Utente:Rosapiabrancucci/Sandbox

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La struttura narrativa

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Il Novellino si presenta come una raccolta di cinquanta novelle, organizzata in una struttura pentapartita, ossia divisa in cinque sezioni tematiche. La prima decade riguarda le «detestande operazioni» dei religiosi; la seconda racconta le «beffe ai danni dei gelosi» e «altri piacevoli accidenti»; nella terza Masuccio si sofferma sui difetti del «muliebre sesso»; nella quarta ci racconta storie di materia «lacrimevole e mesta» ma anche «piacevoli e facete»; infine, nella quinta narra storie di principi e «d’altre a lieto fine terminate». Ogni decade, quindi, porta alla luce un argomento definito, illustrato preventivamente dall’autore, che prende direttamente la parola sia nei prologhi introduttivi e nelle conclusioni di ogni sezione dell’opera sia al termine dell’intera raccolta, nel Parlamento de lo autore al libro suo. Questa rete di interventi autoriali contribuisce a stabilire un ordine coerente interno alla raccolta. Nel Novellino di Masuccio, dunque, ogni narrazione è indipendente, ma disposta in un percorso narrativo organizzato secondo un modello ‘ascensionale’; preceduta da una epistola dedicatoria - indirizzata a un illustre corrispondente - e seguita da un commento dell’autore.

Scrittura e ordinamento delle novelle

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Pare che Masuccio avesse incominciato a scrivere alcune novelle già dal 1450, diffondendole poi ‘alla spicciolata’ tra i nobili della corte aragonese e gli intellettuali del circolo umanistico napoletano, e che alla sistemazione di questi scritti in un corpus unitario fosse giunto solo in un secondo momento, impegnando in questa operazione gli ultimi anni della sua vita.

L’ordinamento delle novelle in un libro unitario fu accompagnato da una graduale riscrittura di alcuni racconti: un lavoro di cesello lungo e minuzioso, di revisione radicale nello stile e nel contenuto, condotto dall’autore nella speranza di poter conseguire, una volta raggiunta una forma ‘adeguata’, una durevole fama, malgrado l’umile appellativo di Novellino con il quale Masuccio aveva designato la sua raccolta «per la poca qualità» che le attribuiva (almeno in apparenza), lo scrittore la offre in dono, «licet indigne», alla duchessa di Calabria, Ippolita Sforza, «cultrice di lettere classiche e volgari e paradigma quattrocentesco di mecenatismo al femminile» come garante dell’impresa e lettrice ideale dell’opera, la duchessa è incaricata da Masuccio di «pulire» il libro dalle sue «multe rugine» e «superficialità» [1]

Ma il rimaneggiamento creativo andò per le lunghe: Masuccio, sopraggiunto dalla morte, non riuscì neppure a vedere la sua opera pubblicata, che uscì postuma solo nel 1476, quando Francesco Del Tuppo, grazie a un apografo (l’autografo, come si è detto, era stato distrutto per volere dell’autorità ecclesiastica) fornito da un copista della corte aragonese, Joan Marco Cinico, poté dare alle stampe, per la prima volta, il Novellino.[2]

Modelli del Novellino

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Stabilendo una discendenza genealogica che travalica tempo e spazio, Guardati decide di seguire il percorso già tracciato dal «vetusto satiro Giovenale» (Esordio della parte terza) e di incamminarsi sulle orme ‘paterne’ di Boccaccio, ingegnandosi a imitarne l’«ornatissimo idioma e stile». È infatti grazie alla guida di questi due grandi poeti, che Masuccio si sente pronto a superare le difficoltà legate alla tematica misogina della «venente parte» - la terza, appunto - cuore centrale dell’«operetta», e a proseguire il suo «viaggio testuale». L’esempio autorevole dei due scrittori che lo hanno preceduto nell’impresa sarà garante della legittimità dello sforzo poetico di Masuccio, assicurando valore letterario alla sua opera.

Scrive Settembrini: [3]

«[Masuccio] Ammira Giovenale perché non vuole ridere per ridere, ma per ferire e svergognare le turpitudini de’ i suoi tempi e non essere spensierato come il Boccaccio del quale vuole imitare pur l’idioma e lo stile. Egli è Giovenale dentro, e Boccaccio fuori.»


