Utente:Osk/Storia

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Prime modifiche al celerifero vanno attribuite, nel secondo decennio del XIX secolo, al barone tedesco Karl Friedrich Christian Ludwig Drais von Sauerbronn (1785-1851). Originario di Karlsruhe, agrimensore, poi ispettore forestale,[1] infine inventore, Drais realizzò, tra le altre, due macchine per spostarsi senza l'ausilio del cavallo. Nel dicembre 1813 proprio a Karlsruhe presentò allo zar Alessandro I, in viaggio per il Congresso di Vienna, la prima di queste due macchine, dotata di quattro ruote e chiamata Fahrmaschine ("macchina per viaggiare"). Lo zar ne fu entusiasta, donò a Drais anche un anello con diamanti, ma il macchinario non ebbe successo.[2] La seconda macchina, che Drais chiamò Laufmaschine ("macchina per correre"), era invece fornita di due ruote di legno con otto raggi ciascuna, di un telaio munito di sella imbottita e di un manubrio mobile per la direzionalità, e avanzava grazie alla spinta dei piedi sul terreno.[2][1] Con questa nuova macchina, costruita interamente in legno di noce, – una versione di celerifero con sterzo, una primitiva bicicletta moderna senza pedali – l'utilizzatore poteva raggiungere la velocità di circa 16 chilometri orari.[1]

Il primo viaggio riportato dalle cronache, da Mannheim a Schwetzingen e ritorno (distanza complessiva di 28 chilometri), venne compiuto il 12 luglio 1817 dallo stesso Drais sulla sua Laufmaschine.[2] Nello stesso anno egli effettuò un secondo viaggio, da Karlsruhe a Kehl, su un percorso di 78 chilometri.[2] Il 12 gennaio 1818 il granduca di Baden Carlo II conferì a Drais, per l'invenzione della Laufmaschine, il Großherzogliches Privileg, assimilabile al brevetto dei nostri giorni[2] (a quel tempo in Baden non vi era una legislazione specifica in merito). Anche la Francia, il 17 febbraio 1818, conferì il brevetto al barone, per la macchina che venne allora chiamata per la prima volta in francese vélocipède o, dal nome dell'inventore, draisienne (in italiano "draisina"). Nel 1818 gli assegnarono un brevetto anche la Prussia, la Baviera e, il 22 dicembre, l'Inghilterra; nel 1819 anche il Belgio e gli Stati Uniti.[2]

Il 5 aprile 1818, ai Giardini del Lussemburgo a Parigi, venne data la prima dimostrazione ufficiale del nuovo veicolo.[2] Il Journal de Paris diede annuncio di uno spettacolo a pagamento, una corsa di velocipedi da svolgersi su un percorso di trecento tese, pari a 585 metri.[2] I biglietti costavano un franco e mezzo per gli uomini, un franco per le donne, mezzo per i bambini: all'evento assistirono 3000 spettatori, e vennero incassati 3600 franchi.[2] L'evento incuriosì, pur non entusiasmando; ciò nonostante l'uso della draisina cominciò a diffondersi, favorita anche dalla produzione su larga scala del mezzo,[2] e divenne presto una moda, andando a caratterizzare i parchi e i boulevard di Parigi e altre città francesi durante i giorni di festa.[1]

Nacquero in quegli anni anche le prime manifestazioni competitive di draisine, cui partecipavano molti appassionati, perlopiù appartenenti al ceto nobiliare o comunque con buone possibilità economiche.[3] Sempre nel 1818 si svolse un concorso anche a Monaco di Baviera, in Germania; il vincitore di tale gara si recò quindi in Inghilterra per sfidare su draisina un cavallo su un percorso di dieci chilometri. Vincerà, non inaspettatamente, l'uomo su velocipede.[3]

Allo stesso periodo risalgono altre macchine similari. Nel 1819 ai Giardini del Lussemburgo di Parigi il meccanico Henry Gourdoux presentò una versione rivisitata della draisina, caratterizzata però da due ruote posteriori parallele, una sorta di triciclo; il mezzo non ottenne però il successo sperato.[4] Quasi contemporaneamente, nel 1818, il milanese Antonio Brianza realizzò un "velocimano" a tre ruote, caratterizzato da due leve verticali da azionare alternativamente a mano, con movimento trasmesso sulle due ruote posteriori per mezzo di bielle, e con staffe poggiapiedi per il controllo della ruota sterzante anteriore.[4][5] Soprannominato all'epoca el caval mecanegh ("il cavallo meccanico") per la posizione del conducente, appunto a "cavallo" del mezzo, non ottenne particolare successo.[5]

Risalgono a quegli stessi anni alcuni divieti di utilizzo delle draisine. Ad esempio a Milano la Polizia Municipale, tramite affissione di grida, vietò l'utilizzo dei velocipedi in orario notturno entro le mura cittadine.[3] Risale al 3 settembre 1818 un bando emesso proprio a Milano dall'Imperial Regia Direzione Generale di Polizia allo scopo di vietare l'uso dei velocipedi durante la notte, a causa del rumore causato sul selciato. Il manifesto, a firma G.N. Frigerio, precisava:

