Discussione:Scala pitagorica

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Ho modificato questa voce in accordo con quanto scritto nella voce Temperamento (musica), ma sono dell'idea che si debba scrivere "scala pitagorica" e non "temperamento pitagorico", che è una contraddizione in termini.--Guido Magnano 14:14, 17 nov 2006 (CET)[rispondi]

Così può andare?
Altra cosa, non converrebbe unire le due tabelle con i vari intervalli? --L'uomo in ammollo 15:28, 17 nov 2006 (CET)[rispondi]

Unire le due tabelle: forse sì, però bisogna chiaramente distinguere gli intervalli che intercorrono fra gradi consecutivi da quelli relativi alla nota di base della scala: se si giustappongono semplicemente le due tabelle si genera confusione. Provo a fare qualche esperimento, poi vediamo. Per intanto aggiungo un link esterno che mi sembra significativo (anche se personalmente l'idea che l'accordatura pitagorica possa essere bene approssimata dal temperamento equabile nella pratica esecutiva della musica medioevale, come sembra sostenere Margo Schulter, mi lascia perplesso). --Guido Magnano 16:53, 17 nov 2006 (CET)[rispondi]

rapporto con altri "temperamenti"[modifica wikitesto]

Ho annullato una modifica che sostituiva "temperamento naturale" a "temperamento mesotonico" come accordatura che avrebbe soppiantato quella pitagorica nel Rinascimento. In realtà non esiste un "temperamento naturale": un "temperamento" è, per definizione, un sistema pratico di accordatura basato sull'alterazione ("temperamento", appunto) di alcuni intervalli (quelli di quinta e di quarta, tipicamente). Ora, la scala naturale di Zarlino non è un sistema di accordatura: sarebbe semplicemente impossibile utilizzarlo come tale, a meno di non estenderlo a una scala di molte più note, come fu proposto da Nicola Vicentino e altri (ma senza gran seguito pratico). L'accordatura mesotonica, descritta da Salinas e dallo stesso Zarlino, è invece un temperamento che è stato sicuramente utilizzato nell'accordatura degli strumenti a tastiera (particolarmente degli organi) a partire dal Rinascimento (e, in alcune aree, fino a metà del XIX secolo). In questo senso è ragionevole affermare che esso abbia "soppiantato" l'accordatura pitagorica. --Guido (msg) 22:26, 17 set 2009 (CEST)[rispondi]

Spostamento titolo[modifica wikitesto]

Ho intenzione di spostare la pagina da "Scala pitagorica" a "Intonazione pitagorica", per il medesimo motivo per cui ho spostato in passato "Scala naturale" a "Intonazione naturale", cioè perché l'argomento non è necessariamente ristretto alla sola scala diatonica. Inoltre, generalmente il termine "scala" indica una successione di suoni inframmezzati da determinati intervalli teorici (seconde maggiori, minori, ecc.), che prescindono dall'intonazione dello strumento. Infine, il titolo sarà così uniformato a quello della pagina trattante l'intonazione naturale. --K92 (msg) 15:16, 13 giu 2010 (CEST)[rispondi]

