Caterina Canossa

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Maria Caterina Canossa Scarselli o Catarina, nota anche come Caterina Canossa, Maria Catarina Scarselli e Caterina Scarselli (Bologna?, ... – ...; fl. XVIII secolo) è stata un'incisore italiana attiva nel XVIII secolo in ambito bolognese.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Maria Caterina Canossa era figlia di Laura Felice Lojani (?-1744[1]) e di Giovanni Battista Canossa (1685[2]-1747[1]), reputato incisore e intagliatore in legno, in rame e di sigilli che aveva una bottega sotto i portici dell'Archiginnasio.

Caterina Canossa crebbe con due sorelle, Maddalena e Angiola, e un fratello, nessuno dei quali però seguì le orme paterne per quanto ci è dato sapere. L'unica fu Caterina che divenne allieva del padre Giovanni Battista, e «intaglia al par di lui eccellentemente in legno, a segno tale che si tengono i suoi intagli fatti a bulino, e non in legno.»[1] Questo elogio che paragona la produzione xilografica della Canossa alle stampe calcografiche più precise, e la sua tecnica ai virtuosismi del padre, è di Luigi Crespi, compilatore nel 1769 di varie biografie di artisti bolognesi. In un altro passaggio, Crespi segnala che la Canossa «intaglia in legno con molta diligenza, e squisitezza.»[3]

Per capire la qualità del lavoro dei Canossa e il contesto storico-artistico in cui operarono si cita un passaggio legato all'opera del padre:

«La matrice intagliata su tre legni da Giovanni Battista Canossa nel 1706 (lo stesso anno in cui è fondata l'Accademia in Palazzo Fava) è l'unica tra quelle riconducibili all'ambito emiliano tra Sei e Settecento e conservate tra i fondi estensi a riportare la firma del suo artefice e addirittura la data esatta della sua realizzazione. Basata secondo Maria Goldoni su modelli tardo-cinquecenteschi o del principio del secolo successivo e caratterizzata da una resa chiaroscurale raffinatissima, evidente ad esempio nel trattamento della veste di Caifa, pare indicare, nell'esibizione virtuosistica di capacità tecnica, nella ripresa di modelli antichi e nell'orgogliosa apposizione dell'indicazione di responsabilità, la volontà dignificante dell'artefice, che sembra voler così proclamare il rango artistico del proprio lavoro. Un fatto che appare tanto più rilevante se riferito a un contesto come quello bolognese del primo decennio del Settecento, nel quale la xilografia si trova a ridosso di un cambiamento, che la vede ammessa in Accademia e entrare quindi di diritto nella storiografia artistica.[4]»

Secondo le fonti, Caterina Canossa si ispirò al lavoro della celebre Veronica Fontana.[5] Nel corso della sua carriera realizzò alcune opere per l'editore Lelio della Volpe, andate perdute.[5]

L'intagliatrice sposò un altro incisore rinomato, Alessandro Scarselli (1684-1773), anche miniaturista e copista e quasi coetaneo del padre di lei.[3][6]

Nel 1769 Luigi Crespi la segnalava ancora vivente.[1]

L'oblio[modifica | modifica wikitesto]

Le informazioni riguardanti questa artista sono scarse. È una delle 28 donne artiste al lavoro tra il XVII e il XVIII secolo a Bologna segnalate dal Crespi. Negli anni 2010 Caterina Canossa Scarselli è citata tra quelle di cui non si hanno opere attribuite o documentate.[7][8] Tuttavia, una pubblicazione del 2017 sulla xilografia emilana tra Seicento e Settecento lascia intravedere una possibile documentazione: «a parte la xilografia su tre legni qui citata, tutte le firme che si riferiscono a Giovanni Battista Canossa e a Caterina e Alessandro Scarselli sono falsi Barelli, tanto più convincenti in quanto lo stile dei tre intagliatori non è così lontano da quello delle matrici loro attribuite dall'antiquario milanese.»[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Luigi Crespi 1769, p. 250.
  2. ^ 1725. Quando a Bologna arrivarono i mori. Il tarocchino tra gioco e politica > I protagonisti della vicenda > Giuseppe Moretti, su bimu.comune.bologna.it, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio. URL consultato il 26 luglio 2021.
  3. ^ a b Luigi Crespi 1769, p. 242.
  4. ^ a b Chiara Travisonni 2017, pp. 98-99, nota 64.
  5. ^ a b Canossa Maria Caterina, Pari opportunità.
  6. ^ Alessandro Scarselli «intagliava all'acquaforte, ed in legno con una grandissima diligenza, e pulitezza.» Cfr. Luigi Crespi 1769, p. 242
  7. ^ Patricia Rocco 2014, pp. 224-225.
  8. ^ Patricia Rocco 2017, p. 205.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]