Chiesa di Santa Maria della Mena

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Chiesa di Santa Maria della Mena
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegionePuglia
LocalitàAltamura
IndirizzoLa Mena
Religionecattolica di rito romano
TitolareSanta Maria

La chiesa di Santa Maria della Mena (nota anche come chiesa di Santa Maria dell'Amena[1]) era una chiesa situata nelle campagne della città di Altamura ed edificata, secondo alcune fonti, da San Guglielmo da Vercelli assieme a un monastero. Il complesso era situato nell'area della Mena, nelle vicinanze del Pulo di Altamura.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa viene citata all'interno dell'agiografia di San Guglielmo da Vercelli scritta da Tommaso Costo e dal titolo Istoria dell'origine del sagratissimo luogo di Montevergine (1591);[2] citazioni sono presenti anche all'interno dell'opera di Gian Giacomo Giordano Storie di Montevergine (1649).[3] Il monastero fu fondato da San Guglielmo da Vercelli intorno al 1138-1139 (tre o quattro anni prima della sua morte) e i monaci appartenevano alla Congregazione verginiana.[4]

Nel 1515 il suo "beneficiò passò alla Città di Altamura nel 1515, conservandosi il culto nell'abitato in una omonima chiesetta presso Santa Caterina".[4] Nella carta Rocca P/33, conservata presso la Biblioteca Angelica e raffigurante la città di Altamura verso la fine del XVI secolo d.C., viene raffigurata anche la chiesa di Santa Maria lo Carmo. Dal momento che la chiesa è approssimativamente vicina a Santa Caterina, lo storico locale Giuseppe Pupillo ipotizza che la chiesa di Santa Maria lo Carmo sia la "chiesa di Santa Maria de Amena".[5]

Secondo quanto riportato da Tommaso Costo, San Guglielmo da Vercelli visse per un certo periodo ad Altamura (secondo Domenico Santoro); un giorno, lo stesso Guglielmo da Vercelli si sarebbe recato dal Governatore di Altamura per lamentarsi di un danno subito al suo seminato. Il Governatore gli disse che avrebbe punito i malfattori se li avesse portati al suo cospetto. Così il santo ordinò a delle bestie feroci colpevoli del misfatto di seguirlo per portarle dal Governatore, le quali divennero di un'inusuale mansuetudine, tanto da seguirlo fino dal governatore. Quest'ultimo, meravigliato della docilità di quelle bestie e interpretando ciò come opera del Signore, fece donazione di un lembo di terra sul quale poi sarebbero sorti una chiesa e un monastero denominati Santa Maria Della Mena, che sorgevano nell'area omonima della città di Altamura (l'area Santa Maria della Mena o semplicemente la Mena, a pochi chilometri dal Pulo).[6][7] Questo evento è riportato dagli agiografi come un miracolo, sotto il nome di miracolo degli animali che guastarono i seminati di S. Guglielmo[7]. Tommaso Costo fa risalire la ragione del nome Santa Maria della Mena al gesto dell'aver "menato" quelle bestie davanti al Governatore, anche se l'origine del toponimo è probabilmente diverso, dal momento che l'area è nota (ancora oggi) perché situata sul percorso della cosiddetta "mena delle pecore", cioè la transumanza.[4][8]

Tommaso Costo scrive che la chiesa era ancora in piedi intorno alla fine del XVI secolo, ed era stata ricostruita sulle reliquie di una molto maggiore[7]. Domenico Santoro riporta che i rimanenti "beni furono dati in sussidio del Monastero di S. Salvatore, in Guglieto, dell'istesso Ordine posto presso la città di Nusco";[6] la notizia è riportata anche da Giovanni Giacomo Giordano (1649).[9]

Lo storico locale Tommaso Berloco cercò la chiesa e il monastero situati della Mena, ma non riuscì a localizzarli con precisione. Trovò dei muraglioni nei pressi del querceto di una masseria della zona, sui cui muri vi erano secondo alcune testimonianze, agli inizi del Novecento, tracce di affreschi.[6]

