Discussione:Arco di Costantino

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Antica Roma
Archeologia
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Monitoraggio effettuato nel dicembre 2012

Ho riportato, spero in modo obiettivo, la proposta di datazione dell'arco all'epoca di Adriano. Personalmente ritengo sia molto poco credibile e non mi pare avere molto seguito tra gli studiosi del settore.

Nel testo dell'iscrizione ho trovato AVGUSTI invece che AVGUSTO, Quale dei due è giusto? (questo è un promemoria anche per me, per ricordarsi di controllare).

213.203.175.42 16:44, Dic 2, 2004 (UTC) Chiedo scusa, non mi ero accorta di non essere collegata: MM 16:52, Dic 2, 2004 (UTC)


Testo inserito da anonimo, da integrare. --Snowdog 21:00, Apr 26, 2005 (CEST)

L’arco di Costantino È il più grande dei tre archi trionfali superstiti a Roma (gli altri due sono quello di Tito, sull’altura tra il Palatino e la Velia, e quello di Settimio Severo, alle estreme pendici del Campidoglio e prospiciente il Foro romano). Esso, eretto dal Senato e dal Popolo Romano per celebrare la vittoria di Costantino su Massenzio al ponte Milvio (28 ottobre del 312), fu dedicato il 25 luglio del 315, decimo anniversario dell’ascesa al trono dell’imperatore (com’è ricordato nella scrittura votis X su uno dei fornici minori). Molto simile a quello di Settimio Severo, è a tre fornici (il maggiore lungo m. 6,50 e alto m. 11,45) inquadrati su ognuna delle due facciate da quattro colonne corinzie di giallo antico su alti plinti e addossate alle pareti, sormontate da una ricca trabeazione al di sopra della quale è collocato un alto attico (che porta l’altezza totale dell’Arco a circa 25 metri) scandito in tre settori da statue di barbari prigionieri. Al centro dell’attico – ripetuta su entrambi i lati – è l’iscrizione dedicatoria, nella quale la frase della terza riga (istinctu divinitatis = “per ispirazione divina”) sembra da mettere in relazione con l’apparizione della Croce a Costatino prima della battaglia (l’episodio è narrato dallo storico Eusebio di Cesarea). Tutto l’arco è sontuosamente decorato da sculture provenienti per la maggior parte da monumenti più antichi (dell’età di Traiano, di Adriano e di Commodo). Pure riutilizzati per l’occasione furono altri elementi (colonne, capitelli, alcune cornici, ecc.). Sono invece contemporanee alla costruzione dell’arco, e quindi d’età costantiniana, le sculture che sui due lati lunghi si trovano. Da un lato abbiamo sui plinti delle colonne scolpiti su tre lati, con Vittorie che scrivono sopra scudi o reggono palme e trofei, o con soldati romani e barbari prigionieri. Dall’altro si trovano sugli archivolti del fornice centrale, con Vittorie in volo recanti trofei e personificazioni delle Stagioni; sopra i fornici minori, e alla stessa altezza, sui due lati corti, con sei lunghi pannelli che costituiscono il fregio costantiniano e che illustrano la campagna militare contro Massenzio. In questi, iniziando dal lato corto occidentale (verso il Palatino), si susseguono i seguenti episodi: partenza dell’esercito di Costatino da Milano, assedio di Verona, battaglia di Ponte Milvio, entrata di Costantino a Roma, discorso di Costantino dai Rostri del Foro Romano, distribuzione di denaro al popolo nel Foro di Cesare. Sui due lati corti sono infine costantiniani i due tondi con la rappresentazione del Sole, nel lato est, e della Luna, nel lato ovest. Il lungo fregio costantiniano, che avvolge come un nastro l’intero monumento, narra dunque le vittoriose battaglie per la conquista dell’Impero, secondo la successione logica degli avvenimenti. I sei rilievi, collegati tra loro da rilievi angolari, sono lunghi da cinque metri e mezzo a sei metri e mezzo, alti poco più di un metro e furono lavorati direttamente sui blocchi dell’arco, una volta ultimata la sua costruzione nei primi mesi del 315 d. C. Essi vanno dunque letti come un unico ciclo narrativo nel pieno rispetto di quella narrazione