Dard

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Dard, pseudonimo di Khwaja Mir (Delhi, 1719Delhi, 1785), è stato uno scrittore e poeta indiano, uno dei più importanti esponenti della letteratura urdu.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Il soprannome di questo apprezzato scrittore significa letteralmente 'dolore'.[1]

Dard fu attivo a Delhi nel periodo della decadenza dell'Impero moghul,[1] di professione ufficiale dell'esercito, si ritirò a vita di raccoglimento e di penitenza a trentanove anni, guidando per tutto il resto della sua vita un santuario.[2]

Insieme a Mazhar, Mirza Sauda e Mir Taqi Mir, è considerato dai critici letterari e dagli storici, uno dei 'quattro pilastri' su cui si fondò la letteratura classica urdu settentrionale.[1]

Dard ricevette una educazione religiosa nell'ambito dell'ambiente famigliare, dato che appartenne a un'illustre famiglia di tradizioni mistiche,[2] e si dimostrò soprattutto un poeta mistico, non sempre di facile interpretazione, tanto che egli stesso scrisse un commentario delle sue opere.[1]

Il suo Canzoniere urdu, è impreziosito da autentiche gemme, in particolar modo scritte nella forma della quartina (ruba'i), tipica della poesia mistica,[1] contenente anche immagini erotiche.[2]

Dard però scrisse anche in lingua persiana, lingua che esercitò una grande influenza sullo svolgimento dell'urdu. Tra queste opere si possono menzionare il Trattato delle esperienze (Risa-la-e varidat), La dignità del canto (Hurmat-i ghina), Il lamento di Dard (Nala-e Dard), Il sospiro disperato (Ab-i sard).[1]

La vita di Dard si caratterizzò per lunghi raccoglimenti e meditazioni, e forse aderì anche ad una confraternita mistica, e fu confortata e allietata dalla poesia e dalla passione per la musica e per il canto.[1]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Canzoniere in urdu;
  • Trattato delle esperienze (Risa-la-e varidat);
  • La dignità del canto (Hurmat-i ghina);
  • Il lamento di Dard (Nala-e Dard);
  • Il sospiro disperato (Ab-i sard).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Dard, in le muse, IV, Novara, De Agostini, 1965, p. 83.
  2. ^ a b c Dard, su sapere.it. URL consultato il 5 aprile 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Muḥammad Abdul Haqq Ansari, Sufism and Shari'ah: A Study of Shaykh Ahmad Sirhindi's Effort to Reform Sufism, Leicester, 1986.
  • (EN) Muḥammad Husayn Azad (traduzione inglese a cura di F. Pritchett con la collaborazione di S. R. Faruqi), Ab-e Hayat, Delhi, 2001.
  • D. Bredi, Storia della cultura indo-musulmana, Roma, Carocci, 2006.
  • Michel Chodkiewicz, Qualche aspetto delle tecniche spirituali della tarîqa naqsh-bandiyya, in Quaderno di studi della Tarîqa naqshbandiyya, n. 2, 1996, pp. 91-110.
  • (EN) Thomas Danhardt, Change and Continuity in Indian Sufism: A Naqshbandi-Mujaddidi Branch in the Hindu Environment, Nuova Delhi, 2003.
  • (EN) Yohanan Friedmann, Shaykh Aḥmad Sirhindī: An Outline of his Tought and a Study of His Image in the Eyes of Posterity, Londra, 1971.
  • (EN) Warren Edward Fusfeld, The Shaping of Sufi Leadership in Delhi: the Naqshbandiyya Mujaddidiyya, 1750 to 1920, University of Pennsylvania, 1981.
  • Alessandro Grossato, Elia/Al-Khidr al crocevia fra Islam e Induismo, in Elia e Al-Khidr. L'archetipo del maestro invisibile, Milano, 2004.
  • A. Pagliaro e A. Bausani, Letteratura persiana,, Firenze-Milano, Sansoni-Accademia, 1968.
  • (EN) Johan G. J. Ter Haar, Follower and Heir of the Prophet: Shaykh Aḥmad Sirhindī (1564–1624) as Mystic, Leida, 1992.
  • (HI) Mawlānā Na'īmullāh Ḫān, Ma'ārif-i Maktūbāt-i Imām-i Rabbānī, Delhi, 1983.

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