Secondo quanto riportato dall'altamurano Domenico Santoro nella sua Descrizione della città di Altamura (1688), San Guglielmo da Vercelli avrebbe vissuto da eremita in una caverna di una dolina nei pressi della città di Altamura, il cosiddetto Pulo.[6] Lo stesso Domenico Santoro (1688) riporta che "si vede nel lato settentrionale una Chiesa piccola concava nel sasso dedicata alla SS.ma Annunziazione di Maria (da non confondere con la Chiesa di Santa Maria della Mena), con due stanzette e una grotta: e nel fondo si vede l'orticello, forse quello che fu danneggiato dagli animali con due concavi sassi, forse per premere uva o rigettare piogge".[6] La chiesa di cui parla Domenico Santoro oggi non esiste più sebbene siano visibili resti di "adattamento di epoca medioevale". Essendo l'opera del 1688, il Santoro non poteva avere conoscenza diretta della permanenza del santo all'interno del Pulo, pertanto riguardo a questo particolare potrebbe aver consultato altre fonti al momento ignote.

Giovanni Giacomo Giordano (1649) racconta che, mentre la chiesa veniva costruita, San Guglielmo si trattenne molti mesi in Altamura. Una volta che la costruzione ebbe preso la sua forma, San Guglielmo affidò la costruzione ad alcuni religiosi, affinché ne avessero cura, e si recò al Monastero di San Salvatore, "per celebrar la festa della Santa Pasqua di Resurrettione dell'anno 1139".[10]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

L'esistenza del monastero è confermata da diversi documenti storici, come testimoniato dallo storico locale V. Tirelli.[11][4] Giovanni Giacomo Giordano (1649) afferma che:

«Accettò l'offerta il Santo, e con l'aiuto di quel medesimo Signore, e di tutti quei Popoli cominciò ad edificiarne una Chiesa in honore della Beata Vergine Madre di Dio. e anco l'habitatione per li Monaci, che poi la servirono, e vi habitarono molto tempo; ma con l'occasione delle guerre continue, e perché l'edificio stava in campagna, ove l'habitatori Religiosi erano continuamente molestati da soldati e gente di mala vita, furono astretti lasciare d'habitarlo, e disabitato frà certo tempo rovinò, e l'entrate furono applicate ad altre Chiese; Ben vero, che fino al presente, si come afferma il Costo,che scrive questo miracolo, si vede in quel medesimo sito una piccola Chiesa rifatta dalle reliquie della prima, che edificò S. Guglielmo, e rattiene l'istesso titolo di Santa Maria, mà con l'aggiunta (della Mena) in memoria del miracolo occorso degli animali menati, e condotto dal Padre S. Guglielmo avanti quel Governatore, per causa del quale fu donato il territorio da detto Signore, e fù ivi edificata detta Chiesa.»

Domenico Santoro (1688), riprendendo Costo e Giordano e aggiungendo ulteriori informazioni, racconta che "oggidì vi si vede una Chiesa rimasta dalle reliquie di quella che era molto più maggiore, e tiene tuttavia l'istesso nome";[1] inoltre lo stesso Santoro racconta:

«La Chiesa edificata da S. Guglielmo un tempo fu abitata da monaci dell'istesso Ordine, ed oggi vi si vedono le ruine d'un grande Monistero, quale diroccato per le guerre li beni furono dati in sussidio del Monistero di S. Salvatore, in Guglieto dell'istesso Ordine posto presso la Città di Nusco, come appare dall'istrumento di transazione stipulato tra la Religione e l'Ospedale della SS.ma Nunziata di Napoli, conservato nell'Archivio di Monte Vergine.»

