Ostro (cacciatorpediniere): differenze tra le versioni

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Ostro
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L’Ostro è stato un cacciatorpediniere della Regia Marina.

Storia

Nel 1929 svolse una crociera in acque spagnole, e nel 1930 una seconda nel Dodecaneso[1].

Prese parte alla guerra di Spagna, al comando del capitano di corvetta F. G. Cerasuoli, a contrasto del contrabbando di rifornimenti destinati alle truppe spagnole repubblicane: il 13 agosto 1937, nell’ambito di tali operazioni, silurò ed affondò (in posizione 36°06’ N e 12°52’ E, al largo di Pantelleria) il piroscafo spagnolo repubblicano Conde de Abrasolo[2][1][3][4].

Nell’estate 1939 prese parte alle operazioni per l’occupazione dell’Albania[1].

All’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale aveva base a Taranto ed apparteneva alla II Squadriglia Cacciatorpediniere, di cui facevano parte i gemelli Espero, Borea, e Zeffiro.

Il 27 giugno 1940, di sera, l’Ostro lasciò Taranto per la sua prima missione di guerra, che consisteva nel trasporto a Tobruk, unitamente all’Espero ed allo Zeffiro, di due batterie contraeree (od anticarro) della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale per un totale di 10 bocche da fuoco, 120 tonnellate di munizioni ed i relativi serventi, 162 camicie nere[5][6][7].

Nel pomeriggio del 28 giugno le tre unità della II Squadriglia furono avvistate ed attaccate, un centinaio di miglia a nord di Tobruk, dal 7° Cruiser Squadron della Royal Navy (incrociatori leggeri Sydney – australiano –, Orion, Liverpool, Neptune e Gloucester, britannici), che aprirono il fuoco alle ore 18, da una distanza compresa tra i 16.000 ed i 18.000 metri[5][7]. La velocità superiore che in teoria i tre cacciatorpediniere italiani avrebbero dovuto avere era annullata dall’appesantimento rappresentato dal carico imbarcato[5]. Il capitano di vascello Baroni, caposquadriglia prese dunque la decisione di sacrificare la propria nave, l’Espero, nel tentativo di trattenere gli incrociatori inglesi, ordinando al contempo ad Ostro e Zeffiro di dirigere per Bengasi alla massima velocità: entrambi i cacciatorpediniere scamparono così alla distruzione e giunsero in porto indenni, mentre l’Espero fu affondato dopo un impari combattimento[5][6][7].

Il 19 luglio 1940 si trovava all’ormeggio nel porto di Tobruk (comandante del cacciatorpediniere era il capitano di corvetta Emanuele Marzio Ventura Messia de Prado[4]) quando la base libica, alle otto di sera, fu attaccata da aerosiluranti britannici, attacco che si protrasse sino ad oltre l’1.30 del 20: colpito, all’1.34, da un siluro all’altezza del deposito munizioni poppiero, l’Ostro affondò in dieci minuti (all’1.45 fu affondato anche il gemello Nembo, anch’esso aerosilurato)[8][1].

Due medaglie d’argento al valor militare furono in quell’occasione conferite ad altrettanti membri dell’equipaggio dell’Ostro: una – a vivente – al comandante De Prado, prodigatosi per salvare l’equipaggio, cedendo anche il proprio salvagente, ed una alla memoria del secondo capo cannoniere Luigi Brignolo, mortalmente ferito nell’affondamento[4].

L’Ostro aveva svolto in tutto 8 missioni di guerra (3 di caccia antisommergibile, 3 di scorta e 2 di trasferimento), percorrendo complessivamente 2723 miglia[4].

Note

  1. ^ a b c d http://www.trentoincina.it/dbunita2.php?short_name=Ostro
  2. ^ http://en.wikipedia.org/wiki/Turbine_class_destroyer
  3. ^ http://www.wrecksite.eu/wreck.aspx?136759
  4. ^ a b c d http://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=27421
  5. ^ a b c d http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=84 e http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=175
  6. ^ a b Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare. La marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943, pp. 433-434
  7. ^ a b c Gianni Rocca, Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale, pp. 17-18
  8. ^ http://www.danieleranocchia.it/naval_history/mediterraneo.htm
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