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[[File:Mussolini DOW 10 June 1940.jpg|300px|miniatura|destra|Benito Mussolini durante il discorso sulla dichiarazione di guerra a Francia ed Inghilterra]]
{{Carica pubblica
La '''dichiarazione di guerra dell'Italia a Gran Bretagna e Francia''' fu l'insieme degli atti ufficiali, formali e diplomatici con cui Lo stato italiano sancì l'entrata in guerra durante il secondo conflitto mondiale.
|nome = Verenin Grazia
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A questi, segui l'annuncio pubblico, dato da [[Benito Mussolini|Mussolini]], nel tardo pomeriggio di lunedì 10 giugno 1940 dal balcone di [[Palazzo Venezia]] a [[Roma]]<ref name="Fiori">{{cita news|autore=Simonetta Fiori|titolo=Mussolini e il 10 giugno del 1940: il discorso che cambiò la storia d'Italia|pubblicazione=Repubblica|data=2014-06-10|url=http://www.repubblica.it/cultura/2014/06/10/news/mussolini-88555416/}}</ref>.
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==Contesto storico==
|prefisso onorifico =
Di fronte agli straordinari, rapidi ed inaspettati successi della Germania nazista tra l'aprile e il maggio del 1940, Mussolini credeva che la guerra volgesse ormai al termine e che il suo esito fosse oramai deciso. Affinché l'Italia non restasse esclusa da quello che lui definiva il "''tavolo della pace''" e pensando di poter approfittare dei successi tedeschi per ottenere immediati vantaggi territoriali, il 10 giugno annunciò in un discorso a piazza Venezia in Roma l'avvenuta consegna della dichiarazione di guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna, dando nel contempo ordine ai comandi di mantenere un contegno difensivo verso la Francia. Di fronte al parere contrario dei propri collaboratori ([[Pietro Badoglio]], [[Dino Grandi]], [[Galeazzo Ciano]] ed [[Enrico Caviglia]]), Mussolini rispose che gli serviva "''qualche migliaio di morti per sedersi al tavolo delle trattative''"<ref>{{cita news|titolo=Benito Mussolini e il 10 giugno 1940: il discorso che cambiò la storia dell'Italia|data=2014-06-10|sito=Lettera43|url=http://www.lettera43.it/cronaca/benito-mussolini-e-il-10-giugno-1940-il-discorso-che-cambio-la-storia-dell-italia_43675131749.htm}}</ref>.