Assai singolare è il fatto che la chiesa non compaia in nessuno dei cataloghi di pergamene dell'imponente ricerca d'archivio relativa ai documenti delle chiese e dei monasteri verginiani, condotta da padre Giovanni Mongelli. L'unica eccezione è, forse, il riferimento a "Santa Maria de Pulo", una "grancia" situata presso "priano Turitto e Altamura" all'interno di una pergamena di Carlo II d'Angiò datata 9 agosto 1301 e conservata presso l'archivio dell'Annunziata di Napoli. La pergamena in questione è oggi andata perduta, ma la notizia della sua esistenza è riportata da Giambattista D'Addosio nell'opera Origine, vicende storiche e progressi della Real Santa Casa dell'Annunziata di Napoli (1883).[12]

I versi latini[modifica | modifica wikitesto]

Giordano (1649) racconta come il miracolo di cui sopra sia riportato nei libri relativi a San Guglielmo da Vercelli insieme a due versi latini, a corredo delle immagini del Santo:

«Siste ait huc Iudex, sata qui prassere, dabunt
Penas: tunc pecudum sistivit ille Genus»

La notizia è ripresa da Domenico Santoro (1688) il quale, riprende quanto scritto da Giordano:

«E nell'effigie del Santo in Monte Vergine, ed altre in carta si vede fra gli altri miracoli all'intorno posti il sopranarrato con questo disticon: "Siste ait...»

Il poema dell'Incoronata[modifica | modifica wikitesto]

Domenico Santoro trascrive anche dei versi iniziali di un non meglio specificato canto settimo del poema dell'Incoronata, che, secondo lo stesso Santoro, confermerebbero l'esistenza degli edifici di Guglielmo da Vercelli:

«Dall'Ospedal di Altilia il Santo parte e giunge al tempio[13]»

in cui Altilia è il nome originario di Altamura (la cui autenticità è stata messa in discussione).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Berloco, p. 47.
  2. ^ Costo.
  3. ^ Giordano, pp. 479-480.
  4. ^ a b c d Berloco, p. 47, nota 55.
  5. ^ Pupillo, p. 32, nota 40.
  6. ^ a b c d e Berloco, p. 47.
  7. ^ a b c Costo, p. 16.
  8. ^ Non può escludersi, pur essendo nel campo delle ipotesi non suffragate da fonti, che la "mena" delle pecore, a partire da quella zona, si sia originata proprio da tale aneddoto, reale o leggendario che sia, oppure, più verosimilmente, che l’aneddoto di sia originato a partire da tale usanza.
  9. ^ Giordano, p. 480.
  10. ^ Giordano, pp. 480-481.
  11. ^ Tirelli.
  12. ^ Daddosio.
  13. ^ Berloco, p. 48.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Giacomo Giordano, Croniche di Montevergine, Napoli, Camilla Cavallo, 1649, pp. 479-480.
  • Vita et obitus Sanctissimi Confessoris Guilielmi Vercellensis, Napoli, Donato Celeto, 1581. (prima edizione a stampa del Legenda de vita et obitus)
  • Tommaso Costo, Istoria dell'origine del sagratissimo luogo di Montevergine, 1591, p. 16.
  • Tommaso Berloco, Storie inedite della città di Altamura[collegamento interrotto], ATA - Associazione Turistica Altamurana Pro Loco, 1985.
  • V. Tirelli, La Universitas hominum Altamurae dalla sua costituzione alla morte di Roberto d'Angiò, in Arch. St. Pugliese, IX, 1956, pp. 1-4.
  • Giambattista D'Addosio, Origine, vicende storiche e progressi della Real S. Casa dell'Annunziata di Napli (Ospizio dei trovatelli), Napoli, 1883.
  • Giuseppe Pupillo e Operatori C.R.S.E.C. BA/7, Altamura, immagini e descrizioni storiche (PDF), Matera, Antezza Tipografi, 2017, ISBN 9788889313282. URL consultato il 21 ottobre 2018 (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2018).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]