Scusa, prima di farlo spiega un po' meglio la distinzione che hai in mente fra "scala" e "intonazione": io non l'ho capita. Una "scala", per l'appunto, non è necessariamente diatonica, quindi l'osservazione «l'argomento non è necessariamente ristretto alla sola scala diatonica» mi pare poco centrata. Quella pitagorica è chiaramente definita come "scala" (o "gamma") già dai trattatisti medievali. "Intonazione", per contro, ha un significato ambiguo: non riguarda necessariamente solo la definizione degli intervalli. Ad esempio gli organari distinguono fra "intonazione" (le operazioni che si fanno su ciascuna canna d'organo per ottenere il corretto effetto timbrico, il giusto transitorio d'attacco, ecc.) e "accordatura" (regolare la canna in modo da ottenere la corretta frequenza). Cos'è che intendi tu per "intonazione dello strumento"? Nel complesso, a me sembra inequivocabile cosa si intenda per "accordatura pitagorica" (non "temperamento pitagorico", per le ragioni già dette qui sopra), ma non comprendo il significato di "intonazione pitagorica", se non come sinonimo di quella. La questione dell'intonazione naturale è completamente diversa, perché in quel caso non si tratta di costruire una scala, ma di eseguire musica (con la voce, con strumenti non a intonazione fissa, o infine con strumenti a intonazione fissa accordati opportunamente ed eventualmente con più di dodici note per ottava) in modo che gli intervalli eseguiti siano sempre (o quanto più spesso possibile) quelli naturali: cosa che con una "scala" di sette o dodici note è impossibile. --Guido (msg) 17:32, 13 giu 2010 (CEST)[rispondi]
Per l'appunto: intendo "intonazione pitagorica" come "accordatura pitagorica". La distinzione tra scala e intonazione è la seguente: in generale, si parla di scala, almeno nella musica occidentale, come successione di suoni intervallati da delle distanze teoriche (gli intervalli: le seconde, le terze, ecc., che sono tali a prescindere dal metodo di accordatura adottato dallo strumento particolare: una quinta è sempre una quinta, che sia pitagorica, equabile o mesotonica); una scala maggiore, ad esempio rimane una scala maggiore che sia suonata nel temperamento equabile, nell'intonazione naturale o in quella pitagorica. L'intonazione invece è il metodo di accordatura dello strumento, che definisce gli intervalli che in pratica realmente sussistono tra le note di un intervallo (per esempio, una seconda maggiore vale 200 cents nel t.equabile, 204 nell'int. naturale e così via; cambia il metodo di intonazione, o accordatura).
Ora, se parliamo di scala, normalmente ci riferiamo, ad esempio, alla scala maggiore, alla scala minore armonica, alla scala pentatonica ecc.; la "scala pitagorica" è in realtà una semplice scala maggiore: non è il tipo di scala a caratterizzarla, ma l'accordatura o intonazione che le si dà.
In realtà, il discorso dell'intonazione naturale non è dissimile da quello dell'intonazione pitagorica. Tra parentesi, comunque uno strumento accordato "alla pitagorica", se si vuole che tutti gli intervalli siano "pitagorici" (analogalmente a come tu prima hai citato quelli "naturali"), è costretto o a sacrificare alcune note alterate o ad aggiungere dei tasti ai dodici usuali della tastiera (a causa della non identità tra semitono diatonico e cromatico). Ad ogni modo "intonare alla pitagorica" non significa costruire la sola scala maggiore diatonica, ma anche l'intera gamma delle alterazioni. Quindi l'articolo non va necessariamente ristretto al solo ambito della scala (anche se, di fatto, l'articolo allo stato attuale parla solo ed esclusivamente della scala diatonica, ma può essere ampliato). Ripeto, con "intonazione pitagorica" intendo quella che tu chiami, similmente, "accordatura pitagorica".
Ho trovato comunque in alcuni siti la dicitura "intonazione pitagorica" (ad esempio [1]), e in altri "accordatura pitagorica".--K92 (msg) 20:51, 13 giu 2010 (CEST)[rispondi]
Ah, adesso capisco meglio cosa intendi. Dunque, restringiamo il discorso all'alternativa "scala" o "accordatura". "Intonazione" significa un'altra cosa, e "intonazione naturale" (o, come molti discono, "intonazione giusta") è un obiettivo che si persegue con vari accorgimenti, non corrisponde semplicemente a una determinata accordatura; la "scala naturale" (quella di Zarlino), a sua volta, non è un'accordatura, e la voce intonazione naturale è piuttosto imprecisa su questo punto. Ma torniamo alla scala/accordatura pitagorica Tu dici: il termine "scala" si applica alla scala maggiore o minore, alla scala diatonica o cromatica ecc. indipendentemente dall'accordatura. Beh, questo è l'uso proprio della musica occidentale dal XVIII secolo in avanti, e ancora oggi in realtà sarebbe più corretto parlare di "modo maggiore" e "modo minore", non di "scala maggiore" o di "scala minore" (di sicuro, poi, la frase "la scala pitagorica è una semplice scala maggiore" comporta un fraintendimento dei due concetti, di "modo" e