Cepparello da Prato

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Franco Citti nel ruolo di Ser Ciappelletto nel film Il Decameron di Pier Paolo Pasolini

Cepparello da Prato, conosciuto anche come Ser Ciappelletto, è un personaggio letterario del Decameron di Giovanni Boccaccio, protagonista della prima novella dell'opera (giornata I, novella 1). Era un notaio, per cui aveva diritto ad essere chiamato "Ser" prima del nome.

Personaggio letterario

Boccaccio lo introduce nella novella facendolo chiamare da Musciatto Franzesi. Questo mercante francese infatti deve recarsi in Italia al seguito di Carlo di Valois e lascia a vari incaricati le sue faccende mercantili, ma non riesce a trovare "tanto malvagio uom" per riscuotere i debiti verso i clienti borgognoni ("uomini riottosi e di mala condizione e misleali") "che opporre alla loro malvagità si potesse" (giornata I, novella 1, 8-9). L'unico che gli venga in mente è appunto solo Cepparello da Prato, che aveva già avuto modo di ospitare a Parigi, dove era stato rinominato Ciappelletto: i francesi infatti credevano che il nome derivasse da "cappello" per cui lo nazionalizzarono in chapelet.

Egli era un uomo avvezzo ad ogni empietà: spergiuro, seminatore di discordia e scandali, omicida, bestemmiatore, fedifrago, goloso, bevitore e giocatore d'azzardo. Così empio che quando, recatosi in Francia in casa di due mercanti fiorentini, malato e vicino a morire, i due padroni di casa sono fortemente tormentati: non lo possono cacciare, non lo possono far confessare, perché se rivelasse i suoi peccati nessun religioso gli darebbe l'assoluzione e sarebbe uno scandalo per la loro casa aver ospitato un uomo che non si possa seppellire in suolo consacrato (i loro creditori, malvagi borgognoni, li crederebbero ladri di pari razza e si rifiuterebbero di pagarli); né tantomeno possono farlo morire senza il sacramento della confessione. Ma Cepparello sente i loro dubbi e per non recare loro danno li prega di far chiamare un confessore, con il quale averebbe compiuto il suo ultimo peccato dinnanzi a Dio, non facendo ormai per lui differenza uno in più o uno in meno.

Viene chiamato allora un venerabile frate al quale Cepparello, durante la confessione, inizia a rifilare una serie di fandonie, come se egli fosse stato l'uomo più pio e timorato di Dio sulla terra. La sua recitazione ha tanto effetto, che il frate ne rimane profondamente colpito. La finta confessione è in alcuni tratti esilarante, dicendo Cepparello, con grande pentimento e timore, peccati così lievi che fanno sorridere lo stesso frate, che le liquida come leggier cose.

«Disse allora il frate: - O altro hai tu fatto?
- Messer sì, - rispose ser Ciappelletto - ché io, non avvedendomene, sputai una volta nella chiesa di Dio.
Il frate cominciò a sorridere e disse:
- Figliuol mio, cotesta non è cosa da curarsene: noi, che siamo religiosi, tutto il dì vi sputiamo.
Disse allora ser Ciappelletto:
- E voi fate gran villania, per ciò che niuna cosa si convien tener netta come il santo tempio, nel quale si rende sacrificio a Dio.»

Il frate, dopo avergli dato l'assoluzione, lo rassicura che sarà sepolto nella chiesa del loro convento e gli dà la comunione e l'estrema unzione. Di lì a poco Cepparello muore e, sparsasi la voce della confessione di un sant'uomo, tutto il capitolo dei frati gli concesse dei funerali solenni, ai quali partecipò la folla incuriosita di vedere quel sant'uomo. Addirittura iniziano subito a venerarlo, con il beneplacito dei frati, e gli strappano le vesti per conservarle come reliquie. Votandosi alla sua indulgenza presto venne proclamato San Ciappelletto.

La novella si chiude con il Boccaccio che si chiede, attraverso le parole di Panfilo, se Dio abbia avuto pietà di questo "santo" ammettendolo per la sua bonarietà in Paradiso, nonostante le sue numerose malefatte.

Tra i temi della novella ci sono la valorizzazione dell'ingegno individuale (la confessione di Ciappelletto), la separazione tra livello divino e umano, l'ingenuità degli uomini di chiesa a fronte dell'ipocrisia della borghesia, che vuole conciliare mercatura e religione. Gli uomini si rivolgono ai santi come mediatori nei loro rapporti con Dio, ma i santi sono un'invenzione umana, e possono essere anche cacciati nell'inferno da Dio, il quale accoglie solo le buone intenzioni di coloro che rivolgono a lui preghiere. Dio quindi può convertire un fatto negativo (la santificazione del peccatore) in uno positivo.

Ricerche storiche

Ricerche d'archivio hanno scoperto come effettivamente sia vissuto un Cepparello o Ciapperello da Prato, documentato verso la fine del Duecento in Francia quale riscossore di decime e di taglie per il re Filippo il Bello e per Bonifacio VIII. A questo personaggio realmente esistito potrebbe essersi ispirato Boccaccio. Il "vero" Cepparello però era ammogliato, aveva figli, e nel 1304 viveva ancora a Prato.

Bibliografia

  • A. D'Agostino (a cura di), G. Boccaccio. La novella di Ser Cepparello. Decameron, I 1, LED Edizioni Universitarie, Milano 2010. ISBN 978-88-7916-447-4

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