Utente:Eurus01/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Palazzo Franchetti (Pisa)[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo Franchetti è un palazzo ottocentesco situato a Pisa tra Lungarno Galilei e Via San Martino. Ospita attualmente la sede del Consorzio 4 Basso Valdarno, precedentemente ufficio dei Fiumi e Fossi e rappresenta, ad oggi, l’unico spazio verde del Lungarno del centro storico pisano. Nel giardino del palazzo un tempo sorgeva la vecchia abitazione del Conte Ugolino della Gherardesca.

Storia del palazzo[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo Franchetti, proprietà della casata ebraica livornese Franchetti, ha alle spalle una serie di trasformazioni avvenute nei secoli.

Inizialmente, come descritto da un atto notarile del 1589, la struttura era divisa in due palazzi nobiliari cinquecenteschi, prima case-torri, appartenenti uno alla famiglia Lanfranchi ed uno alla famiglia del Torto. I due palazzi furono successivamente uniti come in quello attuale.

Agli allora proprietari del Torto si deve la realizzazione, nel 1591, dell’ancora esistente ponte ad arco a volterranea che collega palazzo Franchetti al palazzo adiacente, oltre Vicolo Del Torti. L’antica facciata su via San Martino della dimora dei del Torto era composta da finestre, cinque al terzo piano, presenti ancora oggi, quattro al primo e quattro mezzanini. Le finestre erano realizzate in pietra serena, ricorrente nell’architettura raffinata e moderata pisana del XVI secolo, scevra da tendenze di decorazione a graffito.

Il palazzo della famiglia Lanfranchi invece era costituto da tre piani con due mezzanini ed un seminterrato, con ambienti propri di volte a mattoni. Ogni piano possedeva sette aperture caratterizzate ciascuna da decorazioni in pietra serena. Il tutto recava alla struttura totale equilibrio tra pieni e vuoti. In più, sopra ai timpani semicircolari delle porte, sorgeva lo stemma famigliare. Le decorazioni interne erano state commissionate ad Agostino Ghirlanda: troviamo “Il bagno delle ninfe” nella sala al piano terra e “Olimpo con gli Dei” nella sala al piano nobile. Altre decorazioni notevoli erano presenti nelle volte delle scale. Questi dipinti testimoniano la volontà della nobiltà pisana del XVI secolo di uguagliare la maestosità dei palazzi fiorentini.

La famiglia Lanfranchi era proprietaria del palazzo e lo affittava a diversi residenti. Nel XVIII secolo, la struttura accoglieva la sede della Magistratura dei Consoli del Mare. All’epoca l’edificio era composto da due piani con mezzanini intermedi, un cortile, un orto, una fonte, un pozzo, una pila, una stalla ed una rimessa, con due ingressi rispettivamente da Via San Martino e da Lungarno Galilei.

L’attuale palazzo Franchetti era quindi al tempo diviso in tre parti: la Magistratura dei Consoli del Mare, la dimora dei del Torto e la proprietà di Antonio Mannaioni. Quest’ultimo possedeva una casa nell’attuale giardino del palazzo, dal lato di vicolo Del Torti adiacente alla proprietà dei del Torto. La struttura era articolata in due piani propri di pozzo e pila, più un piaggione con trentacinque buche per il grano.

Successivamente il palazzo della Magistratura dei Consoli del Mare, passerà nelle mani dei fratelli Galli. Nel 1818 Mannaioni cederà la proprietà a Ferdinando Sbrana. Nello stesso anno la famiglia del Torto non sarà più, causa problemi economici, proprietaria del palazzo, mentre lo diventerà la famiglia della Fanteria.