di "scala": all'epoca in cui si usava la scala pitagorica i modi erano otto, non due, e la scala era una sola). Prima del XVII secolo, poi, si usava il termine "tono", non "modo". Per contro, nel medioevo la scala pitagorica era la scala musicale, non ce n'era un'altra: quelle erano le definizioni di tono, semitono e di tutti gli altri intervalli, e fino all'avvento dei temperamenti (non prima del XVI secolo) non esisteva un concetto "astratto" di intervallo che non fosse quello pitagorico. Tutto questo per dire che non c'è affatto univocità di definizioni. Siccome però qui non dobbiamo inventarci noi le convenzioni, allora andiamo a guardare le definizioni che si trovano sulle enciclopedie cartacee. Sulla Garzantina (solo perché è l'unica in italiano che ho sottomano) alla voce "Intonazione" leggo, ad esempio, "emissione di un suono in ordine alla sua altezza. L'i. è giusta, se il suono emesso è quello voluto; falsa, ossia stonata quando il suono emesso (...)" Poi ci sono altri due significati alternativi, che riguardano le forme di questo nome nel canto liturgico e nella musica prganistica. Non si presenta questo termine con il significato di "accordatura". Alla voce "accordatura", la definizione si riferisce (1) alla scelta delle note a cui sono accordate le corde di uno strumento (ad esempio, l'accordatura per quinte del violino, quella per quarte della chitarra, ecc.) oppure (2) all'operazione che realizza la giusta intonazione delle corde (senza però portare come esempio alcun tipo specifico di accordatura). Infine, alla voce "scala" si legge "organizzazione per altezze di un dato numero di suoni che dividono in altrettate parti l'intervallo di ottava. Ogni sistema musicale ha una sua scala, le cui graduazioni variano da un caso all'altro, sia per numero di intervalli, sia per ampiezza dei medesimi." Segue una trattazione abbastanza ampia e divisa in sezioni: il titolo della prima sezione è "La scala pitagorica e quella zarliniana". Ora, tu hai sottomano un testo (non "siti") in cui sia invece formulata una distinzione fra "scala" e "accordatura" nel senso che hai proposto sopra? Dobbiamo confrontare le fonti, non le nostre opinioni. E comunque le fonti devono essere esaminate criticamente, perché alcune sono scorrette: ad esempio moltissimi paroano di "temperamento pitagorico", che è scorretto semplicemente perché è una contraddizione in termini. --Guido (msg) 10:41, 14 giu 2010 (CEST)[rispondi]
Attualmente ho molto lavoro da fare nella vita reale, comunque ho fatto una brevissima ricerca anche The Harvard dictionary of music usa Pythagorean scale e non altre forme (come en.wiki invece dice Pythagorean tuning), e google suggerisce un libro il cui titolo calza a questa discussione, Tuning, timbre, spectrum, scale Di William A. Sethares, che usa Pythagorean scale. Io quindi manterrei scala.--Nickanc Fai bene a dubitare 11:41, 14 giu 2010 (CEST)[rispondi]
Io ho a casa l'enciclopedia Motta; alla voce "Intonazione" dice più o meno le stesse cose che dice la tua, Guido, ma alla fine aggiunge (cito testualmente): Come sinonimo di accoratura, i. può anche fare riferimento alla scala rispetto alla quale è intonato uno strumento o al suono sul quale si accordano gli strumenti di un'orchestra (v. accordare). Allora ho provato a vedere "Accordare", e sempre verso la fine dice Col termine "accordatura" si indica sia l'atto di a., sia il sistema degli intervalli fissi tra le corde (per esempio il violino ha l'accordatura per quinte giuste). Poi in piccolo mi scrive: vedi anche "Temperamento", e ho controllato (conformenmente alla dizione usuale, lo indica come schema di accordatura pratico per limitare il numero di note interne all'ottava, quindi giustamente il termine non può essere applicato all'accordatura pitagorica). In più ho controllato la voce "Scala", e in effetti cita la "scala pitagorica" e la "scala zarliniana" (che è poi quella naturale). Le nostre fonti quindi sono tutto sommato concordi. In effetti la dicitura "scala pitagorica" è comune; ma quando si parla dell'accordatura pitagorica, come usata diciamo nel corso del medioevo e quindi con qualche alterazione, si può usare ancora la dicitura "scala"? Cosa ne pensi? --K92 (msg) 12:35, 14 giu 2010 (CEST)[rispondi]
