Chiesa della Candelora (Messina)

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Chiesa della Candelora
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
LocalitàMessina
Religionecattolica
Arcidiocesi Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela

La chiesa della Candelora era un edificio religioso di Messina.

Sorgeva nel piano di «Terranova» poco distante dal Palazzo Reale (oggi sede dell'edificio della Dogana in via Primo Settembre) e originariamente era denominata "dell'Intemerata" fino all'epoca normanna.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Scrive, di essa, l'annalista messinese Caio Domenico Gallo nel suo Apparato agli Annali della Città di Messina, pubblicato a Napoli nel 1755:

«Chiesa nuovamente abbellita, e riedificata più alta nominata la Candelora, che fu antichissimo Tempio dedicato in onore della Vergine detta dell'Intemerata fin dal principio che si abbracciò la Fede Cattolica in Messina, e collaterale alla medesima altro ve n'era del Titolo dei Santi Quaranta Martiri, quale presentemente serve per Oratorio dei Confrati detti li Verdi; e l'una, e l'altra Chiesa è filiale del Clero Greco. Questo Tempio anch'ebbe il nome di Santa Maria di Goffredo, veggendosi così nominarsi da Innocenzo VIII nella sua Bolla del 1484 forse così detta da Goffredo Fratello del Conte Ruggiero, che in sua Compagnia venne a discacciare dalla Sicilia i Saraceni; ma variò il nome in quello della Candelora, poicchè in questa fu trasportato il quadro, e Suppellettile Sagra di un'altra Chiesa di simile titolo...»

In questa chiesa, per volontà di alcuni nobili messinesi, si costituì la "Sacra Milizia dei Verdi" durante l'Emirato Islamico di Sicilia con lo scopo di scortare e difendere il sacerdote dalle offese degli arabi quando recava l'ostia consacrata da portare ai moribondi.[1] Di questa Compagnia volle farne parte anche il Gran Conte Ruggero I di Sicilia.

Nel 1850 Ferdinando II decretò la demolizione dell'edificio riservando ai confrati un adeguato risarcimento. I sodali della Confraternita dei Verdi furono accolti nella chiesa di San Nicolò dei Gentiluomini con molte opere provenienti dal tempio.

Sepoltura di Girolamo Alibrandi.[2]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Sacra Milizia dei Verdi[modifica | modifica wikitesto]

Arciconfraternita nata con il nome di Sacra Milizia dei Verdi nell'anno 1058, durante il dominio musulmano per assicurare l'assistenza religiosa verso tutti, anche al costo del supremo sacrificio: quello "... di versare fino all'ultima stilla di sangue..." per adempiere i precetti previsti dallo statuto.

Sodalizio attestato presso l'antichissima chiesa dell'Intemerata altrimenti detta anche chiesa dell'Agonia ubicata nel piano di «Terranova», quartiere posto fra il Palazzo Reale (dal 1983 Dogana) e il torrente Portalegni. Col tempo il tempio assunse diverse denominazioni, la più popolare e recente: chiesa della Candelora.

Nel 1850 Ferdinando II decretò la demolizione dell'edificio riservando ai confrati un adeguato risarcimento. I sodali della Confraternita dei Verdi furono accolti nella chiesa di San Nicolò dei Gentiluomini con molte opere provenienti dal tempio. Nel 1866, anno dell'emanazione delle leggi eversive con le quali furono abolite le corporazioni religiose, l'amministrazione del Fondo per il Culto concesse ai Verdi l'uso stabile della stessa chiesa.

Confraternita della Candelora[modifica | modifica wikitesto]

Sodalizio attestato presso la chiesa della Candelora.

Chiesa dei Santi Quaranta Martiri[modifica | modifica wikitesto]

Oratorio dei Confrati detti li Verdi.

Antica chiesa della Candelora[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giuseppe La Farina, pag. 27.
  2. ^ Giuseppe La Farina, pag. 29.
  3. ^ Giuseppe La Farina, pag. 28.
  4. ^ Pagina 29, Gioacchino Di Marzo, "Delle Belle arti in Sicilia: dal sorgere del secolo XV alla fine del XVI" [1], Volume III, Palermo, Salvatore di Marzo editore, Francesco Lao tipografo, 1862.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]