La Gare Saint-Lazare
La Gare Saint-Lazare | |
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Autore | Claude Monet |
Data | 1877 |
Tecnica | olio su tela |
Dimensioni | 75×105 cm |
Ubicazione | Museo d'Orsay, Parigi |
La Gare Saint-Lazare (La stazione di Saint-Lazare) è il nome di quattro dipinti a olio su tela, realizzati nel 1877 dal pittore francese Claude Monet, ritraenti l'omonima stazione ferroviaria parigina e conservati in numerosi musei in Europa e America.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Dopo aver trascorso anni memorabili nell'assolata campagna di Argenteuil, Monet volle immergersi nello scalpitio della vie moderne, nella prospettiva di dedicarsi alla raffigurazione di paesaggi urbani. Stabilitosi nel quartiere di Nouvelle Athènes il pittore fu subito attratto dalla brulicante stazione di Saint-Lazare, ai margini del detto quartiere, la quale con le strade ferrate annesse ridefinì la natura stessa della città di Parigi (oltre che la sua struttura sociale), come ha giustamente osservato John R. Kellett:
«La ferrovia ebbe sulla città vittoriana effetti più vistosi di qualsiasi altro singolo fattore; fu responsabile dell'infittirsi delle costruzioni, definì il carattere della città (così come dei suoi desolati quartieri periferici e dei sobborghi), determinò il ritmo e le dimensioni della crescita; e fu probabilmente il fattore più importante del mercato immobiliare urbano del XIX secolo»
Proiettato alla ribalta della modernità, Monet individuò nella stazione di Saint-Lazare un soggetto idoneo per cimentarsi sia con gli aspetti più autentici della realtà urbana che con le sue sperimentazioni pittoriche impressioniste. Una volta ricevuta l'autorizzazione a dipingere in loco Monet subito si precipitò nello scalo ferroviario e realizzò una dozzina di opere: quattro di queste raffigurano l'hall della stazione, mentre altre preferiscono cogliere la rincorsa delle locomotive sbuffanti attraverso i sobborghi parigini. In questa voce si analizzeranno i dipinti ambientati all'interno dello scalo, con un particolare riguardo alla versione esposta nel museo d'Orsay, che è quella più celebre: le quattro tele, d'altronde, differiscono solo per le intonazioni generali e per il punto di vista.[1]
«Mi ricordo di aver visto un giorno nella stazione di Saint-Lazare un uomo issato con un cavalletto su un mucchio di casse. Era una calda domenica estiva, i parigini partivano a gruppi per i sobborghi [...]. Era Monet che dipingeva con accanimento la partenza delle locomotive, voleva mostrarle in movimento, nella scia di aria calda che tremava attorno alle loro reni, colpito dalle manovre»: bastano queste parole di Hugues Le Roux per assaggiare il fervore creativo che animava Monet durante la realizzazione di queste opere. «Al momento delle partenze, il fumo è tanto spesso che non si distingue praticamente nulla. È un incantesimo, una vera fantasmagoria» ammise lo stesso pittore all'inseparabile amico Renoir «Bisogna che facciano ritardare il treno da Rouen, la luce è migliore mezz'ora dopo la sua partenza».[2] Monet, in ogni caso, riuscì nel suo proposito: le tele, infatti, nonostante le consuete malignerie dei detrattori, suscitarono l'ammirazione incondizionata di Émile Zola, intellettuale che non esitò a servirsi della letteratura per ricostruire una poetica della modernità, senza per questo nasconderne i risvolti più squallidi, dolorosi e ripugnanti. Queste furono le parole che nel 1877 Zola dedicò a Monet sul Sémaphore de Marseille:
«Claude Monet è la personalità di maggior spicco del gruppo [impressionista]. Quest'anno ha esposto degli interni di stazione superbi. Puoi sentire il rumore dei treni che riempiono la stazione. Puoi vedere i vapori del fumo che si addensano sotto le enormi vetrate del tetto. Questa è l’arte di oggi. Gli artisti moderni hanno scoperto la poesia delle stazioni ferroviarie, così come i loro padri avevano scoperto il fascino delle foreste e dei fiumi»
Non fu un caso, in effetti, se tredici anni dopo la realizzazione de La Gare Saint-Lazare la penna di Zola diede vita a un'opera, La bestia umana, incentrata sulla descrizione oggettiva dell'alienazione urbana industriale e dello sviluppo delle comunicazioni ferroviarie.[4] Le pagine iniziali di quest'opera, per circostanze tutt'altro che fortuite, sembrano trascrivere sotto forma letteraria quell'universo ferroviario che Monet aveva raccontato con il suo lessico pittorico:
«E, proprio sotto la finestra, per tutto il campo visuale, i tre doppi binari, all'uscita dal ponte, si ramificavano, aprendosi in un ventaglio le cui aste di metallo , moltiplicate, innumerevoli, andavano a perdersi sotto le pensiline. Davanti alle arcate, le tre cabine degli scambi mostravano i loro giardinetti spogli. Nel nero groviglio dei vagoni e delle locomotive che ingombravano i binari, un grande segnale rosso macchiava il pallore del giorno. [...] Sotto la tettoia delle grandi linee, l'arrivo di un treno da Mantes aveva animato la banchina; con lo sguardo egli seguì la locomotiva di manovra, un piccolo tender con tre coppie di ruote basse, che cominciava a smistare il treno, pronta e diligente, conducendo o facendo retrocedere i vagoni verso le rimesse. Un'altra macchina, assai più potente, una locomotiva di direttissimo con due grandi ruote divoratrici, stazionava isolata, emettendo dal fumaiolo un denso fumo nero, che saliva dritto, lentissimo nell'aria calma.»
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]L'opera coglie una panoramica del parco binari della stazione parigina di Saint-Lazare. Lo spazio architettonico dell'imponente tettoia metallica è rigorosamente geometrico e, con i suoi pannelli di vetro, lascia intravedere il cielo di Parigi. Questa cattedrale della modernità, satura di energie, certamente affascina l'osservatore, che in questo modo ha una testimonianza tangibile dei trionfi dell'evoluzione industriale, vissuta all'epoca come una conquista positiva. Il vero protagonista del dipinto, tuttavia, è la densa cortina di vapore che volteggia verso l'alto, inondando omogeneamente l'hangar ferroviario. Le volute di fumo blu, infatti, rappresentano per Monet il pretesto per riprodurre la sensazione ottica nel modo più fedele possibile e per indagare le problematiche relative alla luce ed al colore. Un fumo che, oltre a debordare e a srotolarsi negli spazi ferroviari rendendoli suggestivamente evanescenti, avvolge anche le persone, che infatti appaiono piccolissime, se non quasi impercettibili. Con le sue pennellate libere, vibranti e vaporose, dunque, Monet riesce a trasmettere l'impressione reale di un frammento di vita di ogni giorno, in piena ottemperanza con la poetica impressionista.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Claudio Pescio, Claude Monet. La poesia della luce, Giunti, 1999, ISBN 8809013255.
- Maria Teresa Benedetti, Monet: i luoghi, n. 151, Giunti, 2001, ISBN 880902057X.
- Vanessa Gavioli, Monet, collana I Classici dell'Arte, vol. 4, Rizzoli, 2003.
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