Utente:Micap/Sandbox

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Audi Sport Quattro RS002

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La Moto Guzzi Daytona nasce dall'esigenza di sfruttare commercialmente i successi agonistici ottenuti negli Stati Uniti dal preparatore locale John Wittner, ex dentista che successivamente divenne noto agli appassionati come Dr. John, che rinverdivano i fasti della Casa italiana, ritiratasi dalle competizioni negli anni cinquanta.

Fin dagli anni Settanta la Moto Guzzi era entrata a far parte del gruppo De Tomaso Industries Ltd., di cui faceva parte anche Benelli, guidato dall’ex pilota divenuto imprenditore Alejandro De Tomaso: una situazione finanziaria tutt'altro che tranquilla e mai rimessa in sesto, un continuo spostamento dei reparti di produzione e montaggio ed una errata politica di prodotto (sia come gamma che come qualità costruttiva - non all’altezza del Marchio), dovuta principalmente alla gestione dell'italoargentino, avevano portato la Casa in cattive acque.
Nonostante un invidiabile palmarès sportivo di oltre 3.300 vittorie in gare ufficiali, alla fine degli anni Ottanta la Moto Guzzi aveva ancora in listino una moto di vecchia concezione come la Le Mans 1000 e non disponeva nella sua gamma di una moto sportiva pura, di una moto pronta con cui competere nei campionati riservati alle moto derivate dalla serie.

Durante gli anni ottanta, infatti, le gare motociclistiche delle derivate dalla serie tornarono a destare l’interesse degli appassionati e del pubblico, partendo prima dagli Stati Uniti e dilagando poi in tutto il mondo.

Ricalcando le categorie americane, si svilupparono la Superbike, le gare denominate BOTT (Battle of the Twins, riservata ai bicilindrici) e quelle chiamate SOS (Sound of the Singles, riservata ai monocilindrici). Nelle "BOTT" trovarono largo uso le special spinte da motori bicilindrici a V di Moto Guzzi e Ducati.

Una di esse fu allestita artigianalmente dal Dr. John sulla base di una Le Mans per partecipare alle gare BOTT statunitensi e, con il pilota Doug Braunek in sella ad essa, il piccolo team ottenne il successo durante la settimana di gare che si svolgeva sul circuito di Daytona. Questi successi colpirono De Tomaso in persona, al punto che nel 1988 gli affidò in toto lo sviluppo del motore V2 in versione a 4 valvole per cilindro, un motore progettato dall'ingegner Umberto Todero ma mai sviluppato per la mancanza sia di fondi che di una strategia industriale del gruppo.

Dettaglio del motore della Moto Guzzi 1000 Daytona RS racer

Il preparatore americano si mise subito all’opera partendo dal prototipo e costruendogli intorno un nuovo telaio (derivato quello utilizzato per le sue prime vittoriose elaborazioni), un telaio che solo questo motore poteva permettere. Sfruttando lo spazio tra la V dei cilindri (concepito per essere montato trasversalmente) Dr. John ideòun monotrave discendente che collegava direttamente il cannotto di sterzo con il forcellone e, tramite piastre, il monoammortizzatore posteriore. Unito al nuovo motore 8 valvole, permise a questa moto di continuare la striscia vittoriosa nel BOTT americano ed ancora una volta vide il successo a Daytona, la gara più prestigiosa della serie, che divenne il nome con cui da allora venne designata la moto.

L’anno successivo, il 1989, De Tomaso invitò Dr. John a Mandello del Lario, sede della Moto Guzzi, e lo convinse a correre anche in Europa. Lui, la sua piccola squadra e lo sconosciuto (in Europa) Doug Braunek fecero quindi il loro esordio alla Due Giorni Internazionale sullo storico circuito di Monza, trovando come avversari l'ex campione del motomondiale Marco Lucchinelli e la sua Ducati 851 ufficiale,già allora vittoriosa nel campionato mondiale Superbike.

Già dalle prime tornate di prova questa Moto Guzzi bianca e rossa, col suo motore imponente, messa in pista da una squadra dai mezzi limitati e pilotata da un pilota come Doug Brauneck che non aveva mai visto la pista prima di allora, destò l'attenzione del pubblico nella sua lotta contro un avversario meglio organizzato: la sorpresa divenne clamore al momento delle prove per lo schieramento ufficiale, quando la Daytona segnò il secondo miglior tempo, staccata di pochi centesimi di secondo dalla Ducati di Lucchinelli e lasciando il vuoto alle sue spalle. Nonostante la mancata vittoria a causa di una banale rottura di un cavo delle candele che fermò Brauneck quando era solo in testa, il risultato mediatico era stato raggiunto: la Moto Guzzi era tornata all’altezza del proprio blasone con una moto sportiva, senza rinunciare al suo motore V2 diventato nel frattempo l’icona stessa della Casa e, a sottolineare l'evento, la Daytona venne premiata a Monza come “Miglior novità tecnica e prestazionale”.

Ma l'azienda non riuscì a dare un seguito all'exploit, in quanto i problemi finanziari della Moto Guzzi non erano ancora stati risolti, e senza più alcun supporto la Daytona poté partecipare solo sporadicamente a nuove gare. Quella fu la fine della versione da competizione, ma l’inizio di una possibile Daytona stradale: visti i successi sportivi la dirigenza Moto Guzzi si convinse di poter mettere in produzione una vera sportiva, anche se la realizzazione del progetto avvenne troppo tardi rispetto all'idea.

Infatti al Salone di Milano del 1989 venne presentata la prima versione stradale, allora denominata 1000 Daytona, replica fedele (livrea bianco-rossa compresa) della moto di Dr. John con l’aggiunta solo dei necessari sistemi di illuminazione e di portatarga

Nonostante le aspettative generatesi, quegli anni corrisposero ad uno dei periodi più bui della Moto Guzzi dal punto di vista industriale e della gestione vera e propria. Tra rimandi, annunci, ritardi, nuovi annunci, il tempo passava senza che la Daytona arrivasse effettivamente dai concessionari, pronta per essere venduta al grande pubblico che già apprezzava il prodotto con numerosissimi ordinativi.

Si dovette attendere fino al 1992 per poterla finalmente acquistare, troppo tardi per capitalizzarne il potenziale perché dopo 3 anni si trattava di un progetto obsoleto anche per gli occhi coloro che l'avevano ordinata in precedenza. Quella moto assunse il nome definitivo di Daytona 1000 IE perché nel frattempo, con la collaborazione del Dr. John tutto era stato evoluto, dalle carenature più leggere e filanti al motore al quale i carburatori erano stati sostituiti con la più moderna ed efficiente iniezione elettronica.