Epidemiologia dell'epatite D: differenze tra le versioni

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Prevalenza mondiale di HDV tra i vettori HBV nel 2015. Otto genotipi sono stati identificati in tutto il mondo mediante analisi filogenetiche comparative. Il genotipo 1 è il più frequente e ha patogenicità variabile, i genotipi 2 e 4 si trovano nell'Asia orientale causando una malattia relativamente lieve. Il genotipo 3 si trova in Sud America in associazione con epatite grave. I genotipi 5, 6, 7, 8 sono stati trovati solo in Africa.

L'epidemiologia dell'epatite D si verifica in tutto il mondo.[1] Sebbene le cifre siano state contestate, una recente revisione sistematica suggerisce che potrebbero essere infettati fino a 60 milioni di individui.[2]

Le principali vittime sono i portatori dell'antigene di superficie dell'epatite B ( HBsAg ), che vengono superinfettati dall'HDV, tra questi i consumatori di droghe per via endovenosa rappresentano il gruppo a più alto rischio. L'infezione di solito provoca danni al fegato (epatite D); spesso è questa un'epatite cronica e grave che evolve rapidamente in cirrosi.

L'infezione da HDV è riconosciuta nel momento in cui si dal ritrova l'anticorpo omologo (anti-HD) nel siero. I test per il genoma virale (HDV RNA ) sono limitati. Nel 2013, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha sviluppato 1 ° standard internazionale di HDV RNA con saggi basati sull'amplificazione degli acidi nucleici con tecniche (NAT).[3]

L'infezione da HBV sottostante necessaria per supportare l'HDV è fondamentale per determinare l'esito dell'epatite D.[4] Nella coinfezione simultanea con l'HBV, l'HDV viene condiviso dal partner HBV il mantello HBsAg; nelle superinfezioni dei portatori di HBsAg, viene invece condiviso dall'HBV straniero il vettore che fornisce il rivestimento HBsAg per l'assemblaggio del virione HD. Le coinfezioni hanno un decorso acuto; l'espressione dell'HDV è accompagnata da una risposta anticorpale debole, transitoria ed effimera.

Nelle superinfezioni, l'infezione cronica da HBV e lo stato di portatore HBsAg sostengono indefinitamente la replicazione dell'HDV, con conseguente risposta anti-HD persistente che può essere rilevata in qualsiasi campione di sangue casuale nel tempo; pertanto, i vettori dell'HBsAg sono l'unica fonte affidabile di informazioni epidemiologiche.

Tuttavia, le infezioni da HDV sono altamente patogene e inducono lo sviluppo della cirrosi epatica in circa il 70% dei casi entro cinque-dieci anni, con il rischio di cirrosi triplicata nei pazienti con coinfezione da HDV-HBV rispetto ai pazienti con infezione da HBV.[5] Poiché la probabilità di trovare anti-HD in tutto lo spettro clinico dei disturbi del fegato da HBV aumenta parallelamente alla gravità della malattia del fegato. I pazienti con malattia epatica avanzata da HBV sono la categoria più adatta di portatori di HBV per determinare l'epidemiologia e l'impatto nella salute reale dell'HDV.

Epidemiologia

Le aree ad endemicità bassa èer HDV sono il Nord America, il Nord Europa e l'Australia, dove la l'infezione è praticamente limitata ai tossicodipendenti endovenosi e agli immigrati provenienti da aree infette.[6]

Le aree ad alta endemicità rimangono nel bacino amazzonico e nelle regioni a basso reddito dell'Asia e dell'Africa. Inoltre, focolai di epatite fulminante D sono stati segnalati in passato nell'Amazzonia brasiliana e peruviana, nella Repubblica centrafricana, nelle colline dell'Himalaya [1] e dopo l'anno 2000, a Samara (Russia), in Groenlandia e in Mongolia.

Per controllare l'infezione da HBV, l'implementazione della vaccinazione contro l'epatite B nel mondo industrializzato ha portato a una marcata riduzione dell'HDV.[6] In particolare nell'Europa meridionale e a Taiwan. In Italia, l'HDV è diminuito tra i disturbi epatici da HBV dal 24,6% nel 1983 all'8% nel 1997. La prevalenza residua di epatite cronica D nelle malattie epatiche da HBV nell'Europa occidentale è, dal 2010, tra il 4,5% e il 10%, con gli immigrati provenienti da aree endemiche di HDV che rappresentano la maggior parte dei casi.[7]

Il rischio di HDV non è cambiato in modo significativo negli ultimi anni nei paesi del mondo in cui l'HBV rimane incontrollato. In Asia fino al 2015, le più alte prevalenze di malattia epatica cronica da HDV sono state riportate in Pakistan, Iran, Tagikistan e Mongolia;[8][9] uno studio del 2019 ha dimostrato che in Uzbekistan oltre l'80% dei casi di cirrosi da HBsAg sono associati all'infezione da HDV.[10] Da informazioni parziali e disperse la prevalenza in Cina, India e Indonesia sembra essere bassa