Intanto i due fratelli Franchetti, Abram e Isach, mossi dal desiderio di ostentare la propria ricchezza, miravano a possedere e riunificare uno dei più bei palazzi del Lungarno pisano, allora ancora diviso tra i tre proprietari. Così nel 1833 acquistarono il palazzo di proprietà dei Galli. Quest’ultimo era allora strutturato in tre piani più un mezzanino, decorati da soffitti a palco e a volterranea, e cantine sotterranee. Un’arme con mascherone e due teste di montone sovrastavano la porta d’ingresso di Via San Martino, mentre l’ingresso del Lungarno portava ad un giardino, chiuso tra due muri e dotato di fontana, e ad una limonaia. Sempre nel 1833 i due fratelli comprarono la proprietà di Ferdinando Sbrana, l’unica zona rimasta non edificata in quanto considerato il posto dove un tempo sorgeva la casa del Conte Ugolino della Gherardesca, dunque area sopra la quale, secondo la leggenda, era stato buttato il sale affinché il terreno diventasse sterile. Infine, dopo l’acquisto, da parte dei fratelli Franchetti, della proprietà dei della Fanteria, si assiste al successo del progetto di riunificazione dell’ormai Palazzo Franchetti.

Nel 1888 l’edificio non apparterrà più alla famiglia Franchetti, ma verrà ceduto ad un imprenditore, Vincenzo Trampolini. Egli inizialmente affittava diversi spazi del palazzo. Erano disponibili una stanza sotterranea e cinquantasei vani divisi tra i tre piani ed il mezzanino.

Successivamente Trampolini decise di vendere l’immobile all'ufficio dei Fiumi e Fossi. La procedura si concluse nel 1910. Secondo la volontà di Trampolini, la vendita prevedeva il palazzo nella sua totalità, fatta eccezione degli affreschi. Questi sarebbero stati rimossi e l’imprenditore si sarebbe reso disponibile per far realizzare a sue spese nuove decorazioni che rispettassero il gusto dell’acquirente, altrimenti quest’ultimo avrebbe potuto comprare gli affreschi originali. Così nel 1908 l’imprenditore si rivolse alla ditta Stefanoni di Bergamo per la valutazione ed il trasporto degli affreschi, che vennero approvati. L’ostacolo si presentò quando, durante le trattive per la vendita delle opere, il Ministero e L’Associazione dell’Arte impedirono le procedure in quanto le decorazioni rappresentavano un importante patrimonio artistico per la città. Fu così che nel 1914 l'ufficio dei Fiumi e Fossi divenne proprietario anche degli affreschi. Questi avevano però bisogno di manutenzioni che vennero commissionate dall’allora presidente del consorzio di bonifica, Giovanni Tadini Buoninsegni, e realizzate nel 1981.

Infine, in seguito ai danni provocati dallo scoppio delle mine nel 1944, Palazzo Franchetti è stato sottoposto ad una serie di lavori di restauro che hanno permesso all’antica residenza nobiliare di ospitare uffici ed appartamenti.

Ad oggi recenti studi testimoniano decorazioni celate da affreschi successivi.

Attualmente il palazzo accoglie la sede del Consorzio 4 Basso Valdarno ed ha un alto valore architettonico e decorativo: al suo interno sono conservati affreschi seicenteschi del Ghirlanda e rare decorazioni cinquecentesche a grottesche[1].

Progetto di Alessandro Gherardesca[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1838 ad Alessandro Gherardesca fu chiesto di affiancare Gaetano Becherucci nella ricerca di un palazzo che avrebbe dovuto ospitare la nuova sede del riformato tribunale civile. Dopo una fallimentare ricerca tra i palazzi pubblici, vennero presi in considerazione alcuni di quelli privati, tra questi anche Palazzo Franchetti.

L’architetto, che già conosceva l’immobile in quanto i fratelli Franchetti gli avevano in precedenza commissionato dei lavori di modernizzazione, ebbe l’idea di unire in esso il tribunale e l’Accademia delle Belle Arti, nonostante le differenze dei temi trattati dalle due istituzioni. Il tribunale sarebbe stato situato al primo piano del palazzo. Una delle sale sarebbe stata ampliata ed abbassata per renderla più adatta alla sua futura funzione ed uniforme a tutto il resto della struttura. Inoltre, una grande finestra a emiciclo sarebbe stata realizzata con lo scopo di ottenere una migliore illuminazione nella sala principale. L’Accademia delle Belle Arti si sarebbe invece trovata al piano terra, nelle due ali est ed ovest del palazzo. La costruzione di due nuove sale avrebbe permesso ad essa di avere un’entrata sul Lungarno, diversa rispetto a quella del tribunale.

