Utente:Lisa Maturi/Sandbox

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Definizione[modifica | modifica wikitesto]

Prigioniero di guerra significa ogni persona catturata o internata da un potere belligerante durante la guerra. In senso stretto si applica solo ai membri di forze armate regolarmente organizzate, ma per definizione più ampia include anche guerriglieri, civili che prendono apertamente le armi contro un nemico o non combattenti associati a una forza militare.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nella prima storia della guerra non era riconoscimento uno stato di prigioniero di guerra, perché il nemico sconfitto veniva ucciso o ridotto in schiavitù dal vincitore. Le donne, i bambini e gli anziani della tribù o nazione sconfitta sono stati spesso eliminati in modo simile. Il prigioniero, che fosse o meno un belligerante attivo, era completamente sotto il controllo del suo rapitore, e se il prigioniero sopravviveva al campo di battaglia, la sua esistenza dipendeva da fattori come la disponibilità di cibo e la sua utilità per il suo catturatore. Il prigioniero era considerato dal suo rapitore come un semplice oggetto. Durante le guerre di religione, era generalmente considerato un modo per mettere a morte i non credenti, ma nel tempo delle campagne di Giulio Cesare un prigioniero poteva, in determinate circostanze, diventare un liberto all'interno dell'Impero Romano.

Quando la guerra cambiò, cambiò anche il trattamento dei prigionieri e dei membri delle nazioni o delle tribù sconfitte. La schiavitù dei soldati nemici in Europa diminuì durante il Medioevo, ma il riscatto fu ampiamente praticato e continuato anche nel XVII secolo. I civili della comunità sconfitta venivano solo raramente fatti prigionieri, perché in quanto prigionieri a volte erano un peso per il vincitore. Inoltre, poiché non erano combattenti, non era considerato né giusto né necessario portarli prigionieri.

Nel XVI e all'inizio del XVII secolo alcuni filosofi politici e giuridici europei hanno espresso il loro pensiero sul miglioramento degli effetti della cattura sui prigionieri. Il più famoso di questi, Hugo Grotius, dichiarò nel suo De jure belli ac pacis (1625; Sulla legge di guerra e pace) che i vincitori avevano il diritto di schiavizzare i loro nemici, e sosteneva lo scambio e il riscatto. Il Trattato di Westfalia (1648), il quale prevedeva i rilascio di prigionieri senza riscatto, è generalmente considerato come la fine dell'era della schiavitù diffusa dei prigionieri di guerra.

Nel XVIII secolo un nuovo atteggiamento morale nella legge delle nazioni, o legge internazionale, ebbe un profondo effetto sul problema dei prigionieri di guerra. Il filosofo politico francese Montesquieu nel suo L'Esprit des lois (1748; Lo spirito delle leggi) scrisse che l'unico diritto in guerra che il rapitore aveva su un prigioniero era di impedirgli di fare del male. Il prigioniero doveva semplicemente essere rimosso dal combattimento. Altri scrittori, come Jean-Jacques Rousseau ed Emerich de Vattel, ampliarono lo stesso tema e svilupparono quella che si potrebbe chiamare la teoria della quarantena per la disposizione dei prigionieri. Da questo punto in poi il trattamento dei prigionieri è generalmente migliorato.

Verso la metà del 19 ° secolo alcuni principi per il trattamento dei prigionieri di guerra erano generalmente riconosciuti nel mondo Occidentale. Ma il rispetto di questi principi nella Guerra Civile Americana (1861-65) e nella guerra franco-prussiana (1870-71) lasciava molto a desiderare, e numerosi tentativi furono fatti nella seconda metà del secolo per migliorare il destino di soldati feriti e di prigionieri. Nel 1899 e di nuovo nel 1907 le Conferenze Internazionali all'Aja stabilirono regole di condotta che ottennero un certo riconoscimento nel diritto internazionale. Durante la Prima Guerra Mondiale, tuttavia, quando i prigionieri di guerra erano milioni, spesso le regole non venivano rispettate. Subito dopo la guerra le nazioni del mondo si riunirono a Ginevra per ideare la Convenzione del 1929, che prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu ratificata da Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e molte altre nazioni, ma non dal Giappone e dall'Unione Sovietica.

