Scala pitagorica

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Intervallo Rapporto
Unisono 1:1
Seconda maggiore 9:8
Terza maggiore 81:64
Quarta giusta 4:3
Quinta giusta 3:2
Sesta maggiore 27:16
Settima maggiore 243:128
Ottava 2:1

La scala pitagorica (a volte impropriamente detta temperamento pitagorico) è il sistema musicale usato nella musica antica per la costruzione della scala.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Ancorché, secondo alcuni studiosi, essa fosse conosciuta ed utilizzata in Mesopotamia fin dal IV millennio a.C.[1], nella tradizione occidentale è attribuita dai trattatisti europei medievali a Pitagora; fu utilizzata nell'antichità in Grecia[2] e nell'Oriente: in Cina e poi in Giappone.[3]

Il sistema pitagorico fu adottato nella musica occidentale medievale: esso soddisfaceva le esigenze della composizione monodica e della polifonia medievale, in cui gli accordi conclusivi contenevano solo ottave e quinte. Nel corso del XV secolo si affermò un uso sempre più frequente degli intervalli armonici di terza e sesta[4], che nella scala pitagorica risultano poco consonanti. Tuttavia nella scala pitagorica cromatica (di dodici suoni, con l'aggiunta delle note alterate Do♯, Mi♭, Fa♯, Sol♯ oppure La♭, Si♭) si può ascoltare una terza maggiore quasi perfettamente consonante fra le note Fa♯ e Si♭ (in effetti si tratta di una quarta diminuita e non di una terza maggiore). Si può congetturare che gli strumentisti iniziassero quindi a modificare empiricamente l'accordatura dei loro strumenti, alterando gli intervalli di quinta, per ottenere la stessa consonanza fra i veri intervalli di terza maggiore. Nel XVI secolo il teorico Gioseffo Zarlino nel suo Le istitutioni harmoniche (1558) propose di utilizzare gli intervalli consonanti della scala naturale, ossia — oltre alle quinte e quarte pitagoriche — le terze maggiori rappresentate dal rapporto 5/4 e quelle minori rappresentate dal rapporto 6/5. Il primo dei due intervalli compariva già nel temperamento mesotonico, che nel XVI secolo soppiantò la scala pitagorica come metodo di accordatura degli strumenti.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Si fonda sulla progressione degli intervalli di quinta con trasposizione dei suoni acuti all'ottava di partenza. Per esempio cominciando dal Do2 si costruisce la progressione delle quinte (Sol2, Re3, La3, Mi4, Si4) e si dividono per un'ottava le note che si trovano ad ottave superiori a quella di partenza (Re3 diventa Re2, La3 diventa La2 e così via). Per ottenere il Fa si scende invece di una quinta (Fa1) e si sale di un'ottava in modo da ricondursi all'ottava di partenza (Fa1 diventa Fa2).

La seguente tabella mostra un esempio di scala maggiore pitagorica
(intervalli espressi in cent)

Grado
della scala
Scala
pitagorica
Interv. Nome
interv.
I 0 - -
II 204 204 Tono
III 408 204 Tono
IV 498 90 Semitono
V 702 204 Tono
VI 906 204 Tono
VII 1110 204 Tono
VIII 1200 90 Semitono

La scala musicale costruita secondo lo schema pitagorico è quindi basata con rigore matematico sull'intervallo di quinta (rappresentato dal rapporto 3/2) e di ottava (rapporto 2/1). Le due principali conseguenze di ciò sono:

  • uniformità: vi sono solo due tipi di intervallo fra note consecutive: il tono (sintetizzato dal rapporto 9/8) e il semitono, detto limma (rapporto 256/243);
  • consonanza degli intervalli di ottava e quinta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ West, M.L., "The Babylonian Musical Notation and the Hurrian Melodic Texts", Music & Letters, Vol. 75, no. 2., May, 1994, pages 161-179
  2. ^ Curt Sachs, The Rise of Music in the Ancient World - East and West, W.W. Norton &Co., (New York 1943)
  3. ^ Ma Hiao-tsiun (La musique chinoise) e Armand Hauchecorne (Musique japonaise), in: Histoire de la Musique - Encyclopédie de la Pléiade, Vol. 1, Gallimard (Parigi 1960)
  4. ^ L'opinione prevalente fra gli studiosi è che l'uso sistematico di terze e seste come intervalli consonanti fu introdotto dai polifonisti inglesi, e si diffuse nel continente europeo a seguito del Concilio di Costanza, cfr. Davide Daolmi, Storia della musica - Dalle origini al Seicento, Firenze, Le Monnier Università, 2019. p. 177

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