L’idea del Gherardesca non era però condivisa da Becherucci, il quale non trovava funzionale unire due istituzioni così diverse. Per questo, nel 1839, scrisse una relazione nella quale evidenziava le diverse problematiche del palazzo. Intanto criticava le ridotte dimensioni delle stanze e la scarsa illuminazione. In più faceva notare l’impossibilità di costruire nel giardino, in quanto anni prima la famiglia dal Borgo aveva stipulato un patto con l’allora proprietario del palazzo, Ferdinando Sbrana, per evitare che venisse loro coperta la vista che possedevano sul Lungarno. Questa condizione sarebbe rimasta fin quando i dal Borgo avessero posseduto la residenza nella loro proprietà e chiunque avesse contravvenuto al patto avrebbe dovuto corrispondere una somma di denaro alla famiglia. Becherucci faceva poi notare le evidenti asimmetrie del palazzo, dovute all’accorpamento di più strutture, le quali avrebbero richiesto ingenti interventi strutturali per essere risolte.

Vista questa scoraggiante relazione l’ingegnere Ridolfo Castinelli giudica non eseguibile il progetto del Gherardesca[1].

Gli scavi e la casa del Conte Ugolino[modifica | modifica wikitesto]

Nel luglio 2016 a Palazzo Franchetti, con 40 mila euro di finanziamenti a carico del Consorzio 4 Basso Valdarno, sono partiti gli scavi che hanno coinvolto una grossa fetta del giardino del palazzo, con l’obbiettivo di portare alla luce la casa del Conte Ugolino della Gherardesca. Quest’ultima secondo la leggenda era stata distrutta nel 1288 dopo la destituzione ed imprigionamento del Conte e rimasta zona non edificata in quanto, secondo la leggenda, vi era stato buttato del sale per rendere sterile il terreno.

I motivi che hanno portato alla realizzazione di suddetti scavi sono dovuti ad un atto notarile del 1833, nel quale viene certificato il passaggio di proprietà dalla famiglia Sbrana ai fratelli Franchetti. In esso viene specificata la zona esatta dove si sarebbe dovuta trovare la vecchia casa del Conte Ugolino. Grazie a questa scoperta nel 2010 furono fatti degli accertamenti che rilevarono la presenza di strutture murarie sepolte, profonde 0,89 metri fino a circa 1,59 metri.

Nell’agosto del 2016 gli scavi hanno portato alla luce reperti in due aree diverse del giardino. In una sono stati ritrovati i resti delle pavimentazioni e strutture perimetrali appartenenti alla casa del Conte Ugolino, con chiare tracce della sua distruzione, avvenuta nel XIV secolo. In più, in questa prima area, sono stati ritrovati sei sili in laterizio, un tempo appartenenti al piaggione, area adibita alla conservazione del grano. Mentre nella seconda area è stato possibile osservare i resti di murature e pavimentazioni di un grande edificio, risalente al XII secolo, il quale riporta segni di frequentazione anche successivi alla distruzione della casa dei della Gherardesca. In esso sono state osservate, per la prima volta in territorio pisano, diverse ghiacciaie seminterrate.

Tutti i reperti ritrovati sono oggi conservati all’interno del palazzo, mentre il giardino è stato riqualificato. Questo perchè con la realizzazione gli scavi erano stati abbattuti alcuni alberi di quella che tutt’ora rappresenta l’unica zona verde del Lungarno del centro storico pisano[2][3][4][5][6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Martina Giraldo, Palazzo Franchetti, una dimora sul Lungarno pisano, Pisa, Pacini, 2007
  2. ^ Scavi a Palazzo Franchetti, PisaToday, 7 luglio 2016.
  3. ^ Palazzo Franchetti scavi ultimati, PisaToday, 5 settembre 2016.
  4. ^ Scavo archeologico di Palazzo Franchetti, Consorzio 4 Basso Valdarno, 5 settembre 2016.
  5. ^ Si cerca la casa del Conte Ugolino, la Nazione, 9 luglio 2016.
  6. ^ Riaffiorano i resti della casa del Conte Ugolino, la Nazione, 5 settembre 2016.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Martina Giraldo, Palazzo Franchetti, una dimora sul Lungarno pisano, Pisa, Pacini, 2007

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]