Utente:John Fawn/Sandbox

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Gallerie Pelucchi (Olgiate Molgora)[modifica | modifica wikitesto]

Le Gallerie Pelucchi, conosciute anche come Cava Pelucchi, sono delle gallerie sotteranee situate presso il piano montante di Via San Primo a OLgiate Molgora.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Composta da 5 livelli di gallerie sovrapposte e subparallele fra loro, solamente il primo livello della miniera sarebbe percorribile; i livelli

inferiori sono invece costantemente sommersi dall’acqua di falda. Tali livelli sono in comunicazione fra loro per mezzo di un pozzo in [[Calcestruzzo

armato|cemento armato]], utilizzato per la salita e la discesa dei cassoni caricati con il materiale di coltivazione. I cassoni, messi in movimento da

un grosso argano, tuttora esistente e probabilmente funzionante, scorrevano sui binari a scarto ridotto ancora visibili.

Il primo livello della miniera, quasi completamente in asciutto, ha una lunghezza di 130 metri, una larghezza variabile tra 15 e 10 metri, un altezza

di circa 12 metri e termina con un bivio che dà origine a due tronchi di gallerie: il più grande dei due si sviluppa a sinistra per altri 136 metri,

mentre l’altro tronco, sulla destra, non è altro che uno stretto cunicolo di 2 metri per 2 che va a perdersi in un altro complesso sistema di

gallerie, completamente allagate, sotto il colle del Buttero.

I livelli sommersi delle gallerie Pelucchi non sono inferiori per articolazione, come hanno testimoniato nel corso degli anni, a partire dal 2002, una

serie di esplorazioni subacquee condotte dagli esperti speleo sommozzatori di Almé.

Le esplorazioni subacquee hanno permesso di fare un sopralluogo completo della miniera: dagli otto sino ai meno settantaquattro metri di profondità

massima registrata in immersione.

Cenni storici[modifica | modifica wikitesto]

La cementeria sarebbe sorta nel cuore di una zona mineraria ampia 10.000 mq alla base del monte S. Genesio.

L’area dello stabilimento era di proprietà dei marchesi Sommi Picenardi che cedettero i terreni ai fratelli Gnecchi perché consideravano

l’industrializzazione di Olgiate come un grande bene per l’intera comunità, senza calcolarne gli eventuali danni ambientali.

I lavori, che coinvolsero manovalanza locale, dal 1906 si protrassero fino al 1908, anno nel quale l’impresa poté dare inizio alla produzione

industriale; mentre dal 1907 in avanti si svolsero pure i lavori di approntamento delle cave.

La fabbrica alla sua apertura era dotata di impianti adeguati per la produzione di cemento Portland naturale su scala industriale.

Tuttavia, per soddisfare le esigenze di una domanda in aumento, nel volgere di pochi anni gli impianti furono potenziati.

Il Fabbricone era capace di produrre 25.000 tonnellate di cemento all’anno partendo da 40-45.000 tonnellate di pietra grezza e di 40-50.000

tonnellate di carbone, importato dall’Inghilterra e dalla Germania. La concorrenza però cresceva di anno in anno,

hgspecie dopo l’apertura dell’impianto Italcementi di Calusco d’Adda nel 1911; e la crisi industriale del 1912 obbligò la Banca di

Lecco, tra i principali finanziatori dell’azienda, a recedere dai propri impegni. Gli Gnecchi non seppero rispondere da soli alla profonda crisi e

cedettero l’intero complesso ai Fratelli Pesenti, principali azionisti della Società Anonima Italiana Cementi di Bergamo.


I nuovi proprietari intrapresero una politica di potenziamento della fabbrica e delle cave di marna: nel [[Storia del fascismo

italiano|ventennio fascista]], sotto la direzione della nascente Società Italcementi, il Fabbricone produceva 40-50.000 tonnellate di cemento

all’anno partendo da 70.000 tonnellate di pietra grezza. Negli anni successivi però la resa del Fabbricone diminuì lentamente nel tempo, soprattutto

a causa dell’esaurimento delle vecchie miniere di marna e della forte concorrenza delle nuove cementerie, molto più efficienti sia

dal punto di vista produttivo che energetico.


Nel 1941, in piena guerra mondiale, l’Italcementi decise di chiudere le attività del Fabbricone di [[Olgiate

Molgora|Olgiate]], privilegiando il cementificio di Calusco d’Adda, le cui cave di marna erano ben più promettenti. Tale

decisione fu resa ancor più motivata dalla difficoltà nell’approvvigionamento di carbone proveniente dall’Inghilterra per via

degli embarghi strategici.

Parte delle gallerie furono in seguito ripristinate e riutilizzate come fabbrica di smaltimento del legno e di produzione della [[Segatura

(materiale)|segatura]] sino al tragico evento del 3 giugno 1967: l’esplosione e il conseguente incendio dello stabilimento, che causò la

morte di sei operai di Olgiate, e che portò alla trasformazione dell’area sul piano regolatore del Comune, rendendola edificabile

per la residenza civile.

Il trasporto dei materiali avveniva tramite una ferrovia a scartamento ridotto detta dècauville, per mezzo della quale una piccola locomotiva a vapore

trainava una lunga fila di vagoncini, collegando le cave fra loro e trasportando il tutto verso il cementificio dove veniva lavorato.

I lavori di rimozione dalle gallerie della ferrovia dècauville furono gli ultimi a terminare nel 1952, e portarono via tutti i materiali e le

attrezzature metalliche in dotazione (perforatrici, montacarichi, corde metalliche ed utensili vari).