La dichiarazione di guerra era già attesa all'estero da diversi giorni, tanto che l'agenzia di stampa [[Reuters]] l'aveva pre-annunciata già dal 6 giugno, ma la data fu decisa e posticipata a seguito di un lungo carteggio fra Hitler e Mussolini<ref>{{Cita libro|autore=Benito Mussolini|titolo=Lettere cifrate a Adolf Hitler|anno=30 Maggio 1940, 1 Giugno 1940|editore=http://www.larchivio.org/xoom/dichiarazioneguerra.htm|città=|p=|pp=|citazione='''PRIMA LETTERA''' “Fuhrer, Ancora una volta Vi ringrazio cordialmente per il messaggio che mi avete mandato e nel quale ho trovato assai interessanti le notizie concernenti il valore dei soldati dei diversi eserciti. Nel frattempo mi è giunta notizia della capitolazione del Belgio e Vi mando le mie felicitazioni. Ho tardato qualche giorno a risponderVi perché volevo darVi l’annunzio della mia decisione di entrare in guerra dal prossimo 5 giugno. Se Voi riterrete che per una migliore sincronia coi Vostri piani io debba ritardare ancora qualche giorno, me lo direte; ma oramai il popolo italiano è impaziente di schierarsi al fianco del popolo germanico nella lotta contro i nemici comuni. Durante questi nove mesi lo sforzo compiuto nella preparazione militare è stato veramente considerevole. Oggi sono in stato di buona efficienza circa 70 divisioni, delle quali 12 stazionanti oltre mare (Libia, 220 mila uomini; Albania 100 mila). L’Africa Orientale Italiana dispone di 350 mila uomini fra italiani ed indigeni che non entrano in questo conto. Come gia’ Vi ho detto Marina ed Aviazione sono già sul piede di guerra. Il Comando di tutte le forze armate sarà assunto da me. Avendone i mezzi potrei formare altre 70 divisioni, perché non sono gli uomini che mancano in Italia. Dal punto di vista politico ritengo necessario non estendere il conflitto al bacino danubiano e balcanico, dal quale anche l’Italia deve trarre quei rifornimenti che non le verranno più da oltre Gibilterra. Considero che una dichiarazione in tal senso, che faro’ al momento opportuno, avrebbe un effetto calmante presso quei popoli e li renderebbe del tutto refrattari ad eventuali tentativi degli alleati. Ciò stabilito i nostri Stati Maggiori prenderanno le misure necessarie per quanto riguarda lo sviluppo delle operazioni. Nell’attesa di una Vostra risposta, accogliete, Fuhrer, le espressioni della mia cameratesca amicizia”. <br/>'''SECONDA LETTERA''' "Führer, Vi ringrazio cordialmente del messaggio che mi avete mandato in risposta al mio consegnatoVi dall’Ambasciatore Alfieri. La vittoriosa conclusione della gigantesca battaglia delle Fiandre ha sollevato, insieme al mio, l’entusiasmo di tutto il popolo italiano. Circa la data intervento Italia mi rendo perfettamente conto sulla opportunità di procrastinarla onde permettere alla Vostra aviazione di identificare e distruggere le forze aeree francesi. Questo breve ritardo permette anche a me di perfezionare la mia preparazione in tutti i settori metropolitani e di oltre mare. Mio programma è il seguente: lunedì 10 giugno dichiarazione di guerra e discorso al popolo italiano e al giorno 11 mattino inizio ostilità. Quanto al nostro incontro Vi ringrazio di averlo prospettato ma ritengo più opportuno che avvenga dopo l’entrata in guerra dell’Italia. Nel discorso che pronuncerò poche ore dopo la dichiarazione di guerra, dirò che l’Italia conformemente alla sua politica non intende allargare l’area della guerra e citerò i paesi danubiano-balcanici compresa la Grecia e la Turchia. Ora Vi esprimo il mio desiderio di vedere almeno una rappresentanza dell’esercito italiano combattere insieme coi Vostri soldati per suggellare sul campo la fraternità delle armi e il cameratismo delle nostre Rivoluzioni. Se Voi accettate questa mia offerta Vi manderò subito alcuni reggimenti di bersaglieri che sono soldati valorosi e resistenti. Vi mando il mio più cordiale saluto insieme con l’augurio più fervido per i futuri successi delle Vostre forze armate."|ISBN=}}</ref> in cui Hitler consigliava di attendere per non costringere l'esercito tedesco a modificare i piani circa la guerra in Francia; inoltre per ragioni esoteriche di cattivo auspicio consigliava una data successiva al "venerdì" 7 giugno <ref>{{Cita web|url=http://www.larchivio.org/xoom/dichiarazioneguerra.htm|titolo=L'Archivio "storia - history"|cognome=Enzo Antonio Cicchino, scrittore, storico, autore di "La Grande Storia" Prod. Rai|sito=www.larchivio.org|accesso=2016-09-06}}</ref>
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Alle 16:30 del 10 giugno il conte [[Galeazzo Ciano]], all'epoca ministro degli esteri, chiamò l'ambasciatore francese [[André François-Poncet]]<ref>{{cita libro|autore=[[André François-Poncet]]|curatore=Maurizio Serra|titolo=A palazzo Farnese. Memorie di un ambasciatore a Roma (1938-1940)|anno=2009|editore=Le Lettere|edizione=Biblioteca di Nuova Storia Contemporanea|pp=146}}</ref> e quello inglese [[Percy Loraine]] a [[Palazzo Chigi]], ai quali consegnò la dichiarazione di guerra ufficiale<ref name=Fiori/>, che così recitava:
{{citazione|Sua Maestà il Re e Imperatore dichiara che l'Italia si con­sidera in stato di guerra con la Francia <nowiki>[con la Gran Bretagna - n.d.r.]</nowiki> a partire da domani 11 giugno.}}
In risposta al conte Ciano, il quale aveva preannunciato: «Probabilmente avete già compreso le ragioni della mia chiamata.», l'ambasciatore francese rispose: «Benché io sia poco intelligente, questa volta ho capito.» e, dopo aver ascoltato la lettura della dichiarazione, aggiunse: «È un colpo di pugnale ad un uomo in terra<ref>secondo le memorie di Francois-Poncet le parole esatte sarebbero state: «E così, avete aspettato di vederci in ginocchio, per accoltellarci alle spalle. Se fossi in voi non ne sarei affatto orgoglioso.» e Ciano avrebbe risposto, arrossendo: «Mio caro Pocet, tutto questo durerà ''l'espace du un matin''. Ben presto ci ritroveremo tutti davanti a un tavolo verde.» {{cita news|autore=Francesco Perfetti|titolo=Niente pugnale alla schiena|pubblicazione=Il Tempo|data=2009-06-10|url=http://www.iltempo.it/cultura-spettacoli/2012/12/13/niente-pugnale-alla-schiena-1.222559}}</ref>. Vi ringrazio comunque di usare un guanto di velluto», precisando che non vedeva in Ciano un nemico, né poteva considerare tale alcun italiano e concludendo che «I tedeschi sono padroni duri, ve ne accorgerete anche voi. Cercate di non farvi ammazzare.» Il diplomatico britannico, Sir Percy Loraine, invece ascoltò con calma ed in silenzio la dichiarazione "senza battere ciglio" e, dopo aver chiesto conferma dell'ufficialità della dichiarazione, si congedò dal conte Ciano con una cordiale stretta di mano<ref>{{cita libro|autore=Galeazzo Ciano|titolo=10 giugno 1940|opera=Diario 1937-1943: Edizione integrale|curatore=Stefano Poma|editore=L'Universale|anno=2015|isbn=605037998X|url=https://books.google.it/books?id=hItoCQAAQBAJ&pg=PT538&lpg=PT538&dq=Probabilmente+avete+gi%C3%A0+compreso+le+ragioni+della+mia+chiamata&source=bl&ots=e6fEaA7RrB&sig=qcRo_aCPX_rs3c0-M-hCNjMyOYM&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjaqPWm8frOAhVDvBQKHYJmBuUQ6AEIHDAA#v=onepage&q=Probabilmente%20avete%20gi%C3%A0%20compreso%20le%20ragioni%20della%20mia%20chiamata&f=false}}</ref>.


