Utente:GJo/Sandbox/Cessione navi della Rubattino
Il Piemonte e il Lombardo[modifica | modifica wikitesto]
Secondo una ricostruzione già apparsa nel 1862-1865 in due opere (La verità sugli uomini e sulle cose del regno d'Italia rivelazioni di J. A. già agente segreto del conte di Cavour[1] e Delle recenti avventure d'Italia per il conte Ernesto Ravvitti[2]) – e poi ripresa da Giacinto de' Sivo[3] – i due piroscafi necessari all'impresa garibaldina sarebbero stati messi a disposizione tramite un accordo coperto da segreto di Stato. Il 3, o 4, maggio sera in presenza dell'avvocato Ferdinando Riccardi e del colonnello Alessandro Negri di San Front (secondo fonti moderne entrambi dei servizi segreti piemontesi, e incaricati dall'Ufficio dell'Alta Sorveglianza politica e dall'Ufficio Informazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri del Regno di Sardegna[4]) l'intesa fu formalizzata con rogito del notaio Gioacchino Vincenzo Baldioli, nel suo studio di via Po a Torino, accordo con il quale il Regno di Sardegna acquistava "in via temporanea" e segretamente dall'armatore Rubattino (attraverso la mediazione del direttore della compagnia, Giovanni Battista Fauché) due vapori, il Piemonte e il Lombardo, facendone beneficiario Giuseppe Garibaldi (rappresentato nella circostanza da Giacomo Medici)[4], garanti del debito si costituivano il re sabaudo e il suo primo ministro.[5] Una ricerca svolta presso l'Archivio di Stato di Torino non ha trovato alcun riscontro a conferma di questa versione: dell'atto di "vendita" non c'è alcun riscontro (nonostante vi siano conservate le scritture del notaio Baldioli indicato come estensore del contratto), e lo stesso si può dire per quanto riguarda il "Registro delle Patenti di Nazionalità dei Piroscafi della Marina Sarda" in cui obbligatoriamente dovevano essere riportato i passaggi di proprietà, conservato presso la stessa istituzione; vi è poi da aggiungere che il termine "vendita temporanea" non ha giuridicamente nessun significato – al limite si sarebbe parlato di noleggio – mentre la segretezza dell'accordo avrebbe reso lo stesso nullo (la vendita delle navi è soggetta a pubblicità).[5] A tutto ciò vi è da aggiungere che non tornano i movimenti del Rubattino e non è molto credibile che per una vendita tra privati (Rubbatino e Garibaldi) dovesse intervenire come garante il Re; questi elementi portano a concludere «che non vi fu nessun contratto con Rubattino».[5]
Il 9 aprile Bixio tornò a Genova con delle istruzioni per Agostino Bertani e una lettera personale di Garibaldi diretta a Giovanni Battista Fauché, dal 1858 procuratore generale e direttore della società di navigazione Rubattino, la lettera fu recapitata dal Bertani il 10 e in essa l'Eroe dei due mondi richiede, per «trasportarmi in Sicilia con alcuni compagni», uno dei due piroscafi, il San Giorgio o il Piemonte, in servizio per Cagliari e per Malta; offre per questo servizio 100.000 franchi che il Fauché rifiutò dicendo che «se li porti pure in Sicilia ove possono essergli necessari».[6][7].
Successivamente, intorno al 24 aprile, Garibaldi aveva richiesto al Fauché la disponilità di un secondo vapore che il direttore conferma mettendogli a disposizione anche il Lombardo; si trattava di due dei migliori vapori – sugli otto totali – della flotta Rubattino.[8]. I dettagli furono fissati in una riunione il 30 aprile a casa di Bertani, presenti Garibaldi, Fauchè e Bixio.
