Utente:Gdelmo/Sandbox

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I Disobbedienti sono un movimento sociale italiano nato nel 2001 in seguito al G8 di Genova. Il movimento prende il nome dalla pratica della disobbedienza, elaborata in una forma originale dal movimento delle Tute Bianche durante gli anni '90.

In seguito alla collaborazione delle Tute Bianche al Genoa Social Forum in occasione del G8 di Genova nel 2001, venne fondato il Laboratorio della Disobbedienza Sociale[1]. Oltre alle Tute Bianche, il movimento dei Disobbedienti comprende diversi centri sociali diffusi in tutta Italia e molti singoli membri ai Giovani Comunisti[2], l'organizzazione giovanile del PRC che per un periodo cambierà il nome in Giovani Comunisti - Disobbedienti[3]. Nonostante i rapporti politici intavolati con lo stesso PRC e i Verdi, il movimento dei Disobbedienti rimane un extra-parlamentare e impegnato nelle azioni dirette. Come movimento prende parte a molte mobilitazioni di rilievo come quelle contro la riforma dell'Articolo 18 e contro la guerra in Iraq e lo European Social Forum di Firenze nel 2002.[4] La radicalizzazione del movimento da una parte e l’avvicinamento del PRC al centrosinistra dall’altra portano alla crisi della relazione dei due soggetti. Negli anni seguenti alcuni membri dei Disobbedienti entreranno definitivamente nel PRC seguendo la nuova linea di Fausto Bertinotti sulla non-violenza, altri proseguiranno nella creazione di reti di centri sociali[5].

Ideologia e pratiche

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Il movimento dei Disobbedienti non ha avuto una struttura formalizzato ed è stato per lo più definito da una comunanza di influenze ideologiche e dall’accettazione di una serie di pratiche. Sul piano ideologico i Disobbedienti sono influenzati dallo zapatismo e dal post-operaismo, in particolare dalle elaborazioni di Negri e Hardt da cui vengono tratti concetti-chiave come moltitudine ed esodo costituente[6][7].

La pratica della disobbedienza sociale si differenzia dalla disobbedienza civile per la legittimazione all'uso della forza per autodifesa. Una delle caratteristiche distintive dei Disobbedienti rispetto al resto del movimento antagonista è la rappresentazione piuttosto che la pratica dello scontro[8][9].


  1. ^ disobbedienza sociale subito, su digilander.libero.it. URL consultato il 12 novembre 2019.
  2. ^ (EN) Dario Azzellini, The International Encyclopedia of Revolution and Protest, American Cancer Society, 2009, pp. 1–6, DOI:10.1002/9781405198073.wbierp0465, ISBN 9781405198073. URL consultato il 12 novembre 2019.
  3. ^ Administrator, Giovani Comunisti: quale politica? quale identità?, su www.marx21.it. URL consultato il 12 novembre 2019.
  4. ^ Stefano Becucci, Pratiche di sovversione sociale: il movimento dei disobbedienti, in Quaderni di Sociologia, n. 33, 1º dicembre 2003, pp. 5–20, DOI:10.4000/qds.1159. URL consultato il 12 novembre 2019.
  5. ^ (EN) Dario Azzellini, The International Encyclopedia of Revolution and Protest, American Cancer Society, 2009, pp. 1–6, DOI:10.1002/9781405198073.wbierp0465, ISBN 9781405198073. URL consultato il 12 novembre 2019.
  6. ^ (EN) Dario Azzellini, The International Encyclopedia of Revolution and Protest, American Cancer Society, 2009, pp. 1–6, DOI:10.1002/9781405198073.wbierp0465, ISBN 9781405198073. URL consultato il 12 novembre 2019.
  7. ^ Stefano Becucci, Pratiche di sovversione sociale: il movimento dei disobbedienti, in Quaderni di Sociologia, n. 33, 1º dicembre 2003, pp. 5–20, DOI:10.4000/qds.1159. URL consultato il 12 novembre 2019.
  8. ^ Stefano Becucci, Pratiche di sovversione sociale: il movimento dei disobbedienti, in Quaderni di Sociologia, n. 33, 1º dicembre 2003, pp. 5–20, DOI:10.4000/qds.1159. URL consultato il 12 novembre 2019.
  9. ^ (EN) Dario Azzellini, The International Encyclopedia of Revolution and Protest, American Cancer Society, 2009, pp. 1–6, DOI:10.1002/9781405198073.wbierp0465, ISBN 9781405198073. URL consultato il 12 novembre 2019.