==Il discorso==
[[File:Dichiarazione di guerra a Piazza Venezia (10 giugno 1940).jpg|300px|miniatura|destra|Una "folla oceanica" assiste al discorso di Mussolini in piazza Venezia a Roma il 10 giugno 1940]]Mussolini pronunciò il discorso alle ore 18:00, indossando l'uniforme da primo caporale d'onore della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|milizia fascista]], di fronte a una straripante folla entusiasta radunatasi in Piazza Venezia (al tempo retoricamente chiamate "folle oceaniche"). Il discorso venne minuziosamente preparato, studiando le pause oltre che la postura e la mimica (viene riportato che Mussolini utilizzò uno specchio nelle prove del discorso).


Il discorso di Mussolini venne trasmesso dall'[[EIAR]] anche nelle principali città italiane, tra cui Bari, Bologna, Firenze, Forlì, Genova, Milano, Napoli, Torino, Trieste e Venezia<ref name=Fiori/>, tramite altoparlanti appositamente allestiti già nel pomeriggio<ref>{{cita web|autore=Luciano Di Pietrantonio|titolo=10 giugno 1940: l’Italia dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna|sito=abitarearoma.net|data=9 giugno 2013|url=http://www.abitarearoma.net/10-giugno-1940-litalia-dichiara-guerra-a-francia-e-gran-bretagna/#.V856RTVffcs}}</ref>.


Di seguito si riporta il testo integrale:
{{citazione|Combattenti di terra, di mare, dell'aria.


Camicie nere della rivoluzione e delle legioni.


Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del Regno d'Albania.


Ascoltate!


Un'ora, segnata dal destino, batte nel cielo della nostra patria.


L'ora delle decisioni irrevocabili.


La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.


Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano.


Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste parole: frasi, promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cinquantadue Stati.


La nostra coscienza è assolutamente tranquilla.
|suffisso onorifico =
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|titolo di studio =
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|firma =
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{{Membro delle istituzioni italiane
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{{Membro delle istituzioni italiane
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{{Bio
|Nome = Verenin
|Cognome = Grazia
|Sesso = M
|LuogoNascita = Rimini
|GiornoMeseNascita = 2 giugno
|AnnoNascita = 1898
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte = 31 maggio
|AnnoMorte = 1972
|Attività = sindacalista
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|Attività2 = politico
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|PostNazionalità =
}}


Con voi il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa; ma tutto fu vano.
Verenin Grazia, soprannominato «Montini», nato da Vittorio e Rosa Guidi, anarchico in gioventù, aderì in seguito al PSI.


Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni e non considerarli intangibili per l'eternità; bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che le hanno accettate.
Alla vigilia della prima guerra mondiale fu attivista a Rimini del sindacato anarchico aderente all'USI. Per qualche tempo fu anche funzionario del sindacato anarchico a Milano. Alla fine della prima guerra mondiale a Rimini ricoprì numerosi incarichi nel movimento cooperativo romagnolo. Fu direttore del Consorzio cooperative agricole e di consumo di Rimini. Nello stesso periodo di tempo fece parte della segreteria nazionale dell'USI e della redazione del settimanale regionale anarchico “Sorgiamo!”.
Nel 1922, quando il Consorzio cooperativo di Rimini fu sciolto dai fascisti, si trasferì Bologna. Lavorò per qualche tempo all'ufficio regionale del lavoro, poi espatriò in Francia a causa delle persecuzioni fasciste. Negli anni 30 aderì al PSI<ref>{{Cita web|url=http://www.storiaememoriadibologna.it/grazia-verenin-497167-persona|titolo=Grazia Verenin - Storia e Memoria di Bologna|cognome=D-sign.it|sito=www.storiaememoriadibologna.it|accesso=2016-05-17}}</ref>


Bastava non respingere la proposta che il Führer fece il 6 ottobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia.
Nei primi giorni dell'agosto 1943 partecipò alla riunione, presente [[Pietro Nenni]], per l'unificazione del PSI e del MUP e la conseguente nascita del PSUP, poi PSIUP.

Con l'inizio della Resistenza armata, fu designato a far parte del CLN provinciale.
Oramai tutto ciò appartiene al passato.
Organizzò una brigata partigiana sull'Appennino tosco-romagnolo e assunse la segreteria del CLN regionale dell'Emilia-Romagna, incarico che mantenne ininterrottamente sino alla Liberazione. Qui divenne il coordinatore delle numerose commissioni di lavoro (economica, giuridica, lavoro ecc.) costituite all'interno del massimo organismo politico della Resistenza<ref>{{Cita web|url=http://www.storiaememoriadibologna.it/comitato-di-liberazione-nazionale-emilia-romagna-c-131-organizzazione|titolo=Comitato di liberazione nazionale Emilia-Romagna, (CLNER). - Storia e Memoria di Bologna|cognome=D-sign.it|sito=www.storiaememoriadibologna.it|accesso=2016-05-17}}</ref>. Alla fine della guerra, deputato della Consulta Nazionale studiò e approntò il progetto di legge, cosiddetto del «maltolto», per restituire alla cooperazione i beni patrimoniali e immobiliari espropriati dal fascismo.

Fu anche eletto Parlamentare della Camera dei Deputati nella prima legislatura della Repubblica Italiana<ref>{{Cita web|url=http://storia.camera.it/deputato/verenin-grazia-18980602#nav|titolo=Verenin Grazia / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico|sito=storia.camera.it|accesso=2016-05-17}}</ref>.
Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gli è che l'onore, gli interessi, l'avvenire ferreamente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.

Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l'accesso all'Oceano.

Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione.

È la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l'oro della terra.

È la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto.

È la lotta tra due secoli e due idee.

Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostre spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l'Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con essa confinanti per mare o per terra: Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro, soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate.

Italiani!

In una memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che, secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. Questo abbiamo fatto con la Germania, col suo popolo, con le sue vittoriose Forze Armate.

In questa vigilia di un evento di una portata secolare, rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del re imperatore [la moltitudine prorompe in grandi acclamazioni all'indirizzo di Casa Savoia], che, come sempre, ha interpretato l'anima della patria. E salutiamo alla voce il Führer, il capo della grande Germania alleata.

L'Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai.

La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti.

Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere!

E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.

Popolo italiano!

Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!}}

==Reazioni e conseguenze==
A seguito della Dichiarazione di guerra, [[Adolf Hitler|Hitler]] inviò immediatamente due telegrammi di solidarietà, uno indirizzato a Mussolini, l'altro al Re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]]:<ref>{{Cita web|url=http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo10a.htm|titolo=Fascismo: documenti|sito=www.storiaxxisecolo.it|accesso=2016-09-06}}</ref><ref>Dato che gli errori di sintassi dei telegrammi sono riportati in modo identico dalle numerose fonti reperibili in rete, in mancanza di immagini originali d'epoca, si deve supporre che essi siano stati redatti già originalmente in italiano e gli errori non siano frutto di successiva cattiva traduzione ma di uso sbagliato della lingua italiana da parte degli uffici del Reich e qui fedelmente riportati conformemente alle fonti reperibili. Si auspica, qualora ancora esistenti, il reperimento e inserimento dei documenti originali.</ref>

{{citazione|'''Berlino, 10/6/40'''

'''Telegramma di Hitler al Re'''

La provvidenza ha voluto che noi fossimo costretti contro i nostri stessi propositi a difendere la libertà è l'avvenire dei nostri popoli in combattimento contro Inghilterra e Francia. In quest'ora storica nella quale i nostri eserciti si uniscono in fedele fratellanza d'armi, sento il bisogno d'inviare a Vostra Maestà i miei più cordiali saluti.

Io sono della ferma convinzione che la potente forza dell'ITALIA e della GERMANIA otterrà la vittoria sui nostri nemici.I diritti di vita dei nostri due popoli saranno quindi assicurati per tutti i tempi.}}

{{citazione|'''Berlino, 10/6/40'''
'''Telegramma di Hitler a Mussolini'''

Duce, la decisione storica che Voi avete oggi proclamato mi ha commosso profondamente.Tutto il popolo tedesco pensa in questo momento a Voi e al vostro Paese.Le forze armate germaniche gioiscono di poter essere in lotta al lato dei camerati italiani..

Nel settembre dellanno scorso i dirigenti britannici dichiararono al Reich la guerra senza un motivo.

Essi respinsero ogni offerta di un regolamento pacifico.Anche la Vostra proposta di mediazione si ebbe una risposta negativa.Il crescente sprezzo dei diritti nazionali dell'ITALIA da part dei dirigenti di Londra e di Parigi ha condotto noi,che siamo stati sempre legati nel modo più stretto attraverso le nostre Rivoluzioni e politicamente per mezzo dei trattati, a questa grande lotta per la libertà e per l'avvenire dei nostri popoli.}}


Ha pubblicato: Studio sulla Resistenza emiliana, in “La Squilla”, pubblicato a puntate dal n. 43 del 1955 al n. 37 del 1956; Bologna socialista nella lotta di liberazione, in «Almanacco socialista 1946», Milano, 1946; La liberazione di Bologna, in Storia dell’antifascismo italiano, a cura di L. Arbizzani e A. Caltabiano, Roma, Editori Riuniti, 1964, vol.II, pp.301-8.
==Note==
==Note==
{{references}}
<references/>

==Altri progetti==
{{interprogetto}}

==Collegamenti esterni==
*{{YouTube|autore=Istituto Luce|id=uiYICtn0r6k|titolo=Mussolini, Dichiarazione di guerra - 10 Giugno 1940|data=10 giugno 1940}}

{{portale|Fascismo|guerra|storia}}

[[Categoria:Discorsi]]
[[Categoria:Italia nella seconda guerra mondiale]

Versione delle 20:42, 7 set 2016

Benito Mussolini durante il discorso sulla dichiarazione di guerra a Francia ed Inghilterra

La dichiarazione di guerra dell'Italia a Gran Bretagna e Francia fu l'insieme degli atti ufficiali, formali e diplomatici con cui Lo stato italiano sancì l'entrata in guerra durante il secondo conflitto mondiale.

A questi, segui l'annuncio pubblico, dato da Mussolini, nel tardo pomeriggio di lunedì 10 giugno 1940 dal balcone di Palazzo Venezia a Roma[1].

