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Pieve di San Zaccaria

La pieve di San Zaccaria è un edificio religioso della Valle Staffora, costruito probabilmente nella prima metà del sec. XII dai maestri comacini. La prima testimonianza storica contenente informazioni di carattere descrittivo sulla pieve di San Zaccaria risale al 1561. Da questa, come Capo-Pieve, dipesero fino al 1700 le Parrocchie di S. Eusebio, Montesegale, Sanguignano, S. Giovanni di Piumesana, Groppo, Susella e Godiasco. Nel 1820 fu ridotta a semplice Parrocchia. La maggior parte dell'edificio fu in seguito sconsacrata ed utilizzata per scopi agricoli.

Struttura architettonica[modifica | modifica wikitesto]

San Zaccaria è una chiesa orientata, con tre navate scandite da pilastri di varia sezione. In questo corpo si innestano due absidi, una minore al termine della navata settentrionale ed una maggiore a conclusione della navata centrale. L'arcata trionfale è moderna. Nella chiesa il coro è coperto da una volta a botte. Una parte della navata meridionale è stata ricostruita nel XX secolo, dopo l'abbattimento della casa parrocchiale, ed è coperta a tetto. Qui una scala con gradini in pietra consente di scendere ad un locale sottostante, con volte in pietra piuttosto irregolari; probabilmente si tratta della cantina della casa parrochiale, databile alla fine del XVI secolo.
La facciata e la controfacciata sono caratterizzate da una muratura listata che alterna fasce in arenaria e in laterizi, mentre tutto il resto è in pietra. Lesene verticali e cordoni in arenaria dividono la facciata in cinque scomparti; a partire dall'alto si possono osservare due oculi con profili in arenaria fortemente strombati, una bifora inclusa in un rincasso quadrangolare e poggiante su una coppia di pilastrini, ed il portale; la sommità della facciata è andata distrutta. La lunetta è oggi priva di decorazione, ma sappiamo che intorno al 1900 il pittore vogherese Edoardo Cerutti vi dipinse a finto mosaico una scena della vita di San Zaccaria.
Dopo essere rimasta per molto tempo con un profilo a capanna, la facciata è stata trasformata secondo un prospetto a salienti, probabilmente sulla base di tracce riscontrate nella muratura.

Sculture[modifica | modifica wikitesto]

I materiali arenacei usati in San Zaccaria, provenienti da cave oltrepadane, si prestano particolarmente all'inventiva degli scultori anche se sono soggetti al deterioramento a causa degli agenti atmosferici.
L'interno conserva ancora alcuni bei capitelli romanici. Ai lati del presbiterio ci sono due capitelli scolpiti di sezione complessa, che sporgono molto rispetto agli archi sovrastanti e sorretti da semipilastri a fascio. Tutti i pezzi sono impostati su un collarino torico e sono costituiti da un abaco con motivi a treccia o a palmetta e da un echino figurato. Questo tipo di struttura viene ripreso anche nelle chiese romaniche di Pavia.
La scena sul capitello meridionale riguarda l'ambito iconografico del destino ultraterreno dell'anima del Buono, che viene definita come tale attraverso la pesatura e quindi strappata al Demonio da figure angeliche, solitamente l'arcangelo Michele. In questo capitello la figura simboleggiante l'anima viene afferrata da un personaggio di dimensioni maggiori, che per l'aureola e le grandi ali si identifica come angelo. Un essere alato di dimensioni minori trattiene invece l'anima per un piede; questa figura non ha l'aureola, ha ventre accentuato e costole in evidenza, e la presenza di un serpente attorcigliato accanto ad essa ci fa capire che si tratta di una raffigurazione del Demonio. La scena è quindi una Contesa dell'anima. Dal punto di vista compositivo, lo scultore ha cercato di riempire tutto lo spazio disponibile.
Il pilastrino settentrionale è in parte perduto; vi si leggono solamente alcuni motivi a intreccio. Sul suo capitello è invece scolpita una scena di lotta con animali e uomini. Il combattimento si svolge senza continuità su tutte le facce del capitello.
Nella pieve il rilievo è più marcato e allo stesso tempo più fluido nei capitellini del chiostro e delle bifore. All'esterno si possono ancora vedere dei capitellini a foglie stilizzate.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Federica Scarrione, La pieve di San Zaccaria in Oltrepò pavese, Pavia 1998