continua, che fu l’originale invenzione romana nel campo del rilievo storico. La glorificazione simbolica del trionfo costantiniano si ottiene così tramite la successione logica, ideale e cronologica dei momenti più significativi. Il fregio sull’arco di Costantino ha la stessa collocazione che si può osservare per i fregi celebrativi dei più importanti monumenti onorari (Arco di Settimio Severo e di Tito al Foro Romano, Arco di Traiano a Benevento). Anche se lo stile è simile, ricollegandosi allo stile dell’arte plebea, nelle sculture costantiniane c’è qualcosa di nuovo: i canoni e le regole si distaccano totalmente dalla tradizione ellenistica, con una completa perdita di naturalismo a favore del simbolismo. Le figure vengono incise con trapano o con lo scalpello, quasi disegnate, privilegiando la linea di contorno. Mancano i rapporti spaziali e qualsiasi effetto prospettico; domina un drammatico espressionismo nei volti rugosi e negli occhi grandi e incavati (gli stessi caratteri stilistici si riscontrano, ovviamente, non solo nel fregio, ma anche in tutte le altre sculture costantiniane dell’arco). L’unità delle scene è rotta dalla figura dell’Imperatore divenuta troppo grande e monumentale: egli ha assunto ormai i tratti trascendenti, divini. La frontalità, la prospettiva ribaltata, che pone ai lati della composizione ciò che in realtà si troverebbe davanti, e le proporzioni gerarchiche sono i tratti tipici dell’arte tardoantica. E se si vuole ammettere un qualche influsso orientale, esso va ricercato – come ha sottolineato il Bianchi Bandinelli – più in un’influenza ideologica (la particolare concezione divina della sovranità, d’ascendenza persiana) che artistica. Vediamo ora, in ordine cronologico dai più antichi ai più recenti, i rilievi dei predecessori di Costantino: questi materiali fanno dell’arco – è stato osservato – un vero e proprio “museo di scultura”. Appartengono all’età di Traiano (98-117 d. C.) e provengono verosimilmente dal Foro dello stesso imperatore: le otto statue di Daci prigionieri (con le teste rifatte nel Settecento) nell’attico, i due pannelli sui lati minori dell’attico con scene di battaglia e gli altri due che sono all’interno del fornice centrale. Questi quattro fregi dovevano far parte originariamente di un unico grande fregio traianeo (alto circa 3 metri e lungo oltre 35) che forse decorava l’attico della Basilica Ulpia. Queste sculture, come la colonna di Traiano, celebrano la più famosa impresa dell’optimus princeps, ossia la conquista della Dacia (odierna Romania), ricca di miniere d’oro. All’età di Adriano appartengono gli otto tondi, alti più di due metri, che rappresentano nella facciata meridionale: la partenza per la caccia, un sacrificio a Silvano, la caccia all’orso, un sacrificio a Diana. Nella settentrionale: la caccia al cinghiale, un sacrificio ad Apollo, la caccia al leone, un sacrificio ad Ercole. In questi rilievi appare il giovinetto Antinoo, favorito dell’imperatore, mentre le feste di Adriano sono state rilavorate al momento della costruzione dell’arco e trasformate in ritratti di Costantino nelle scene di caccia, e del suo collega Licinio nelle scene di sacrificio. Sono infine dell’età di Commodo, e provenivano (insieme ad altri tre che si trovano nel Palazzo dei Conservatori) da un arco onorario dedicato da Commodo al padre Marco Aurelio (161-180 d. C.), gli otto pannelli dell’attico, alti più di tre metri, ai lati dell’iscrizione. Questi pannelli sono detti comunemente rilievi aureliani perché, appunto, celebrano le vittorie contro varie tribù germaniche e sarmatiche a protezione delle frontiere nordiche. Le teste dell’imperatore furono rilavorate durante i restauri compiuti nel Settecento. Nella facciata meridionale troviamo i seguenti episodi: presentazione di un capo barbaro all’imperatore, prigionieri condotti davanti all’imperatore, discorsi dell’imperatore ai soldati, sacrificio nell’accampamento. Nella settentrionale troviamo: arrivo dell’imperatore