Contesto storico

Di fronte agli straordinari, rapidi ed inaspettati successi della Germania nazista tra l'aprile e il maggio del 1940, Mussolini credeva che la guerra volgesse ormai al termine e che il suo esito fosse oramai deciso. Affinché l'Italia non restasse esclusa da quello che lui definiva il "tavolo della pace" e pensando di poter approfittare dei successi tedeschi per ottenere immediati vantaggi territoriali, il 10 giugno annunciò in un discorso a piazza Venezia in Roma l'avvenuta consegna della dichiarazione di guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna, dando nel contempo ordine ai comandi di mantenere un contegno difensivo verso la Francia. Di fronte al parere contrario dei propri collaboratori (Pietro Badoglio, Dino Grandi, Galeazzo Ciano ed Enrico Caviglia), Mussolini rispose che gli serviva "qualche migliaio di morti per sedersi al tavolo delle trattative"[2].

La dichiarazione di guerra era già attesa all'estero da diversi giorni, tanto che l'agenzia di stampa Reuters l'aveva pre-annunciata già dal 6 giugno, ma la data fu decisa e posticipata a seguito di un lungo carteggio fra Hitler e Mussolini[3] in cui Hitler consigliava di attendere per non costringere l'esercito tedesco a modificare i piani circa la guerra in Francia; inoltre per ragioni esoteriche di cattivo auspicio consigliava una data successiva al "venerdì" 7 giugno [4]

Alle 16:30 del 10 giugno il conte Galeazzo Ciano, all'epoca ministro degli esteri, chiamò l'ambasciatore francese André François-Poncet[5] e quello inglese Percy Loraine a Palazzo Chigi, ai quali consegnò la dichiarazione di guerra ufficiale[1], che così recitava:

«Sua Maestà il Re e Imperatore dichiara che l'Italia si con­sidera in stato di guerra con la Francia [con la Gran Bretagna - n.d.r.] a partire da domani 11 giugno.»

In risposta al conte Ciano, il quale aveva preannunciato: «Probabilmente avete già compreso le ragioni della mia chiamata.», l'ambasciatore francese rispose: «Benché io sia poco intelligente, questa volta ho capito.» e, dopo aver ascoltato la lettura della dichiarazione, aggiunse: «È un colpo di pugnale ad un uomo in terra[6]. Vi ringrazio comunque di usare un guanto di velluto», precisando che non vedeva in Ciano un nemico, né poteva considerare tale alcun italiano e concludendo che «I tedeschi sono padroni duri, ve ne accorgerete anche voi. Cercate di non farvi ammazzare.» Il diplomatico britannico, Sir Percy Loraine, invece ascoltò con calma ed in silenzio la dichiarazione "senza battere ciglio" e, dopo aver chiesto conferma dell'ufficialità della dichiarazione, si congedò dal conte Ciano con una cordiale stretta di mano[7].

Il discorso

Una "folla oceanica" assiste al discorso di Mussolini in piazza Venezia a Roma il 10 giugno 1940

Mussolini pronunciò il discorso alle ore 18:00, indossando l'uniforme da primo caporale d'onore della milizia fascista, di fronte a una straripante folla entusiasta radunatasi in Piazza Venezia (al tempo retoricamente chiamate "folle oceaniche"). Il discorso venne minuziosamente preparato, studiando le pause oltre che la postura e la mimica (viene riportato che Mussolini utilizzò uno specchio nelle prove del discorso).

Il discorso di Mussolini venne trasmesso dall'EIAR anche nelle principali città italiane, tra cui Bari, Bologna, Firenze, Forlì, Genova, Milano, Napoli, Torino, Trieste e Venezia[1], tramite altoparlanti appositamente allestiti già nel pomeriggio[8].

Di seguito si riporta il testo integrale:

«Combattenti di terra, di mare, dell'aria.

Camicie nere della rivoluzione e delle legioni.

Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del Regno d'Albania.

Ascoltate!

Un'ora, segnata dal destino, batte nel cielo della nostra patria.

L'ora delle decisioni irrevocabili.

La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.

Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano.

Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste parole: frasi, promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cinquantadue Stati.

La nostra coscienza è assolutamente tranquilla.

Con voi il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa; ma tutto fu vano.

Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni e non considerarli intangibili per l'eternità; bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che le hanno accettate.

Bastava non respingere la proposta che il Führer fece il 6 ottobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia.

Oramai tutto ciò appartiene al passato.

Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gli è che l'onore, gli interessi, l'avvenire ferreamente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.

Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l'accesso all'Oceano.

Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione.

È la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l'oro della terra.

È la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto.

È la lotta tra due secoli e due idee.

Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostre spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l'Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con essa confinanti per mare o per terra: Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro, soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate.

Italiani!