La presenza del modello decameroniano nel Novellino è invasiva e si percepisce su più livelli: quello stilistico, sintattico e narrativo, ma anche quello strutturale. Tuttavia, pur mantenendosi sul sentiero tracciato dall’illustre novelliere trecentesco, lo scrittore napoletano apporta delle proprie personali innovazioni allo schema delineato nel Decameron: a differenza di Boccaccio, Masuccio rinuncia alla fictio del discorso nel discorso, preferendo raggruppare le sue novelle intorno a un’unica cornice para-testuale, in cui l’autore stesso prende la parola in prima persona, in modo da orientare l’interpretazione delle storie appena raccontate. Nel Novellino manca la cornice metanarrativa del Decameron: all’ideale brigata dei narratori/ascoltatori boccacciani, Masuccio sostituisce i destinatari storici e concreti delle sue epistole-novelle.

Oltre che per l’impianto unitario della raccolta, Masuccio prende spunto dal Decameron per la materia narrativa, stabilendo di riproporne alcuni argomenti ricorrenti (come la satira nei confronti dei religiosi e la materia amorosa ed erotica) in chiave e lingua napoletana. Tuttavia, Masuccio estremizza le tematiche e gli schemi della raccolta di Boccaccio, rendendo la narrazione più tesa, drammatica ed enfatica. Nel Novellino, le materie narrative riprese dal Decameron tendono a toni di più aspra e accesa polemica e assumono aspetti grotteschi; nello stesso tempo, proprio per questa ragione, la narrazione del Salernitano è più ricca di sfumature stilistiche.

Come ha evidenziato Letterio di Francia: [4]

«mentre Boccaccio racconta l’«ipocresia dei religiosi» in modo leggero e ridente, Masuccio vuole essere grottesco e blasfemo. Raccontando le ribalderie dei frati e delle donne, Boccaccio sorride maliziosamente e di solito, nella sua luminosa oggettività, si mantiene indulgente e sereno. Masuccio, al contrario, perde la calma, non sa contenersi nemmeno nel corso della narrazione e, a ogni momento, prorompe in apostrofi, in invettive, in contumelie.»

Lingua e stile

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A differenza di altri letterati del Quattrocento a lui vicini, Masuccio non visse tra gli eruditi grecisti e latinisti, ma tra i signori della corte aragonese. Per questo, sceglie di rappresentare nella sua opera la realtà napoletana, adoperando non la convenzionale e artefatta lingua latina, ma la lingua familiare e viva, parlata naturalmente da un pubblico non specialista.

Il contesto storico e culturale

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Pur professando ammirazione per Boccaccio e sforzandosi di emularlo, Masuccio non si limita a una pigra riproduzione del modello, ma riesce a far sentire la propria voce, avvicinando il lettore al suo modo di pensare, alla sua cultura, ai luoghi a lui vicini. Esperto di due corti, quella di Alfonso il magnanino e di Ferrante a Napoli, e quella di Roberto Sanseverino a Salerno, Masuccio ha un panorama umano vasto e multiforme da studiare, inquisire e riprodurre. Le sue «novelle per autentiche istorie approbate» (Novellino, Prologo 2) si presentano, innanzitutto, come resoconti di fatti reali, di notizie «de certi moderni e d'altri non multo antiqui travenuti». Masuccio infatti sostiene di essere stato egli stesso testimone di molti degli episodi narrati, aggiungendo di essere pronto a raccontare, «per non tacere il vero», tutti i misfatti di cui è a conoscenza. Nelle sue narrazioni, la realtà storica si mescola con l’inventiva dell’autore che riesce così a dar vita a storie inconsuete, in cui gli eventi reali appaiono deformati da dettagli grotteschi e da una comicità violenta. Azioni quotidiane sfociano in situazioni paradossali o macabre, i rapporti amorosi si trasformano presto in relazioni oscene, che vedono prevalentemente come protagonisti religiosi dissoluti, intenti a imbrogliare donne frivole e laici creduloni. L’autore diventa trascrittore di fatti o pettegolezzi di cui tutti sono a conoscenza (il Novellino è anche un interessante documento storico), trasformando la mimesi realista dell’opera in uno strumento funzionale di raccordo con la realtà, capace di ammiccare a un pubblico storicamente attivo e presente. Alle narrazioni aggiunge poi particolari abnormi e grotteschi, in contrasto tra l’immanità degli eventi e la domestica familiarità dei luoghi e nomi citati, come a dire: «il bizzarro e l’abnorme non sono lontano da noi ma fra noi».[5]