La Convenzione di Ginevra fu poi rivista nel 1949. Continuò il concetto espresso in precedenza che i prigionieri dovevano essere rimossi dalla zona di combattimento e essere umanamente trattati senza perdita di cittadinanza. La convenzione del 1949 ha allargato il termine prigioniero di guerra per includere non solo i membri delle forze armate regolari che sono caduti nel potere del nemico ma anche le milizie, i volontari, gli irregolari e i membri dei movimenti di resistenza se fanno parte delle forze armate e anche le persone che accompagnano le forze armate senza essere effettivamente membri, come i corrispondenti di guerra, gli appaltatori di forniture civili e le unità di servizio del lavoro. Le protezioni date ai prigionieri di guerra secondo le Convenzioni di Ginevra rimangono le stesse anche durante la loro prigionia. Durante il conflitto i prigionieri potrebbero essere rimpatriati o consegnati a una nazione neutrale per la custodia. Alla fine delle ostilità tutti i prigionieri devono essere rilasciati e rimpatriati senza indugio, ad eccezione di quelli processati o condannati a pena capitale imposti da processi giudiziari. In alcune recenti situazioni di combattimento, come l'invasione americana dell'Afghanistan in seguito agli attacchi dell'11 settembre 2001, i combattenti catturati sul campo di battaglia sono stati etichettati come "combattenti illegali" e non sono state garantite le protezioni previste dalle Convenzioni di Ginevra. [1]

La prigionia bellica[modifica | modifica wikitesto]

La Convenzione di Ginevra firmata il 27 luglio 1929 sul trattamento dei prigionieri di guerra è frutto dell’esperienza della Prima Guerra Mondiale e del momento storico in cui si credeva di aver raggiunto una sicura attuazione dell’organizzazione giuridica della comunità internazionale e della pace tra i membri della comunità stessa. La guerra, doveva restare come un insieme di rapporti fra essi rigorosamente mantenuti nei limiti prestabiliti dal diritto internazionale bellico. Tra tali limiti avrebbe dovuto inserirsi, una più moderna ed organica disciplina giuridica dello status del prigioniero di guerra.

La Convenzione di Ginevra sottoposta ad una interpretazione rigorosamente restrittiva da parte degli stati firmatari di essa, ed ignorata da una delle principali potenze belligeranti, in quanto estranea alla convenzione stessa non ha potuto offrire ai prigionieri tutte quelle garanzie che pur erano nello spirito degli autori di essa.

I fenomeni più caratteristici rispetto ai quali la convenzione di Ginevra non ha potuto assicurare, in realtà, una disciplina giuridica adeguata:

  1. il trasferimento di prigionieri a distanze transoceaniche dal luogo ove era avvenuta la cattura;
  2. lo svolgimento nel paese occupato da un belligerante di una guerra condotta da formazioni partigiane, con la conseguente impossibilità di applicare rispetto agli appartenenti a dette formazioni le guarantigie della prigionia bellica previste dalla convenzione per i soli legittimi belligeranti intesi nel senso più ristretto del termine;
  3. la situazione anormale nella quale sono venuti a trovarsi i prigionieri di guerra di uno stato il cui governo abbia cessato di esistere in seguito alle vicende del conflitto;
  4. il rifiuto dello stato detentore a concedere lo status di prigioniero bellico agli appartenenti alle forze armate di uno stato di cui non intenda più riconoscere il governo legittimo;
  5. il protrarsi della prigionia quando la prigionia stessa non ha più alcuna giustificazione giuridica;
  6. il trasformarsi della condizione del prigioniero bellico in quella assai meno precisa di "cooperatore";
  7. il prolungarsi della prigionia per molti anni dopo la conclusione dell'armistizio, ;
  8. la prigionia degli ufficiali medici e dei cappellani militari in contrasto col principio della neutralizzazione di essi;
  9. il trasferimento di masse di prigionieri dallo stato cattore (lo stato che ha catturato il prigioniero) ad uno stato alleato di esso;
  10. i mutamenti nel valore comparativo fra la moneta nella quale i crediti dei prigionieri di guerra sono stati stilati e quella nella quale dovranno essere effettivamente pagati al termine della prigionia;
  11. l'assoluta assenza di notizie e quindi la presumibile scomparsa di decine di migliaia di prigionieri caduti in mano di potenze non firmatarie della convenzione di Ginevra;
  12. l'inclusione nel trattato di pace di clausole derogatrici ad alcune fondamentali garanzie di carattere economico in favore dei prigionieri di guerra;
  13. gli accordi intervenuti fra le potenze belligeranti allo scopo di integrare la convenzione di Ginevra per un migliore trattamento, soprattutto economico, dei rispettivi prigionieri.

In considerazione dell'esperienza della seconda Guerra mondiale relativamente alla sorte dei prigionieri di guerra, è stato sentito il bisogno di una revisione della convenzione di Ginevra. A tale scopo, il Comitato internazionale della Croce Rossa convocò, negli anni 1946 e 1947, conferenze di esperti governativi e di esperti delle singole società nazionali della Croce Rossa, elaborò un progetto di nuova convenzione, che fu sottoposto alla XVII Conferenza internazionale della Croce Rossa svoltasi a Stoccolma nell'agosto 1948, al criterio di dare ai prigionieri di guerra una più valida protezione, presenta i seguenti caratteri:

  1. una nuova definizione dell'ambito della convenzione, riguardo alla diversa natura dei conflitti nel corso dei quali possono verificarsi catture di combattenti;
  2. la non rinunciabilità da parte degli stessi prigionieri, delle guarantigie previste dalla convenzione;
  3. una maggiore precisazione delle facoltà della potenza protettrice e la possibilità che organismi internazionali specializzati la sostituiscano quando tale potenza non possa più funzionare;
  4. la responsabilità congiunta della potenza cattrice e di quella cui i prigionieri siano stati ceduti in consegna;
  5. maggiori garanzie in materia di trasferimento dei prigionieri dai luoghi di cattura a quelli di internamento;
  6. più particolareggiate disposizioni circa l'igiene, l'alimentazione, l'assistenza religiosa, le attività intellettuali e fisiche nei campi dei prigionieri;
  7. nuove provvidenze per il lavoro dei prigionieri di guerra, avuto riguardo alla misura del salario ed alle assicurazioni sociali;
  8. le sanzioni penali alle quali possono essere sottoposti i prigionieri, con particolare riguardo alla punibilità di prigionieri imputati di crimini di guerra;
  9. esclusione della necessità bellica come giustificazione della non applicabilità delle clausole della convenzione.

Furono sottoposti alla Conferenza di Stoccolma, e da questa approvati anche due nuovi progetti relativi al miglioramento della sorte dei feriti e dei malati delle armate di terra, e dei feriti, malati e naufraghi delle forze navali. Tali progetti sono ispirati al criterio di una più efficace protezione di dette categorie di vittime della guerra. Essi prevedono l'obbligo internazionale del rispetto e della cura dei feriti, dei malati e naufraghi, non catturabilità delle formazioni sanitarie mobili, degli ospedali e delle navi-ospedali, della neutralizzazione del personale sanitario. Fu aggiunto anche un quarto progetto di convenzione: la protezione dei civili in tempo di guerra. Il quale assicura una protezione generale delle popolazioni civili contro alcuni effetti della guerra, istituendo "zone e località sanitarie e di sicurezza" imponendo un particolare trattamento per gli ospedali civili, favorendo il trasporto dei civili, feriti e malati, facilitando l'invio di medicine, viveri ed indumenti, assicurando la corrispondenza familiare. particolareggiate disposizioni protettive dei civili dei territorî occupati e dei sudditi nemici o degli stranieri residenti nel territorio di un paese belligerante sancisce il divieto delle deportazioni, delle pene collettive, delle torture, delle pene corporali, della presa di ostaggi, ed impone, in ogni circostanza, il rispetto della dignità e dell'integrità della persona umana. Infine regola la sorte dei civili raccolti in campi di concentramento. questi progetti di convenzioni internazionali saranno sottoposti alla Conferenza diplomatica convocata a Ginevra per la fine dell'aprile 1949.

