Utente:Giulina91/In nome della madre

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In nome della madre
AutoreErri De Luca
1ª ed. originale2006
Genereromanzo breve
Lingua originaleitaliano


«"In nome del padre": inaugura il segno della croce. In nome della madre s'inaugura la vita.»

«Nel nome del padre, del figlio e … e piuttosto che nominare il nome della madre hanno tirato fuori lo Spirito Santo che non si è capito ancora bene cosa sia.»


In nome della madre è un romanzo breve scritto da Erri De Luca e pubblicato nel 2006 da Feltrinelli. Segue la pubblicazione di libri come Esodo/Nomi e Vita di Noè, ispirati dallo stesso desiderio di approfondire e far partecipe i lettori delle riflessioni dello scrittore riguardo la relazione tra Dio e l'umanità, che ritroviamo poi in questo libro.

In nome della madre è incentrato su Miriàm/Maria di Nazareth, ragazza ebrea che improvvisamente si trova ad essere chiamata a diventare madre del figlio di Dio, Ieshu, salvatore dell'umanità. L'intento dello scrittore è quello di mettere in risalto l'aspetto umano di questa storia, il coraggio, le emozioni e le sofferenze di Miriàm, l'amore profondo di una madre per un figlio, piuttosto che l'aspetto religioso.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

«La storia resta misteriosa e sacra, ma con le corde vocali di una madre incudine, fabbrica di scintille.[1]»

Il libro, anziché essere suddiviso in capitoli, è articolato in quattro stanze, precedute da un prologo e seguite da tre canti finali, Canto dei pastori, Canto di Miriàm e Muta ero io.


Nela prima stanza si narra il momento dell'annunciazione: un messaggero arriva all'improvviso insieme a un colpo d'aria, si presenta a Miriàm annunciandole la nascita di un figlio, il figlio di Dio destinato a compiere grandi gesta e a salvare l’umanità intera. Miriàm si ritrova incinta ancor prima del matrimonio, e anche se frastornata, è felice ed affrancata. Invece, suo promesso marito Iosef non riesce a spiegarsi dell'accaduto e pensa subito alla menzogna che possono inventarsi per i compaesani affinchè possa essere giustificata la gestazione e non giudicata come contraria alla legge, che comporta la lapidazione della donna colpevole di rapporti sessuali prima del matrimonio. Miriàm è comunque grata a Iosef perchè non ha pensato a un tradimento, e le crede.

Nella seconda stanza il racconto è incentrato sul concepimento: dopo aver sognato un angelo che gli ordina il necessario, Iosef annuncia di voler sposare Miriàm a settembre, anche se è incinta. Per il villaggio è subito scandalo, e cominciano gli insulti per strada. Iosef è costretto a lasciare la bottega di falegname dov'era primo aiutante e ne apre un'altra come proprietario: non parla con i clienti, se non solo per le trattative. Le donne del villaggio sputano dietro il passaggio di Miriàm, le guardano la pancia e confabulano di un tradimento. Ma Miriàm è felice, aspetta questo figlio con tutto l’amore materno possibile e con il cuore pieno di speranza. A fine estate celebrano le nozze, solo con parenti stretti. Una cometa inizia a brillare sopra l'orizzonte delle colline di Nazareth, vista come segno di malaugurio dai villani. L'ordine da parte dei Romani del censimento obbligatorio obbliga Iosef e Miriàm a trasferirsi a Betlemme, e per gli sposi non esiste notizia migliore: loro figlio sarebbe cresciuto lontano dai pregiudizi e dai pettegolezzi dei compaesani. La mamma di Miriàm ha paura che ella possa perdere il figlio in viaggio, ma la ragazza è serena e sa bene che se la caverà da sola.

Nella terza stanza si racconta della partenza da Nazareth verso Betlemme, un lungo e stancante viaggio pieno di carri e di persone che bestemmiano e maledicono i Romani per le strade mal messe. Durante il viaggio, Iosef esprime il suo desiderio di chiamare il nascituro Ieshu, così come gli aveva indicato in sogno l'angelo, e Miriàm accetta con entusiasmo. Intanto gira voce che non ci sono più case libere a Betlemme, e una volta arrivati, l'unico posto libero è una minuscola stalla fuori città dove vi è un bue; intanto Iosef va in cerca di un posto migliore. Si aprono le acque a Miriàm: è da sola, con un bue ed un'asina, è eccitata e preoccupata, ma sa che ce la può fare benissimo anche senza aiuti.

Nell' ultima stanza si narra della nascita del figlio prediletto: cominciano i dolori, e con sè Miriàm ha solo un coltello e un bacile d'acqua. Le bestie ruminano e le stanno accanto: c'è una gran pace intorno. Miriàm riesce perfettamente a partorire, come se fosse già esperta, il suo corpo esegue come se sapesse già cosa fare. Si commuove, singhiozza e lo stringe tra le sue braccia. E' un maschio, come profezia vuole. Se potesse, farebbe durare quella notte tutta una vita. Ha voglia di restare da sola con suo figlio tra le braccia. Vuole accompagnare i primi momenti di vita della sua creatura nel mondo da sola. Vuole sentire il suo respiro confondersi con quello del piccolo, vuole sentire il battito del suo cuore. E vuole guardarlo, da sola.[2]

Personaggi[modifica | modifica wikitesto]

  • Miriàm/Maria: E' l'io narrante del racconto, la donna ideale secondo la tradizione e la cultura cattolica.[3] Nel libro si sottolinea il coraggio e la femminilità di questa donna straordinaria, che travolge ogni costume e legge.
  • Iosef/Giuseppe: Nonostante il timore del giudizio dei compaesani, grazie al suo amore e a ciò che gli è stato detto in sogno dall'angelo decide di sposare Miriàm e di starle sempre accanto. La forza di Josef di rinunciare al mondo esterno e di seguire Miriàm nel progetto comune discende direttamente dall’amore che Miriàm nutre nei suoi confronti.[4]
  • Compaesani: non appena saputa la notizia della gravidanza, i compaesani iniziano a insultare Iosef, e a sputare dietro il passaggio di Miriàm. La legge dichiara la lapidazione per coloro che rimangono incinta prima del matrimonio, dunque un fatto inaccettabile per i compaesani.

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

Erri De Luca dedica ogni giorno un'ora alla lettura delle sacre scritture, tant'è che ne è diventato un profondo conoscitore. Si sente talmente attratto dalla figura di Gesù nella sua duplice veste di uomo e di Dio, che è voluto risalire alle fonti originarie, dedicandosi allo studio dello yiddish e dell'ebraico per tradurre la Bibbia in lingua originale. Ciò che lo spinge alla lettura di queste fonti è anche che si dichiara non credente [5].

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]