Discussione:Endecasillabo

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Sezioni di tipo manualistico[modifica wikitesto]

Trasferisco qui alcune sezioni di impianto didattico/manualistico, in considerazione della destinazione enciclopedica del discorso. --Al Pereira 03:37, 19 dic 2006 (CET)[rispondi]

Attenzione:
E' errore comune pensare che ogni verso di undici sillabe possa essere definito da endecasillabo, ciò non è assolutamente vero.
Il carattere distintivo dell'endecasillabo è quello di avere l' ultimo accento del verso sulla decima sillaba, questo fa sì che, essendo la maggior parte delle parole italiane accentate sulla penultima, la maggior parte dei versi costruiti con questo schema risulti avere undici sillabe, tuttavia questa è una conseguenza non la regola. Il numero complessivo delle sillabe di un endecasillabo infatti varia solitamente da 10 a 12 (ma puo' essere "stirato" fino a 16), come si puo' vedere dagli schemi
Detta così, anche il suo nome è sbagliato e andrebbe corretto.
Più tranquillamente, Beltrami 1991, a p. 343 lo definisce: «Verso di undici sillabe nella forma con uscita piana». --94.161.100.116 (msg) 11:20, 21 set 2018 (CEST)[rispondi]

Il fatto che l'endecasillabo abbia "qualcosa a che fare" con quinari o settenari non è casuale. L' endecasillabo italiano in realtà nasce dall' unione dei due I due emistichi (cioè le due parti) infatti possono essere:

  • Un settenario tronco + quinario piano (in questo caso avremo l' accento sulla sesta sillaba - e si formerà un endecasillabo a maiore)
  • Un quinario tronco + settenario piano (in questo caso avremo l' accento sulla quarta sillaba - e si formerà endecasillabo a minore)

(Nel caso il primo emistichio sia piano, la sillaba atona andrà calcolata come parte del secondo emistichio)

Questo esempio potrà chiarire le idee:


Prendiamo due versi, da due famose poesie

Un quinario piano:

«La donna è mobile
qual piuma al vento
muta d'accento
e di pensier.»

Un settenario tronco:

«il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.»


Uniamole insieme, ed otterremo un endecasillabo perfetto e sensato:

Accanto a lui posò qual piuma al vento

Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 Sill 10 Sill 11 (Sill 12)
ac can to a lui po qual piu ma al ven to .

In questo caso è un endecasillabo "a maiore" perché, venendo prima il settenario, ha l' accento secondario sulla sesta.

Chiarimento[modifica wikitesto]

Ho un dubbio su un endecasillabo di sedici sillabe metriche, ovvero:

«Sotto la penna, ovvero stalagmitificanomisi.»

Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 Sill 10 Sill 11 (Sill 12) (Sill 13) (Sill 14) (Sill 15) (Sill 16)
sot to la pen na ov ve ro sta lag mi ti fi ca no mi si

Se il verbo in questione è "stalagmitificare", mi pare che la corretta lettura, o quantomeno l'unica che mi suoni orecchiabile, debba necessariamente essere "stalagmitìficanomisi", così come pronuncerei più semplicemente "stalagmitìficano" e non "stalagmìtificano". Inoltre, se l'accento cadesse sulla settultima sillaba, tale parola sarebbe "pentasdrucciola" e, per quanto ne so, si arriva al massimo a parole quadrisdrucciole in italiano. Cosa mi sfugge?

--Jhack (msg) 01:16, 28 mar 2008 (CET)[rispondi]


Questo verso e' tanto stiracchiato che e' quasi impossibile da leggere...scritto piu per divertimento che per essere letto davvero... se leggi "stalagmitìficanomisi" non è più endecasillabo...perché l'accento cade non piu sulla decima...ma sulla undicesima....tecnicamente parlando diventerebbe un "dodecasillabo"..

SOT TO LA PEN NA_OV VE RO STA LAG MI TI FI CA NO MI SI
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

Se il verso fosse preso isolato la tua lettura potrebbe anche andare, tuttavia si suppone che i versi di una quartina abbiano tutti lo stesso metro....

Non esiste una regola ferrea sul numero di sillabe atone che una parola italiana deve avere dopo l'accento...dipende da quante particelle atone riesci ad incollare alla fine :D 87.11.35.221 (msg)

Endecasillabi crescenti in Montale?[modifica wikitesto]

Gli endecasillabi di Montale (vedere ad esemio il mottetto “Perché tardi?”) non sottostanno alle forme di compensazione impiegate da Pascoli: nel caso di Montale si tratta di semplici versi sdruccioli che danno origine a rime ipermetre. Si veda pure Giorgio Bertone, Breve dizionario di metrica italiana, Torino, Einaudi, 1999, p. 113, consultabile anche in Internet ([1]). Quindi levo il riferimento a Montale. Giovangotango (msg) 15:38, 12 mar 2009 (CET)[rispondi]