Nella notte fra il 5 e 6 maggio, sotto il comando di Bixio, un gruppo di garibaldini si impadronì delle due navi – simulando, come da accordi, il furto e sorvegliata in ciò dalle autorità piemontesi[9] – e la spedizione salpò dallo scoglio di Quarto. Il Lombardo entrò successivamente a far parte della marina dittatoriale siciliana[10]. Quando la spedizione terminò, oltre al prezzo d'acquisto dei vascelli, alla società di navigazione Rubattino sarà anche riconosciuta, con decreto dittatoriale di Garibaldi del 5 ottobre 1860, la somma di 1,2 milioni di lire come risarcimento per la perdita del Piemonte e del Lombardo, valutati 750 000 lire, e del piroscafo Cagliari, valutato 450 000 lire (che era stato adoperato per la fallita spedizione di Pisacane nel 1857 e poi restituito all'armatore dal governo borbonico)[11].
Subito dopo la partenza della spedizione Fouché avvisò le autorità portuali della scomparsa delle due navi e contemporaneamente garantì che il servizio postale, in appalto alla Rubattino, a non sarebbe stato interrotto. Il "furto" provocò una riunione d'urgenza dei soci e dei creditori della Rubattino che il 7 maggio indirizzarono un protesta al governo sardo ritenuto colpevole di negligente sorveglianza e quindi responsabile del danno ricevuto dalla società che finanziariamente era in buona salute, il Fauché rifiutò, ed a lui sarebbe spettato quale direttore generale, di protestare ufficialmente e di sporgere denuncia per il furto; il fatto di aver abusato della sua posizione portò poche settimane dopo al suo licenziamento[12] L'episodio ebbe anche uno strascico polemico in quanto il Fauché fece pubblicare sui giornali genovesi una lettera scrittagli dal Bertani [13] in cui questo si rammaricava della sua estromissione dalla Rubattino accusando, senza nominarlo, l'armatore di «non capire che per formare la grande Società della Nazione, deve sacrificarsi qualunque società privata»[14]; Raffaele Rubattino si difese scrivendo il 23 giugno a Giacomo Medici chiedendogli che difendesse presso Garibaldi e i conoscenti il suo buon nome di patriota.[15][16], la polemica tra il Rubattino e il Fauché su cui aveva il merito patriottico di aver fornito le navi ai Mille continuò negli anni a venire.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Filippo Curletti, La verità sugli uomini e sulle cose del Regno d'Italia. Rivelazioni di J. A. già agente segreto di Cavour, Venezia, Tipografia Emiliana, 1862, pp. 17-8. URL consultato l'8 ottobre 2015.
- ^ Ernesto Ravvitti, Delle recenti avventure d'Italia, per il conte Ernesto Ravvitti, vol. 2, Venezia, Tipografia Emiliana, 1865, pp. 385-6. URL consultato l'8 ottobre 2015.
- ^ Nel terzo volume della sua Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, versione in seguito fatta propria dalla storiografia revisionista
- ^ a b Aldo Servidio, L'imbroglio nazionale, Napoli, Guida Editore, 2002, p. 39, ISBN 88-7188-489-2.
- ^ a b c Piccione, pp. 45-46
- ^ Agrati, p. 26
- ^ G. Zimolo, FAUCHÉ Giovanni Battista, in Dizionario del Risorgimento nazionale. Dalle origini a Roma capitale. (Vol. III, I personaggi), Milano, Casa Editrice Dottor Francesco Vallardi, 1931, pp. 45-46. URL consultato l'8 ottobre 2015.
- ^ Agrati, pp. 36-37
- ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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- ^ Almanacco storico navale. Lombardo – Sottosezione Navi Trasporto a Ruote, su marina.difesa.it, Marina Militare italiana. URL consultato l'8 ottobre 2015.
- ^ Aldo Servidio, Op. cit., p. 93.
- ^ Agrati, p. 38
- ^ Vedi articolo "La compagnia Rubattino e la causa nazionale" in prima pagina del giornale di Genova Il movimento, 21 giugno 1860
- ^ vedi pagg. 232-236 in Giuseppe Pipitone Federico, Di alcune note autobiografiche di patrioti che presero parte alle rivoluzioni siciliane del 1848 e 1860, in Rassegna Storica del Risorgimento, anno VIII, suppl. al fasc. I, XVIII Congresso sociale di Palermo 1931, pp. 228-243.
- ^ Agrati, p. 41
- ^ Anna Maria Isastia, FAUCHÈ, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1995. URL consultato l'8 ottobre 2015.