a Roma, partenza da Roma, distribuzione di denaro al popolo, resa di un capo barbaro. Com’è evidente, l’attuale sequenza dei rilievi aureliani non corrisponde a quella del monumento originario da cui provengono, ma a particolari esigenze programmatiche dei costruttori dell’arco costantiniano, per cui, ad esempio, le scene di guerre sono celebrate solo sul lato sud (quello rivolto verso il Circo Massino). Ci si potrebbe domandare, a questo punto, la ragione per cui siano state utilizzate tante sculture di epoche diverse e siano state riunite nello stesso monumento. Si è solamente preferito spogliare antichi monumenti ormai in disuso per ragioni economiche, in un’epoca in cui il marmo iniziava a diventare troppo dispendioso, oppure occorre ricercare altri motivi, legati magari a questioni di propaganda ideologica? Questa seconda ipotesi appare oggi la più convincente. La funzione primaria in assoluto dell’arco trionfale romano è infatti quella di veicolare i messaggi della propaganda imperiale: esso è il monumento celebrativo per eccellenza, tant’è vero che molto spesso la sua immagine appare sulle monete e circola per tutto il mondo conquistato. Per impadronirsi del potere, Costantino ha sconfitto Massenzio. Questi, però, ben lungi dall’essere un usurpatore qualsiasi, non solo era cittadino romano, ma era addiri-ttura il figlio di Massimiano, l’Augusto d’Occidente della prima tetrarchia, collega di Diocleziano (284-305). Durante il suo breve regno, Massenzio s’atteggiò a sovrano pienamente legittimato nel suo ruolo, tanto da erigere monumenti nel Foro Romano – la Basilica di Massenzio – sulla scia di quella che era stata la politica imperiale di Cesare ai tetrarchi stessi (colonne dei “decennalia” nel Foro, fra il “Tabularium” e i Rostri). Costantino, pur essendo figlio di Costanzo Cloro, necessita dunque di solide argomentazioni propagandistiche per legittimare la propria ascesa al trono. In questo delicato momento di trapasso, acquista nuova luce la scelta dei rilievi da affiancare, sull’arco, alla narrazione delle imprese del vincitore. Traiano, Adriano e Marco Aurelio erano tra le figure più amate dalla tradizione storiografica romana, da sempre legata alla classe senatoriale: il primo, com’è noto, ha ricevuto il titolo di “optimus princeps”, che sottolinea come, con lui, l’Impero abbia conosciuto non solo la sua massima espansione territoriale, ma anche un periodo di governo particolarmente illuminato. Di Adriano si celebrò la pace raggiunta su tutti i confini; Marco Aurelio segnò la ripresa delle campagne militari contro la minaccia rappresentata ora dai barbari, e il figlio Commodo, dedicandogli la Colonna Antonina, istituì un parallelismo ideologico fra le sue gesta e quelle di Traiano, narrate nella Colonna traianea. Nel programma decorativo dell’arco, Costantino si presenta dunque su una linea di ideale continuità con le illustre figure imperiali del passato, e si tratta – non a caso – di figure inquadrate storicamente nella piena età imperiale, quando Roma viveva ancora nel suo pieno splendore – sia pure con i primi segni della crisi – e non era stata ancora squassata dall’anarchia militare del III secolo. Un ritorno all’età dell’oro, dunque, “una restaurazione” sotto Costantino, che intende attraverso queste immagini, sovrapporsi nella memoria del Popolo al ricordo di Massenzio (che pure aveva proposto se stesso come “restitutor” della passata grandezza) per rimanere, anche nella memoria collettiva, unico imperatore.


Ho inserito i dati utili (mi pare tutti, ma è benvenuto un eventuale ulteriore controllo) e riscritto in forma più sintetica e con qualche correzione alcuni interessanti approfondimenti (il cui posto sarebbe forse più adeguato in pagine più generali sulle tematiche della propaganda imperiale negli apparati decorativi dei grandi monumenti pubblici o sull'evoluzione stilistica della scultura romana. Credo che si possa togliere comunque l'avviso controlla. MM13:48, Apr 30, 2005 (CEST)