Codice di buona pratica elettorale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Il Codice di buona pratica elettorale è un documento stilato dalla Commissione di Venezia e recepito dalle principali sedi sovranazionali europee come enunciato deontologico, rivolto per lo più ai legislatori nazionali ed agli organi che gestiscono il procedimento elettorale[1]. Una sua declinazione, per altre tipologie di ricorso alle urne, ha prodotto il codice di buona pratica referendaria[2], pure esso riconducibile al concetto anglosassone della free and fair election.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'interesse delle organizzazioni internazionali per la supervisione sulla correttezza delle elezioni origina dalla dichiarazione del Consiglio dell’Unione interparlamentare resa a Parigi il 26 marzo 1994[3]. In precedenza le proclamazioni delle massime sedi internazionali[4], pur numerose, non apparivano declinate nel senso di dettare prescrizioni per la tenuta della supervisione dei processi elettorali, allo scopo di non violare la riserva di "giurisdizione domestica" degli Stati.

L'interesse fu sviluppato al Consiglio d'Europa, dove nel 1999 fu approvato il rapporto di Georges Clerfayt al fine di “Drafting a standard Code of Practice in electoral matters and the establishment of a permanent European control body”[5].

Vi provvide la Commissione per la Democrazia attraverso il Diritto del Consiglio d’Europa, sottoponendo il Code of good practice in electoral matters 2002 agli organi del Consiglio d'Europa: sia l'Assemblea parlamentare che il Comitato dei ministri di tale organizzazione vi aderirono con atti formali[6].

Vincolatività[modifica | modifica wikitesto]

Partita come mera elencazione deontologica (sia pure utilizzata dall'ODHIR dell'OSCE per il monitoraggio delle elezioni)[7], l'efficacia del Codice si è rafforzata - quasi a livello di soft law - grazie alla Corte europea dei diritti dell'uomo: essa, nella valutazione del rispetto degli obblighi assunti con la ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali[8] e dei suoi Protocolli addizionali (e segnatamente dell'articolo 3 del Primo Protocollo addizionale alla Convenzione), cita spesso tale Codice, come avvenuto nella sentenza 11 gennaio 2007, Russian conservative party of entrepreneurs e altri contro Russia, nella sentenza Demir and Baykara contro Turchia [GC] (no. 34503/97, §§ 74-75, ECHR 2008) e nella sentenza 6 novembre 2012 (Ekoglasnost contro Bulgaria).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ https://www.venice.coe.int/webforms/documents/?pdf=CDL-AD(2002)023rev2-cor-e
  2. ^ CDL-AD(2007)008 Or. Fr., EUROPEAN COMMISSION FOR DEMOCRACY THROUGH LAW (VENICE COMMISSION), CODE OF GOOD PRACTICE ON REFERENDUMS, adopted by the Council for Democratic Elections at its 19th meeting (Venice, 16 December 2006) and the Venice Commission at its 70th plenary session (Venice, 16-17 March 2007) on the basis of contributions by Mr Pieter van DIJK (member, the Netherlands) Mr François LUCHAIRE (member, Andorra) Mr Giorgio MALINVERNI (member, Switzerland).
  3. ^ Declaration on criteria for free and fair elections, unanimously adopted by the Inter-Parliamentary Council at its 154th session (Paris, 26 March 1994); fu seguita dalla Universal Declaration on Democracy (16 September 1997).
  4. ^ Articolo 21 della Dichiarazione universale dei diritti umani; articolo 25 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici; articolo 3 del Primo protocollo addizionale CEDU; articolo 23 della Convenzione americana dei diritti dell'uomo; articolo 13 della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli; paragrafi 5 e 7 del 1990 OSCE Document of the Copenhagen Meeting of the Conference on the Human Dimension of the CSCE.
  5. ^ Parliamentary Assembly of the Council of Europe, Doc. 8327 of 10 February 1999.
  6. ^ Il codice fu consacrato nella risoluzione 1320 (2003) adottata il 30 gennaio 2003 dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nonché da una dichiarazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 13 maggio 2004.
  7. ^ Cfr. OSCE, “Existing Commitments for Democratic Elections in Osce Participating States”, Varsavia, 2003, consultabile alla URL ((http://www.osce.org/documents/odihr/2003/10/772_en.pdf Archiviato il 6 giugno 2017 in Internet Archive.)), nonché punto d. dell’ODIHR Election observation handbook (fourth edition, april 1999, Warsaw).
  8. ^ Ratificata in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]