Esercito dei 50 centesimi

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L'esercito dei 50 centesimi, o partito dei 50 centesimi (in cinese: 五毛党), è il termine colloquiale utilizzato per indicare le persone pagate dalle autorità cinesi per scrivere commenti su Internet nel tentativo di manipolare l'opinione pubblica a beneficio del Partito Comunista Cinese[1][2]. Il cosiddetto esercito dei 50 centesimi è stato creato in Cina durante la prima fase di diffusione di internet ad un ampio pubblico. Il nome deriva dall'asserzione che i commentatori venissero pagati cinquanta centesimi (di Renminbi) per ogni post[3][4], sebbene alcuni sostengano che probabilmente gli autori non venissero pagati per i post ma che gli fosse richiesto di scrivere i commenti come parte dei loro doveri verso il partito[5]. I commentatori scrivevano commenti o articoli favorevoli sui social media popolari in Cina con l'intenzione di distogliere l'attenzione da discussioni malviste dal partito comunista. I loro contenuti promuovevano una narrazione favorevole agli interessi del governo nel contempo screditando gli oppositori politici e le critiche al governo cinese, sia interne che dall'estero[6][7][8]. Il termine esercito dei 50 centesimi è stato in seguito usato anche come termine dispregiativo contro persone con una visione favorevole del Partito Comunista Cinese o con una visione nazionalista[9][10].

Un articolo del 2016 dell'università di Harvard sostenne che, in contrasto con quanto generalmente supposto, i commentatori erano per la maggior parte burocrati che, rispondendo alle direttive del governo in tempi di crisi, riempirono i social media cinesi con commenti pro-governativi. Raramente affrontavano dibattiti diretti e circa l'80% dei commenti analizzati riguardava il cheerleading pro-Cina con slogan ispiratori; il 13% dei commenti invece era costituito da apprezzamenti generali e suggerimenti alle politiche del governo[9][11].

Nel 2016 sembra che questa pratica sia per lo più cessata e la partecipazione propagandistica alle discussioni su internet è diventato parte del lavoro ordinario dei funzionari del partito comunista. Anche il tipo di partecipazione è cambiato, diventando più sottile e meno aggressivo[12][13]. Una ricerca indica che un'imponente operazione riservata, con l'obiettivo di riempire Internet in Cina con la propaganda governativa, ha avuto come risultato circa 488 milioni di post scritti da account falsi sui social media, su un totale di 80 miliardi di post scritti sui social media cinesi. Per massimizzare l'influenza, i commenti pro-governativi vengono scritti perlopiù in periodi caratterizzati da intensi dibattiti online o quando le proteste online potrebbero trasformarsi in azioni concrete[9][14].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) China's internet 'spin doctors', 16 dicembre 2008. URL consultato il 24 agosto 2018.
  2. ^ L'esercito di commentatori online pagati dal governo cinese - Il Post, in Il Post, 20 maggio 2016. URL consultato il 24 agosto 2018.
  3. ^ (EN) Big Brother 2.0 is here, in dna, 2 gennaio 2009. URL consultato il 24 agosto 2018.
  4. ^ China’s growing army of paid internet commentators - Freedom at Issue, su blog.freedomhouse.org, 13 ottobre 2011. URL consultato il 24 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2011).
  5. ^ (EN) Red astroturf: Chinese government makes millions of fake social media posts, in Ars Technica. URL consultato il 24 agosto 2018.
  6. ^ (EN) China’s Paid Trolls: Meet the 50-Cent Party, su newstatesman.com. URL consultato il 24 agosto 2018.
  7. ^ (EN) Chinese trolls write 488 million fake social media posts a year and don’t even earn 50 cents for it, in Shanghaiist, 20 maggio 2016. URL consultato il 24 agosto 2018.
  8. ^ China Banned The Term '50 Cents' To Stop Discussion Of An Orwellian Propaganda Program, in Business Insider. URL consultato il 24 agosto 2018.
  9. ^ a b c (EN) Meet the Chinese Trolls Pumping Out 488 Million Fake Social Media Posts, su Foreign Policy. URL consultato il 24 agosto 2018.
  10. ^ Obama e i "finti studenti" cinesi I blog: "Erano funzionari del partito" - esteri - Repubblica.it, su repubblica.it. URL consultato il 24 agosto 2018.
  11. ^ (EN) Gary King, Jennifer Pan e Margaret E. Roberts, How the Chinese Government Fabricates Social Media Posts for Strategic Distraction, Not Engaged Argument, in American Political Science Review, vol. 111, n. 3, 2017/08, pp. 484–501, DOI:10.1017/S0003055417000144. URL consultato il 24 agosto 2018.
  12. ^ (EN) John Naughton, The secret army of cheerleaders policing China’s internet | John Naughton, su the Guardian, 29 maggio 2016. URL consultato il 24 agosto 2018.
  13. ^ (EN) The Chinese government fakes nearly 450 million social media comments a year. This is why., su Washington Post. URL consultato il 24 agosto 2018.
  14. ^ L'esercito online del governo cinese che scrive 480 milioni di post all'anno sui social | TPI, in TPI, 20 maggio 2016. URL consultato il 24 agosto 2018.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]