In molti paesi dell'Africa, il ruolo dell'epatite D è sconosciuta per la mancanza di test effettuati. I più alti tassi di infezione da HDV sono stati riportati nell'Africa sub-sahariana,[11][12] con la scoperta di anticorpi anti-HD in oltre il 30% e il 50% della popolazione generale di HBsAg in Gabon e Camerun, rispettivamente, e in oltre 50 % dei cirrotici HBsAg nella Repubblica centrafricana (Figura 1). Sono stati riportati tassi di anticorpi inferiori ma coerenti (dal 20% al 43%, con una media del 24%) nella malattia epatica da HBsAg in Tunisia, Mauritania, Senegal, Nigeria, Somalia e Alto Egitto. Sono state riportate basse prevalenze del 2,5% e del 12,7% nei portatori della malattia da HBV in Libia ed Etiopia.   [ <span title="This claim needs references to reliable sources. (March 2020)">citazione necessaria</span> ] Una bassa prevalenza dallo 0 all'8% è stata segnalata anche da Marocco, Algeria, Burkina-Faso, Benin, Mali, Sudan, Sudafrica e Mozambico; tuttavia, il dato è ricavato dai portatori di HBsAg asintomatici a basso rischio di HDV, dati raccolti presso le banche del sangue e nelle cliniche in ostetriche.   [ <span title="This claim needs references to reliable sources. (March 2020)">citazione necessaria</span> ]

Note

  1. ^ a b A Smedile, M Rizzetto e J Gerin, Advances in hepatitis D virus biology and disease, in Progress in Liver Diseases, vol. 12, February 1994, pp. 157–175, ISSN 1060-913X (WC · ACNP), PMID 7746872.
  2. ^ Alexander J Stockdale, Benno Kreuels e Marc R Y Henrion, Hepatitis D prevalence: problems with extrapolation to global population estimates (PDF), in Gut, vol. 69, n. 2, 2020, pp. 396–397, DOI:10.1136/gutjnl-2018-317874, ISSN 0017-5749 (WC · ACNP), PMID 30567743.
  3. ^ who.int, WHO/BS/2013.2227, https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/87703/WHO_BS_2013.2227_eng.pdf?. URL consultato il January 2, 2020.
  4. ^ Patrizia Farci, Delta hepatitis: An update, in Journal of Hepatology, vol. 39, 2003, pp. 212–219, DOI:10.1016/S0168-8278(03)00331-3, PMID 14708706.
  5. ^ G. Fattovich, G. Giustina e E. Christensen, Influence of hepatitis delta virus infection on morbidity and mortality in compensated cirrhosis type B, in Gut, vol. 46, n. 3, 2000, pp. 420–426, DOI:10.1136/gut.46.3.420, PMID 10673308.
  6. ^ a b Mario Rizzetto e Alessia Ciancio, Epidemiology of Hepatitis D, in Seminars in Liver Disease, vol. 32, n. 3, August 2012, pp. 211–219, DOI:10.1055/s-0032-1323626, ISSN 0272-8087 (WC · ACNP), PMID 22932969.
  7. ^ Heiner Wedemeyer e Michael P. Manns, Epidemiology, pathogenesis and management of hepatitis D: Update and challenges ahead, in Nature Reviews Gastroenterology & Hepatology, vol. 7, n. 1, 2010, pp. 31–40, DOI:10.1038/nrgastro.2009.205, PMID 20051970.
  8. ^ Zaigham Abbas, Hepatitis D: Scenario in the Asia-Pacific region, in World Journal of Gastroenterology, vol. 16, n. 5, 2010, pp. 554–62, DOI:10.3748/wjg.v16.i5.554, ISSN 1007-9327 (WC · ACNP), PMID 20128022.
  9. ^ Dulce Alfaiate, Paul Dény e David Durantel, Hepatitis delta virus: From biological and medical aspects to current and investigational therapeutic options, in Antiviral Research, vol. 122, 2015, pp. 112–129, DOI:10.1016/j.antiviral.2015.08.009, ISSN 0166-3542 (WC · ACNP), PMID 26275800.
  10. ^ Malika Khodjaeva, Nargiz Ibadullaeva e Aziza Khikmatullaeva, The medical impact of hepatitis D virus infection in Uzbekistan, in Liver International, vol. 39, n. 11, 2019, pp. 2077–2081, DOI:10.1111/liv.14243, PMID 31505080.
  11. ^ Mario Rizzetto, Hepatitis D Virus, in Wong (a cura di), Clinical Epidemiology of Chronic Liver Diseases, 2019, pp. 135–148, DOI:10.1007/978-3-319-94355-8_11, ISBN 978-3-319-94355-8.
  12. ^ Alexander J. Stockdale, Mas Chaponda e Apostolos Beloukas, Prevalence of hepatitis D virus infection in sub-Saharan Africa: A systematic review and meta-analysis, in The Lancet Global Health, vol. 5, n. 10, 2017, pp. e992–e1003, DOI:10.1016/S2214-109X(17)30298-X, PMID 28911765.