Antagora di Rodi

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Antagora di Rodi (in greco Ἀνταγόρας Antagòrās; Rodi, metà III secolo a.C. – ...) è stato un poeta greco antico fiorito intorno al 270 a.C.[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Rodi[2], Antagora soggiornò a lungo ad Atene, dove divenne amico dei filosofi accademici Polemone e Cratete[3].
Spostatosi in Beozia, dove aveva intenzione di leggere pubblicamente un suo poema sulle leggende del ciclo tebano, si narra che, quando l'opera fu letta ai Beoti, questi lo trovarono talmente noioso da non riuscire a trattenere gli sbadigli: il poeta avrebbe, allora, interrotto la lettura e offeso l'uditorio, facendo riferimento alla proverbiale ignoranza dei Beoti[4].
In seguito, fu amico e cortigiano di Antigono II Gonata, quindi operante a Pella, alla corte del sovrano, in un periodo compreso tra il 277 e il 239 a.C. e contemporaneo di Arato[5].
Si narra che fosse amante della bella vita e Plutarco e Ateneo[6] riferiscono alcuni aneddoti su di lui, dipigendolo anche come un raffinato gourmet, esperto di pesci[7].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Antagora scrisse, come detto, un poema epico intitolato Tebaide (Θηβαΐς)[8]. Si conosce, inoltre, un suo Inno a Eros, di cui restano sette versi in cui, con domanda retorica, ripercorre i diversi miti sulle genealogie del dio[9].
Compose, inoltre, epigrammi, due dei quali sono sopravvissuti e trattanti uno la morte degli amici filosofi Polemone e Cratete[10], l'altro l'innalzamento di un ponte eretto, nel 320, da Senocle di Lindo sulla strada che conduceva ad un tempio di Demetra[11].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Compiange, infatti, la morte del filosofo Polemone, avvenuta nel 270 a.C.
  2. ^ Diogene Laerzio, II 133.
  3. ^ E. M. Craik, The Dorian Aegean, London 2015, pp. 50-51.
  4. ^ Apostolio, Proverbium Centuriae, V 82; Massimo Confessore, Loci Communes, II p. 580, ed. Combefisius.
  5. ^ Pausania I 2,3; Plutarco Apophth. p. 182, E, Sympos. IV, 668C.
  6. ^ VIII 340a.
  7. ^ Plutarco, Sympos., III 4.
  8. ^ Vita Arati, pp. 444, 446, ed. Buhle.
  9. ^ fr. 1 Powell.
  10. ^ AP, VII 103.
  11. ^ AP, IX 147.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • J. U. Powell, Collectanea Alexandrina. Reliquiae minores poetarum Graecorum aetatis Ptolemaicae. 323-146 a.C., Oxford 1925, pp. 120–121 (edizione dei frammenti).
  • A.S.F. Gow-D.L.Page, The Greek Anthology. Hellenistic Epigrams, Cambridge 1965, vol. II, pp. 29–31 (edizione e commento dei due epigrammi superstiti).
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