Combattenti legittimi Coloro che possono legittimamente prendere parte alle ostilità sono quelli che avrebbero diritto allo stato di prigionieri di guerra se catturati. Qualsiasi altra persona che partecipi a un conflitto può essere considerata un belligerante non privilegiato e può essere punito se catturato. L'articolo 4 della terza convenzione di Ginevra del 1949 e l'articolo 43 del primo protocollo del 1977 stabiliscono che un combattente legittimo è generalmente un membro delle forze armate di uno stato. Il termine include anche membri della marina mercantile e abitanti di territori non occupati che, all'avvicinarsi del nemico, prendono spontaneamente le armi per resistere alle forze invasori fino a quando il territorio non è stato occupato. Le spie Una spia è in una posizione unica, dal momento che è spesso un membro delle forze armate di uno Stato; ma se agisce in incognito nella zona di operazioni di un nemico per ottenere informazioni da trasmettere alle proprie forze, può essere punito a condizione che abbia un processo. I mercenari I mercenari non è affatto protetto; ha il diritto di non essere né un combattente né un prigioniero di guerra. Un mercenario è definito nel primo Protocollo del 1977 (che né il Regno Unito né gli Stati Uniti hanno ratificato) come una persona che è stata appositamente assunta per prendere parte a un conflitto, che è motivata essenzialmente da un guadagno privato e che viene pagata in modo sostanziale più delle normali forze armate dello stato a cui è stato reclutato. Non deve essere un cittadino dello Stato di reclutamento o un membro delle forze armate di una parte in conflitto. I guerriglieri La terza Convenzione di Ginevra del 1949 dichiarò che quello che è chiamato un movimento di resistenza organizzato deve possedere quattro caratteristiche prima che i suoi membri potessero essere trattati come prigionieri di guerra dopo la cattura. Questi erano:abbiano alla loro testa una persona responsabile dei propri subordinati;rechino un segno distintivo fisso e riconoscibile a distanza;portino apertamente le armi;si uniformino, nelle loro operazioni, alle leggi e agli usi della guerra. Col tempo, divenne evidente che due di queste quattro condizioni erano difficili da soddisfare per i combattenti della guerriglia. Se i guerriglieri indossassero un segno fisso e distintivo riconoscibile a distanza o trasportavano le braccia apertamente, difficilmente avrebbero potuto operare con sicurezza nel territorio occupato. Il primo Protocollo del 1977 ha apportato una serie di importanti cambiamenti che vincolano quegli stati che ne sono parti. Ad esempio, uno dei principali problemi nel riconoscere i combattenti della guerriglia come combattenti legittimi è che non possono, di fatto, distinguersi dalla popolazione civile - nel qual caso, tutti i civili sono a rischio. Pertanto, l'articolo 43 del Protocollo richiede a tutti i combattenti di distinguersi dalla popolazione civile mentre sono impegnati in un attacco o in un'operazione militare preparatoria per un attacco. Tuttavia, anche se un combattente non lo fa, avrà comunque diritto al trattamento come combattente legittimo se porta le braccia aperte durante ogni scontro militare e durante il tempo in cui è visibile all'avversario mentre è impegnato in un dispiegamento militare precedente il lancio di un attacco a cui partecipare. [2]

