al-Anbar

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al-Anbār
Localizzazione
StatoBandiera dell'Iraq Iraq
Mappa di localizzazione
Map
Coordinate: 33°22′30″N 43°43′00″E / 33.375°N 43.716667°E33.375; 43.716667

al-Anbār (in arabo الأنبار?) è una città dell'Iraq, già capitale provvisoria della dinastia Abbaside nell'VIII secolo.

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

Sita sulla sponda di sinistra del fiume Eufrate, immediatamente a sud del Nahr ʿĪsā e del canale Sakhlawiyye, il più settentrionale dei canali che uniscono l'Eufrate al Tigri, non è distante dalla città irachena di Falluja, centro culturale ebraico noto con il toponimo di Pumbedita.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Al-Anbār fu originariamente chiamata Pērōz-Šāpūr (un nome medio-persiano che significa Vittorioso Shapur), anche detto Peroz Shabur (aramaico פירוז שבור) e nota in seguito a Greci e Romani come Perisapora. La città fu fondata nel 350 da Shapur II, l'imperatore sasanide di Persia. Perisapora fu saccheggiata e distrutta dall'imperatore romano Flavio Claudio Giuliano (Giuliano l'Apostata) nell'aprile del 363, durante la sua invasione dell'Impero sasanide.[1] La città divenne un rifugio per i cristiani Arabi e per gli ebrei della regione.[2] Secondo le fonti arabe medievali, gran parte dei suoi abitanti emigrò a nord, verso la città di Hdatta (in arabo al-Ḥadītha), a sud di Mosul.[3]

Il nome della città fu mutato in al-Anbār ("Granai") e Abū al-ʿAbbās al-Saffāḥ, il primo Califfo abbaside elesse nelle sue vicinanze, come propria capitale, al-Hāshimiyya,[4] e tale rimase fin quando il fratello Abū Jaʿfar al-Manṣūr fondò un nuovo centro con lo stesso nome di al-Hāshimiyya tra al-Ḥīra e al-Kūfa, prima di fare edificare Baghdad nel 762.
La città di al-Anbār continuò comunque a svolgere un ruolo non secondario durante tutto il periodo califfale.[2]

Al-Anbar fu sede di una diocesi della Chiesa d'Oriente attestata dal V al XII secolo.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ G. W. Bowersock, Julian the Apostate, Harvard University Press, 1978, p. 112.
  2. ^ a b Peters 1911.
  3. ^ Bernard Lewis, Ḥadīt̲a [collegamento interrotto], in Hertzfeld, E. (a cura di), Encyclopaedia of Islam2, E. J. Brill, 1986, ISBN 978-90-04-08118-5. URL consultato il 12 ottobre 2012.
  4. ^ Dal clan dei B. Hāshim al quale apparteneva il profeta Maometto.
  5. ^ Jean-Maurice Fiey, Pour un Oriens Christianus novus; répertoire des diocèses Syriaques orientaux et occidentaux], Beirut 1993, p. 51.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • John Punnett Peters, (1911), «Anbar», in: Hugh Chisholm (ed.), Encyclopædia Britannica (11ª ed.), Cambridge University Press

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]