In una memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che, secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. Questo abbiamo fatto con la Germania, col suo popolo, con le sue vittoriose Forze Armate.

In questa vigilia di un evento di una portata secolare, rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del re imperatore [la moltitudine prorompe in grandi acclamazioni all'indirizzo di Casa Savoia], che, come sempre, ha interpretato l'anima della patria. E salutiamo alla voce il Führer, il capo della grande Germania alleata.

L'Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai.

La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti.

Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere!

E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.

Popolo italiano!

Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!»

Reazioni e conseguenze

A seguito della Dichiarazione di guerra, Hitler inviò immediatamente due telegrammi di solidarietà, uno indirizzato a Mussolini, l'altro al Re Vittorio Emanuele III:[9][10]

«Berlino, 10/6/40

Telegramma di Hitler al Re

La provvidenza ha voluto che noi fossimo costretti contro i nostri stessi propositi a difendere la libertà è l'avvenire dei nostri popoli in combattimento contro Inghilterra e Francia. In quest'ora storica nella quale i nostri eserciti si uniscono in fedele fratellanza d'armi, sento il bisogno d'inviare a Vostra Maestà i miei più cordiali saluti.

Io sono della ferma convinzione che la potente forza dell'ITALIA e della GERMANIA otterrà la vittoria sui nostri nemici.I diritti di vita dei nostri due popoli saranno quindi assicurati per tutti i tempi.»

«Berlino, 10/6/40 Telegramma di Hitler a Mussolini

Duce, la decisione storica che Voi avete oggi proclamato mi ha commosso profondamente.Tutto il popolo tedesco pensa in questo momento a Voi e al vostro Paese.Le forze armate germaniche gioiscono di poter essere in lotta al lato dei camerati italiani..

Nel settembre dellanno scorso i dirigenti britannici dichiararono al Reich la guerra senza un motivo.

Essi respinsero ogni offerta di un regolamento pacifico.Anche la Vostra proposta di mediazione si ebbe una risposta negativa.Il crescente sprezzo dei diritti nazionali dell'ITALIA da part dei dirigenti di Londra e di Parigi ha condotto noi,che siamo stati sempre legati nel modo più stretto attraverso le nostre Rivoluzioni e politicamente per mezzo dei trattati, a questa grande lotta per la libertà e per l'avvenire dei nostri popoli.»

