Il manicomio di Pechino

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Il manicomio di Pechino
AutoreMario Tobino
1ª ed. originale1990
Genereromanzo
Sottogenereautobiografico
Lingua originaleitaliano
AmbientazioneLucca

Il manicomio di Pechino è un romanzo autobiografico di Mario Tobino, scrittore e psichiatra italiano. La pubblicazione è avvenuta nel 1990.

Nel 1990, con Il manicomio di Pechino,l'autore ha vinto il Premio letterario Elba[1].

Trama[modifica | modifica wikitesto]

L'autore, che per la narrazione assume il nome di Evandro Ottaviani, scrive un diario che comprende il periodo tra il 21 settembre 1955 e il 15 agosto 1956. Nel periodo dichiarato, Ottaviani è direttore incaricato del manicomio di Lucca, ma sostiene che la vicenda si svolga a Pechino.

«Sia ben chiaro: quando dico manicomio di Lucca dico manicomio di Pechino. I nomi naturalmente sono tutti di persone cinesi. Soltanto che li ho tradotti in lingua italiana, tutti quei c, k, y, j, mi davano noia e forse disturbavano anche un probabile futuro lettore. Ma sia chiaro: manicomio di Pechino, di Pechino' Siamo tutti cinesi[2]

Durante tutto il periodo dell'incarico, il direttore si impone perché ci sia un trattamento migliore per i malati. La cura del sonno è praticata su larga scala, per non ricorrere quasi mai all'elettroshock. Ma la cura è molto costosa e gli organi amministrativi provinciali non vedono di buon occhio la gestione di Ottaviani. Inoltre lui dà impulso a molte migliorie nell'ambiente: vuole un giardino ben tenuto, una sala mensa per il personale, alcuni reparti con laboratori di sartoria o artigianato per i pazienti prossimi alla guarigione. In occasione del Natale, si allestisce un grande presepio che, sottoposto a un concorso, vince il primo premio. Vi hanno lavorato pazienti, guidati da artigiani che seguono volentieri le iniziative del direttore.

Sei mesi dopo, Ottaviani (che per tutti è un anticlericale) si impegna per la processione del Corpus Domini, alla quale invita gli infermieri in pensione e i frati che in passato avevano il loro convento dove ora c'è il manicomio. Tutto riesce molto bene ed è accolto con gratitudine dagli ex dipendenti, ma il direttore, in costante attrito con l'amministrazione, sa che si è fatto altri nemici. Il direttore in congedo, De Ambrosis, cerca di riprendere i contatti con il suo ruolo, ma Ottaviani gli dice apertamente che, o il direttore ritorna in servizio, oppure il responsabile è lui e si atterrà a quanto gli è richiesto. Intransigente, Ottaviani sostiene di esserlo per amore dei matti.

Per questo, quando a metà luglio, De Ambrosis apprende che sarà sottoposto a una visita per appurare la sua idoneità a dirigere un manicomio, Ottaviani dice che vuole tornare a fare il primario, occuparsi di un reparto e non ambire in alcun modo alla carica. Raccomanda anzi che un suo stimato collega sia elevato alla direzione dell'istituto di cura. Ciò si svolge proprio in questo modo: Ottaviani sarà primario del reparto femminile, Alfonsine (il collega) direttore provvisorio, fino al concorso che nominerà il direttore definitivo. Ottaviani, appassionato di letteratura, ha dovuto accontentarsi del diario durante i mesi precedenti e ora, appagato e relativamente libero, ritrova tempo e voglia per la scrittura.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Albo d’Oro del Premio, su premioletterarioelba.it. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  2. ^ M. Tobino, Il manicomio di Pechino, p. 16

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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