Il trattamento dei prigionieri di guerra[modifica | modifica wikitesto]

La terza Convenzione di Ginevra del 1949 fornisce il quadro di base della protezione accordato a un prigioniero di guerra. È protetto dal momento in cui cade nel potere di un nemico fino alla sua liberazione finale e al suo rimpatrio. Nessuna forma di coercizione può essere inflitta a lui per ottenere informazioni di alcun tipo; ha bisogno solo di dare il suo nome, grado, data di nascita e numero di serie.

Un prigioniero di guerra ha diritto a un trattamento dignitoso e umano, a essere evacuato dalla zona di combattimento e ad ottenere diritti e doveri il più possibile simili a quelli delle forze armate del potere di detenzione. Nessuna rappresaglia può essere presa contro i prigionieri di guerra; non possono essere trattati in modo contrario alla Convenzione, anche se uno stato nemico tratta i suoi prigionieri di guerra in questo modo. Gli ufficiali non possono essere obbligati a lavorare, e gli altri ranghi non possono essere costretti a fare lavori pericolosi o malsani. L'articolo 52 della terza convenzione del 1949 continua a prevedere che la rimozione di mine o dispositivi analoghi sia considerata una manodopera pericolosa.

Per garantire che ai prigionieri di guerra sia accordato il trattamento previsto dalle Convenzioni, gli Stati devono garantire che venga nominato un potere di protezione per agire a loro nome. Un potere protettivo è uno stato neutrale accettabile per lo stato che detiene i prigionieri di guerra. Non ci sono stati poteri di protezione nominati durante la guerra del Vietnam o la guerra Iran-Iraq, ma nel conflitto delle Falkland la Svizzera ha agito per il Regno Unito e il Brasile per l'Argentina. Uno stato può consentire al Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) di agire come sostituto del potere di protezione. Il CICR ha inoltre il diritto di visitare i campi di prigionieri di guerra.

I poteri di protezione devono essere tenuti informati se un prigioniero di guerra deve essere processato (piuttosto che ricevere una punizione disciplinare) per un reato, per esempio, che il potere di protezione possa trovare l'accusato un avvocato. Se viene imposta la pena di morte, non può essere eseguita per almeno sei mesi dopo la sentenza e dopo la sentenza è stata comunicata al potere di protezione. Un prigioniero di guerra può essere processato per un reato commesso prima della cattura (come un crimine di guerra), ma ha il diritto di mantenere il suo status di prigioniero di guerra anche se condannato.

L'uso di armi contro i prigionieri di guerra che tentano di fuggire costituisce una misura estrema e deve essere preceduto da avvertimenti. Il potere detentore deve contenere un'inchiesta sulla morte di un prigioniero di guerra e informare il potere di protezione. Un incidente del genere si è verificato nel conflitto delle Falklands, quando un soldato britannico ha sparato e ucciso un prigioniero di guerra argentino che riteneva stia tentando di fuggire. L'inchiesta risultante ha esonerato il soldato e una relazione è stata trasmessa al CICR.

Alla fine delle ostilità i prigionieri di guerra devono essere rimpatriati. I problemi si sono verificati alla conclusione della guerra di Corea quando un certo numero di nordcoreani non ha voluto ritornare. Nel 1953 fu istituita una commissione di rimpatrio e vi furono trasferiti prigionieri di guerra. È diventato più comune rimpatriare i prigionieri di guerra abili prima della fine delle ostilità. In misura limitata ciò avvenne nella guerra Iran-Iraq, ma fu una caratteristica importante del conflitto delle Falkland.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Prisoner of war, in Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
  2. ^ Adolfo Maresca, Prigionia bellica, in Enciclopedia Italiana, II Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1949.
  3. ^ (EN) Law of war: Prisoners of war, in Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.