(rientro) Uhm, problema interessante. Su cosa sia la scala pitagorica non c'è dubbio - tra l'altro è descritta da Platone nel Timeo, solo che non ne parla a proposito della musica ma la presenta come le proporzioni dell'"anima dell'universo" (bisogna proprio che vada a ritrovare il link giusto e lo aggiunga nella voce) - invece l'accordatura pitagorica è un concetto più sfuggente. Infatti è ovvio che oggi uno si chieda come si accordi "pitagoricamente" uno strumento cromatico. Il primo passo, però, è chiedersi se il problema si poneva all'epoca, dato che stiamo parlando di strumenti musicali fino al XV secolo: davvero era necessario accordare le note false (all'epoca si chiamavano così)? Gli strumenti a corde come salterio, arpe ecc. erano diatonici; al limite si poteva decidere di sostituire il B con il Bb per ragioni di trasposizione. Gli strumenti ad arco non avevano i tasti, quindi non erano a intonazione fissa. Gli strumenti a fiato, fino a metà del XIX secolo, erano tutti diatonici (le note alterate si fanno, ma con diteggiature alternative che possono cambiare a seconda dell'intonazione che si vuole ottenere). Direi che l'unico strumento per cui realmente il problema potrebbe porsi è l'organo (ci sarebbe anche il clavicembalo, ma il discorso è lo stesso e per il clavicembalo le evidenze iconografiche prima del XVI secolo sono rarissime, in confronto all'organo). Se uno guarda le immagini nelle voci organo portativo e organo positivo si rende conto che non è affatto banale capire quanti tasti ci fossero per ottava negli strumenti rappresentati. Diciamo che, sulla base di questa, è provato che intorno al 1430 le tastiere potevano avere tutti i "tasti neri": quindi il problema di capire come accordavano le note alterate esiste. Da qui in avanti, però, non saprei citare fonti del tutto sicure. Il lavoro di Margo Schulter linkato nella voce sembra dare per scontato che l'accordatura segua il ciclo Eb-Bb-F-C-G-D-A-E-B-F#-C#-G#, sottointendendo con questo che Eb debba essere accordato alla quinta giusta di Bb, e così via. Di certo, quelle sono le alterazioni che effettivamente compaiono nei manoscritti del XV secolo; che il Bb debba essere per forza una quinta giusta sotto il F non c'è alcun dubbio (ma il Bb ha un uso peculiare rispetto alle altre alterazioni: più che una "nota falsa", è una nota diatonica dell'esacordo molle), e anche su Eb ho pochi dubbi. Per quanto riguarda invece le tre note che erano alterate per servire da "sensibili", penso che ci siano anche altre soluzioni possibili, che potrebbero essere state prese occasionalmente in considerazione a partire dal 1430-40 (precisamente, gli anni in cui la formula di "cadenza perfetta" è diventata prevalente rispetto alla "cadenza con doppia sensibile" che era prevalente in precedenza), anche prima che si pensasse di "temperare" le quinte nel ciclo di accordatura. Tuttavia, quest'idea mi viene non da fonti d'epoca ma da un'esperienza decennale di esecuzione di musica del XV secolo con voci e strumenti (e io per l'appunto suono l'organo positivo...). Forse di questo dice qualcosa Henry Arnaut de Zwolle, ma confesso che non l'ho letto: da quanto si legge qui, nel contesto pratico (accordatura dell'organo) descrive senza dubbio l'accordatura pitagorica, ma in un'altra pagina apparentemente introduce - a livello teorico (divisione del monocordo) - anche gli intevalli di terza maggiore e minore giuste (più di un secolo prima di Zarlino!!!). Un problema aggiuntivo è che molti studiosi che oggi si occupano temperamenti danno l'impressione di seguire un approccio puramente teorico, senza averci provato più di tanto. Da parte sua Margo Schulter, nel saggio citato sopra, arriva alla fine a concludere che per le esecuzioni moderne della polifonia "gotica" si può anche usare il temperamento equabile: io non sono tanto d'accordo (nel senso che non vedo proprio perché non usare la scala pitagorica), ma comunque questo mostra che lo studio delle fonti risolve fino a un certo punto. Conclusione di tutto questo; secondo me la voce dovrebbe rimanere intitolata scala pitagorica, ci dovrebbe essere accordatura pitagorica come redirect di questa, e sempre nella voce si potrebbe mettere qualcosa di più sulla questione dell'accordatura - ma senza ricerche originali - in una sezione apposita. --Guido (msg) 18:32, 14 giu 2010 (CEST)[rispondi]
La tua argomentazione è corretta e certo io non ho la tua stessa esperienza in proposito. Mi hai infine convinto che la dicitura "scala pitagorica" sia più che conforme alle esigenze, senza dover scomodare "intonazione" o "accordatura". Inoltre devo dire che nelle discussioni (ne avevamo fatta una anche a proposito dell'intonazione naturale) dici sempre un sacco di cose interessanti: potresti cercare di integrarle nelle voci! Ti assicuro che "parlando" con te ho scoperto un sacco di cose e ne ho capite molte altre. Grazie... Comunque questa discussione andava fatta, giusto per chiarire una volta per tutte quale fosse il titolo più adatto (tra l'uso improprio del termine "temperamento" eccetera non se ne capiva più nulla)... Creerò i redirect verso "Scala pitagorica" di "Accordatura pitagorica" e "Intonazione pitagorica" (quest'ultimo lo metto giusto nel caso in cui qualcuno inserisse nella casella di ricerca quella dicitura: almeno si ritroverebbe alla voce corretta...); se casomai in futuro si vorrà parlare di un'eventuale accordatura pitagorica, si potrà farlo scrivendo quella voce specifica e lasciando comunque quella generale di "Scala pitagorica", oppure inserire una sezione in quest'ultima... Si vedrà. Se hai qualcos'altro da aggiungere, scrivi pure. --K92 (msg) 01:48, 15 giu 2010 (CEST)[rispondi]