procede lamentando il fallimento del socialismo di matrice russa, bolscevico.[5]

Il socialismo nel lavoro

Zitara propone un socialismo privatista (così da lui definito) basato sul libero produttore mercante di se stesso, sulla coincidenza del numero delle aziende con il numero dei lavoratori, su un lavoratore libero da padroni che collabora socialmente alla produzione. La collaborazione “costituisce il fondamento dell'economia. Ubi homo ibi societas”. Zitara prevedeva un lavoro esclusivamente privato, ma con un limite: “alcuni elementi del meccanismo economico non si prestano per definizione a essere privati. Sicuramente la terra e l'ambiente, che non sono prodotti ma fattori della produzione. La base giuridica del contratto di società non sarà più il capitale ma il lavoro. Niente di stratosferico, è una cosa che in qualche modo esiste già e si chiama cooperazione o autogestione”.[3] Infine amplia a livello planetario le conseguenze di questa sua visione filosofica e prefigura una costituzione socialista del mercato mondiale e un nuovo diritto internazionale che garantisca la libertà economica delle nazioni e l'autonomia delle scelte nazionali.[6] Questa intuizione ha originato un'opera di filosofia economica e di antropologia sociale: Tutta l'égalité , (Siderno, 1996) dedicata alla memoria di Salvador Allende, in cui illustra minutamente i passaggi riassunti o solo accennati nel predetto opuscolo e rinvigorisce l'idea della piena occupazione possibile attraverso la piccola ma diffusissima produzione mercantile. Il pensiero socialista di Zitara intendeva elevare al massimo grado di nobiltà la funzione sociale del lavoro e proporre soluzioni per liberare l'umanità dalla dipendenza del capitalismo.

La visione separatista

Viene prospettata l'urgenza della realizzazione di un progetto politico rivoluzionario in grado di restituire l'autonomia a tutte le regioni che prima dell'Unità componevano il Regno delle Due Sicilie. Data l'ampiezza di risorse umane e naturali, la costituzione di uno Stato ch'egli battezzò “Stato megaellenico (dell'economia meridionale)” poteva essere produttivamente competitivo nei confronti del Settentrione. “Credo di aver capito” – così scrive nell'opuscolo - che, se è vero che la filosofia liberal-capitalistica ha dato le armi della vittoria a chi domina il Sud e se è vero che il ‘libero' mercato capitalistico è la palla di piombo che lo tiene schiavo, non sarà certamente attraverso i percorsi dell'iniziativa capitalistica che noi meridionali riconquisteremo la nostra libertà economica, e non sarà con l'ingresso nell'Europa capitalistica che metteremo nuove basi alla nostra identità individuale e collettiva”[7]. Zitara sosteneva che la nazione meridionale per risollevarsi avrebbe dovuto darsi nuove regole del gioco economico e una diversa visione del diritto. È così che entrano in ballo la soluzione, ritenuta miope, di Karl Marx con le categorie economiche di forma, merce e valore di scambio, e dall'altro il giusnaturalismo[2].[8]

«Marx ha tracciato con mano impareggiabile i movimenti fisiologici delle società capitalistiche. Ma al momento di additare al proletariato la via per superare l'alienazione economica, è rimasto chiuso nella fabbrica e non ha preso in considerazione l'ipotesi di un ritorno allo scambio di equivalenti, che aveva regolato la piccola produzione mercantile. Ha invece prefigurato una società senza valori di scambio. Un mercato senza valori di scambio, una produzione pianificata per volumi, una distribuzione burocratica hanno rovinato l'URSS

Molte delle informazioni presenti in questa pagina non hanno fonte; proprio per questo, provvedo a rimuoverle e a discutere di esse con altri utenti su questa discussione. Eddy rossy (msg) 22:16, 1 dic 2021 (CET)[rispondi]

  1. ^ "L'Unità d'Italia. nascita di una colonia", Jaca Book 2010
  2. ^ a b Carlo Beneduci, presentazione del volume "L'Unità d'Italia" al convegno sui 150 anni di Unità d'Italia
  3. ^ a b c "Omaggio a Nicola Zitara" di Carlo Beneduci, apparso sul mensile di arte, cultura e memorie storiche "Monteleone", anno 6, nr. 42, novembre 2010
  4. ^ Negare la Negazione. Introduzione al separatismo rivoluzionario. Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria
  5. ^ Nicola Zitara "Una versione giusnaturalista del socialismo scientifico", opuscolo, pubblicato dallo stesso Autore, 1994, ripubblicato in "Memorie di quand'ero italiano" Città del Sole, 2013
  6. ^ Nicola Zitara, "Tutta l'Egalité" e "Negare la Negazione"
  7. ^ "Memorie di quand'ero italiano" Città del Sole ed. Reggio Calabria 2013. Postfazione "Una versione socialista del giusnaturalismo scientifico"
  8. ^ "Negare la negazione. Introduzione al separatismo rivoluzionario" Città del Sole Ed.