Note

  1. ^ a b c Simonetta Fiori, Mussolini e il 10 giugno del 1940: il discorso che cambiò la storia d'Italia, in Repubblica, 10 giugno 2014.
  2. ^ Benito Mussolini e il 10 giugno 1940: il discorso che cambiò la storia dell'Italia, su Lettera43, 10 giugno 2014.
  3. ^ Benito Mussolini, Lettere cifrate a Adolf Hitler, http://www.larchivio.org/xoom/dichiarazioneguerra.htm, 30 Maggio 1940, 1 Giugno 1940.
    «PRIMA LETTERA “Fuhrer, Ancora una volta Vi ringrazio cordialmente per il messaggio che mi avete mandato e nel quale ho trovato assai interessanti le notizie concernenti il valore dei soldati dei diversi eserciti. Nel frattempo mi è giunta notizia della capitolazione del Belgio e Vi mando le mie felicitazioni. Ho tardato qualche giorno a risponderVi perché volevo darVi l’annunzio della mia decisione di entrare in guerra dal prossimo 5 giugno. Se Voi riterrete che per una migliore sincronia coi Vostri piani io debba ritardare ancora qualche giorno, me lo direte; ma oramai il popolo italiano è impaziente di schierarsi al fianco del popolo germanico nella lotta contro i nemici comuni. Durante questi nove mesi lo sforzo compiuto nella preparazione militare è stato veramente considerevole. Oggi sono in stato di buona efficienza circa 70 divisioni, delle quali 12 stazionanti oltre mare (Libia, 220 mila uomini; Albania 100 mila). L’Africa Orientale Italiana dispone di 350 mila uomini fra italiani ed indigeni che non entrano in questo conto. Come gia’ Vi ho detto Marina ed Aviazione sono già sul piede di guerra. Il Comando di tutte le forze armate sarà assunto da me. Avendone i mezzi potrei formare altre 70 divisioni, perché non sono gli uomini che mancano in Italia. Dal punto di vista politico ritengo necessario non estendere il conflitto al bacino danubiano e balcanico, dal quale anche l’Italia deve trarre quei rifornimenti che non le verranno più da oltre Gibilterra. Considero che una dichiarazione in tal senso, che faro’ al momento opportuno, avrebbe un effetto calmante presso quei popoli e li renderebbe del tutto refrattari ad eventuali tentativi degli alleati. Ciò stabilito i nostri Stati Maggiori prenderanno le misure necessarie per quanto riguarda lo sviluppo delle operazioni. Nell’attesa di una Vostra risposta, accogliete, Fuhrer, le espressioni della mia cameratesca amicizia”.
    SECONDA LETTERA "Führer, Vi ringrazio cordialmente del messaggio che mi avete mandato in risposta al mio consegnatoVi dall’Ambasciatore Alfieri. La vittoriosa conclusione della gigantesca battaglia delle Fiandre ha sollevato, insieme al mio, l’entusiasmo di tutto il popolo italiano. Circa la data intervento Italia mi rendo perfettamente conto sulla opportunità di procrastinarla onde permettere alla Vostra aviazione di identificare e distruggere le forze aeree francesi. Questo breve ritardo permette anche a me di perfezionare la mia preparazione in tutti i settori metropolitani e di oltre mare. Mio programma è il seguente: lunedì 10 giugno dichiarazione di guerra e discorso al popolo italiano e al giorno 11 mattino inizio ostilità. Quanto al nostro incontro Vi ringrazio di averlo prospettato ma ritengo più opportuno che avvenga dopo l’entrata in guerra dell’Italia. Nel discorso che pronuncerò poche ore dopo la dichiarazione di guerra, dirò che l’Italia conformemente alla sua politica non intende allargare l’area della guerra e citerò i paesi danubiano-balcanici compresa la Grecia e la Turchia. Ora Vi esprimo il mio desiderio di vedere almeno una rappresentanza dell’esercito italiano combattere insieme coi Vostri soldati per suggellare sul campo la fraternità delle armi e il cameratismo delle nostre Rivoluzioni. Se Voi accettate questa mia offerta Vi manderò subito alcuni reggimenti di bersaglieri che sono soldati valorosi e resistenti. Vi mando il mio più cordiale saluto insieme con l’augurio più fervido per i futuri successi delle Vostre forze armate."»
  4. ^ Enzo Antonio Cicchino, scrittore, storico, autore di "La Grande Storia" Prod. Rai, L'Archivio "storia - history", su www.larchivio.org. URL consultato il 6 settembre 2016.
  5. ^ André François-Poncet, A palazzo Farnese. Memorie di un ambasciatore a Roma (1938-1940), a cura di Maurizio Serra, Biblioteca di Nuova Storia Contemporanea, Le Lettere, 2009, pp. 146.
  6. ^ secondo le memorie di Francois-Poncet le parole esatte sarebbero state: «E così, avete aspettato di vederci in ginocchio, per accoltellarci alle spalle. Se fossi in voi non ne sarei affatto orgoglioso.» e Ciano avrebbe risposto, arrossendo: «Mio caro Pocet, tutto questo durerà l'espace du un matin. Ben presto ci ritroveremo tutti davanti a un tavolo verde.» Francesco Perfetti, Niente pugnale alla schiena, in Il Tempo, 10 giugno 2009.
  7. ^ Galeazzo Ciano, 10 giugno 1940, in Stefano Poma (a cura di), Diario 1937-1943: Edizione integrale, L'Universale, 2015, ISBN 605037998X.
  8. ^ Luciano Di Pietrantonio, 10 giugno 1940: l’Italia dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna, su abitarearoma.net, 9 giugno 2013.
  9. ^ Fascismo: documenti, su www.storiaxxisecolo.it. URL consultato il 6 settembre 2016.
  10. ^ Dato che gli errori di sintassi dei telegrammi sono riportati in modo identico dalle numerose fonti reperibili in rete, in mancanza di immagini originali d'epoca, si deve supporre che essi siano stati redatti già originalmente in italiano e gli errori non siano frutto di successiva cattiva traduzione ma di uso sbagliato della lingua italiana da parte degli uffici del Reich e qui fedelmente riportati conformemente alle fonti reperibili. Si auspica, qualora ancora esistenti, il reperimento e inserimento dei documenti originali.

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