«È proibito di girare nottetempo sui velocipedi per le contrade e per le piazze interne delle città. È però tollerato il corso dei medesimi sui bastioni e sulle piazze lontane dall'abitato.[3][6]»

In Inghilterra Drais cedette all'artigiano e carrozziere londinese Denis Johnson la rappresentanza per la costruzione della draisina.[7] Johnson propose sviluppi e miglioramenti, anche estetici, al mezzo: modificò la forma dell'asse tra le ruote (non più rettilineo ma curvo e sinuoso), introdusse il ferro come materiale di realizzazione ‒ solo ruote e asse rimasero di legno – in modo da diminuirne il peso complessivo, e propose anche una versione femminile, con telaio sagomato adatto per l'utilizzo con lunghe gonne.[2] La macchina di Johnson, pur mantenendo un costo elevato, che ne impedì ancora la diffusione a livello popolare, ottenne il successo sperato, venendo prodotta in circa 400 esemplari e divenendo nota in quegli anni come hobby horse ("cavallo da divertimento") o dandy horse.[2][7]

Sempre in Gran Bretagna, nel 1839, il maniscalco scozzese Kirkpatrick MacMillan (1812-1878) realizzò un velocipede in cui a garantire la forza motrice erano le braccia del guidatore, tramite dei pedali posti su una manovella.[8][9] Mediante un sistema di bielle e manovelle, i pedali trasmettevano il moto alla ruota posteriore, mentre era possibile frenare ruotando il manubrio. Si trattava di un sistema propulsivo differente da quello a semplice spinta sul terreno, proprio della draisina e delle hobby horse, e che al contrario consentiva al conducente di spostarsi sollevando i piedi dal suolo.[8] Il viaggio di MacMillan sulla sua macchina, 68 miglia (110 km) da Dumfries a Glasgow, del 6-7 giugno 1842, venne raccontato dal Glasgow Courier in un articolo dal titolo The velocipede. Curiosamente durante tale viaggio MacMillan ricevette una multa di 5 scellini (la prima nella storia del ciclismo) per aver investito un bambina e aver turbato la circolazione.[2][9] MacMillan non brevettò però la sua macchina, e non ne ottenne profitto; nel 1846 la sua idea di velocipede a leve venne ripresa e sviluppata, in un nuovo prototipo, da un altro scozzese, Gavin Dalzell. La macchina di Dalzell, oggi esposta al Glasgow Museum of Transport, ma celebrata già all'Esposizione internazionale di scienza, arte e industria svoltasi a Glasgow nel 1888, è considerata l'esemplare di bicicletta più antico al mondo.[9][10]

La macchina subirà comunque ulteriori modifiche nei decenni seguenti, fino all'introduzione del pedale ai piedi, attribuita a Pierre Michaux, e alla nascita dell'odierna bicicletta.

  1. ^ a b c d Marchesini, p. 18
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m Claudio Gregori, Ciclismo, Enciclopedia dello Sport (2005) - Come nasce la bicicletta, in www.treccani.it. URL consultato il 1º agosto 2014.
  3. ^ a b c d Marchesini, p. 47
  4. ^ a b Marchesini, p. 19
  5. ^ a b Triciclo a leve manuali, in www.lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 1º agosto 2014.
  6. ^ Altre fonti collocano tale divieto al 26 giugno 1811, cfr. Marchesini, pp. 47-48:

    «Avendo l'esperienza dimostrato che il correre dei velocipedi può riuscire pericoloso ai passeggeri, la Direzione generale suddetta ordina: I. È proibito girare nottetempo su velocipedi per le contrade e per le piazze interne della città; II. È tollerato però il corso dei medesimi sui bastioni e sulle piazze lontano dall'abitato; III. Coloro che contravverranno il suddetto Ordine saranno puniti con la confisca della macchina.»

    O all'8 settembre 1819, cfr. INVENZIONI: LA BICICLETTA COMPIE 190 ANNI (2), in www1.adnkronos.com, 21 maggio 2006. URL consultato il 1º agosto 2014.:

    «Avendo così dimostrato che il correre dei così detti velocipedi può riuscire pericoloso ai passeggeri, la Direzione generale suddetta ordina: I. È proibito di girare nottetempo sui velocipedi per le contrade e le piazze interne della città; II. È tollerato, però, il corso dei medesimi sui bastioni e nelle piazze lontane dall'abitato. I contravventori saranno puniti con la confisca della macchina.»

  7. ^ a b INVENZIONI: LA BICICLETTA COMPIE 190 ANNI (2), in www1.adnkronos.com, 21 maggio 2006. URL consultato il 1º agosto 2014.
  8. ^ a b Macmillan, Kirkpatrick, in www.treccani.it. URL consultato il 1º agosto 2014.
  9. ^ a b c (EN) Kirkpatrick Macmillan (1812 - 1878), in www.bbc.co.uk. URL consultato il 1º agosto 2014.
  10. ^ (EN) Gavin Dalzell bicycle after KirkpatrickMacMillan, in collections.glasgowmuseums.com. URL consultato il 1º agosto 2014.