Già nella lettera dedicatoria della prima parte della raccolta, indirizzata a Ippolita d’Aragona, duchessa di Calabria, donataria del libretto, Masuccio dichiara lo scopo principale della sua opera: mettere in guardia i suoi lettori dai «falsi religiosi», i quali «con diversi modi e viciose arti» ingannano «gli sciocchi o vero non multo prodenti seculari» (Novellino I, Prologo, 14). La denuncia contro la parola ingannatrice dei predicatori è il nucleo fondamentale dell’opera: è da tale forza polemica, che Guardati trae la sostanza e il nutrimento della sua arte. Quella di Masuccio infatti è una risposta alle parole menzognere e imbonitrici dei religiosi, che egli intende controbattere con la sua ‘Bibbia novellistica’, una raccolta di exempla laici sulle colpe dei religiosi, una raccomandazione scritta e veritiera che i lettori sono invitati a tenere bene a mente.

  1. ^ L. TERRUSI, Masuccio Salernitano, Il Novellino, in Il cominciamento e la tradizione letteraria italiana, vol. 1, Lecce, Pensa Multimedia, 2011, pp. pp. 149-159, p. 157.
  2. ^ D. PIROVANO, Modi narrativi e stile del «Novellino», Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. pp. 3-4.
  3. ^ L. SETTEMBRINI, Masuccio, i suoi tempi, il suo libro, in MASUCCIO SALERNITANO, Novellino, a cura di a cura di S.S. Nigro, nell’edizione di Luigi Settembrini, Milano, Rizzoli, 1990, pp. pp. 61-93, p. 77.
  4. ^ L.DI FRANCIA, Storia dei generi letterari. Novellistica, Dalle origini al Bandello, Storia dei generi letterari, vol.1, Milano, Vallardi, 1924, p. p. 450.
  5. ^ L. TERRUSI, El rozo idyoma de mia materna lingua,El rozo idyoma de mia materna lingua. Studio sul Novellino di Masuccio Salernitano, Bari, Laterza, 2005, pp. 60-61.

Edizioni di riferimento e fonti primarie

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  • Masuccio Salernitano, Novellino, a cura di G. Petrocchi, con appendice di prosatori napoletani del ’400, Firenze, Sansoni, 1957.
  • Masuccio Salernitano, Novellino, nell’edizione di Luigi Settembrini, a cura di S.S. Nigro, Milano, Rizzoli, 1990, ISBN 8817167711.

Letteratura secondaria

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  • Letterio Di Francia, Novellistica. Dalle origini al Bandello, Storia dei generi letterari, Milano, Vallardi, vol.1, 1924.
  • Salvatore S. Nigro, Le brache di San Griffone. Novellistica e predicazione tra ʼ400 e ʼ500, Bari, Laterza, 1983, ISBN-10 ‏‎8842021504.
  • Donato Pirovano, Modi narrativi e stile del «Novellino» di Masuccio Salernitano, Firenze, La Nuova Italia, 1996.
  • Donato Pirovano, Masuccio e la critica, in «Giornale storico della letteratura italiana», CLXXIII, 1996, pp. 392-428.
  • Luigi Settembrini, Masuccio, i suoi tempi, il suo libro, in MASUCCIO SALERNITANO, Novellino, nell’edizione di Luigi Settembrini, a cura di S.S. Nigro, Milano, Rizzoli, 1990, pp. 61-93.
  • Leonardo Terrusi, El rozo idyoma de mia materna lingua. Studio sul Novellino di Masuccio Salernitano, Bari, Laterza, 2005.
  • Leonardo Terrusi, Masuccio Salernitano, Il Novellino, in Il cominciamento e la tradizione letteraria italiana, a cura di P. Guaragnella e S. De Toma, Lecce, Pensa Multimedia, 2011, vol. 1, pp. 149-159.
  • Vincenzo Vitale, La chiave della dedica: Alfonso duca di Calabria Anticristo in una novella di Masuccio, «Margini. Giornali della dedica e altro», 11, 2017, pp. 3-27.