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Rahamin Raimondo Coen (Cohen) (Rodi, 7 settembre 1916 – Roma, 16 gennaio 2009) sopravvissuto alla Shoah.

RAHAMIN RAIMONDO COEN (COHEN)
Rahamin Coen a Rodi Egeo
Rahamin Coen fotografato a Rodi Egeo prima delle deportazioni nei Campi di Sterminio nazisti. Il retro della foto riporta indicazione di data e luogo oltre a una dedica successiva alla nipote
Reduce della Shoah

Italiano nato a Rodi Egeo

CAMPI DI INTERNAMENTO
Haidari

Auschwitz

Ridulthau (Rydułtowy)

Mauthausen

Dachau

Gunskirchen

Matricola di Auschwitz: B-7269
Data e luogo di deportazione:

Rodi il 18 luglio 1944

Data e luogo della liberazione:

Gunskirchen il 4 maggio 1945

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato nel 1916 nell’Isola di Rodi quando questa era parte del Governatorato italiano, visse nell'isola la sua infanzia e gioventù ben inserito nell’ambiente comunitario, sia inteso come Comunità Ebraica che come società circostante greca e turca.

Studiò alla Alliance Israélite Universelle e successivamente alla Scuola di Ragioneria “Istituto Gonzaga”. Nel 1933, ancora studente, il professor Ugo suo insegnante, fece il nome di Rahamin al signor Rialdi, Direttore della Sede di Rodi delle Assicurazioni INA dove iniziò a lavorare nei mesi estivi e alla fine del successivo anno scolastico e la consecuzione del diploma in ragioneria, venne assunto stabilmente all’INA.

Con l’avvento delle leggi razziali, Rahamin non poté più lavorare all’INA in quanto ebreo e lo stesso Rialdi si preoccupò di trovargli un’altra sistemazione. Iniziò a lavorare nei Grandi Magazzini Alhadeff dove, nel tempo, fece di tutto per agevolare i militari italiani che entravano per fare le loro spese, anche a rischio di denuncia per utilizzo improprio della sua tessera personale per gli acquisti, che puntualmente arrivò e costò a Rahamin una notte di carcere.

Il 18 luglio 1944 giunse l’ordine, prima per gli uomini e poi per donne e bambini, di raggiungere la Caserma dell’Aeronautica Militare Italiana. Lì vennero privati di documenti e qualsiasi altro possedimento e rinchiusi fino a essere imbarcati su una nave che li portò al Pireo dove restarono rinchiusi nella prigione di Haidari.

La deportazione[modifica | modifica wikitesto]

Una sosta “tecnica” a Haidari fu necessaria ai tedeschi per poter radunare gli ebrei delle altre comunità delle isole dell’Egeo e poterli poi caricare sul treno il 23 luglio, convoglio n. 44R, diretto ad Auschwitz.

La Comunità Ebraica di Rodi, tra le più importanti dal punto di vista culturale e di preparazione religiosa tanto che dal Collegio Rabbinico dell’isola sono usciti tra i più grandi Rabbini dell’epoca, è stata la sola ad essere stata completamente cancellata a causa della Shoah. I pochi ebrei sopravvissuti, infatti, non vi hanno potuto fare ritorno in quanto nell’aprile del 1945, ancora durante l’internamento dei prigionieri nei Campi di Sterminio, Rodi passò dall’occupazione tedesca iniziata l’8 settembre 1943, all’occupazione britannica per poi essere consegnata alla Grecia nel 1947.

Quando ancora si trovavano a Haidari, Rahamin tentò di incitare i prigionieri alla rivolta, ma all’istante fu raggiunto da un tedesco che gli sferrò un colpo sulla schiena con il calcio del fucile e lo sposto poi di peso prendendolo con entrambi le mani al collo, mentre Rahamin era a terra incapace di muoversi, gemendo dal dolore.

Nel tragitto verso i vagoni che li avrebbero portati ad Auschwitz, poi, furono accompagnati dai colpi di frustini chiodati schioccati con odio dai tedeschi.

La famiglia di Rahamin era ancora unita: la mamma Rachele, le sorelle Diana, Fortunée e Regina con i cognati Samuele e Salomon e i figli di questi, Stella, Laura, Asher, Josef, e i piccoli Jaco e Matilda di soli 9 mesi.

All’arrivo ad Auschwitz, Rahamin rimase solo con Samuele e Salomon e i nipoti Asher e Josef. La madre, due sorelle e i nipoti più piccoli furono subito indirizzati alla morte nei forni crematori.

Rahamin lavorò nel Campo di Auschwitz trascinando pietre, scaricando camion di sabbia o svuotando gabinetti

" Pur di incontrare mia sorella, mi offrii volontario per un lavoro da svolgere là. Bisognava pulire le latrine. [...] Si trattava di una fossa profonda almeno un metro, un metro e mezzo, su cui erano poggiate delle tavole; in una giornata il pozzo si riempiva già per metà, per svuotarlo bisognava fare come sulla spiaggia, con un secchio: lo riempivo e lo passavo ad un compagno, così fino all'ultimo che rovesciava il contenuto su un carro. Era colma di escrementi. Per tutto il giorno svuotai la fossa. Ho fatto due volte questo lavoro per vedere mia sorella. [...] La seconda volta potei rimanere con lei solo pochi minuti; i tedeschi guardavano, gridavano: "Schnell... Arbeit!" Due minuti appena. L'ho lasciata lì. E' stata l'ultima volta che l'ho vista.[1] "

Dopo circa un mese, fu caricato, insieme con altri detenuti, su un camion con il tubo di scappamento che scaricava i suoi gas all’interno dell’abitacolo, ma prima che la morte li raggiungesse, l’autista del camion ricevette l’ordine di deviare i prigionieri verso le miniere di carbone di Ridulthau, nell’Alta Slesia. Lì si lavorava in miniera senza sosta. Normalmente si scendeva la domenica pomeriggio e si tornava in superficie il sabato. Fu colpito da un proiettile tedesco e “curato” da un prigioniero ungherese che lo medicò con delle foglie dopo aver estratto la pallottola. Sopravvisse, continuò a lavorare in miniera e guarì. Fu frustato perché aveva sporcato la neve con l’urina.

Quando i tedeschi cominciarono a perdere la guerra, Rahamin e gli altri detenuti vennero spostati a Mauthausen con un viaggio durante il quale più della metà, persero la vita.

Man mano che i tedeschi perdevano la guerra, i prigionieri venivano spostati. Quindi da Mauthausen, arrivò presto, a fine febbraio, la marcia verso Dachau. E da lì, dopo pochi giorni, lo spostamento sempre a piedi con destinazione Gunskirchen, in Austria.

Il 4 maggio 1944 il Campo di Sterminio di Gunskirchen fu liberato dagli alleati e il giorno dopo Rahamin teminò le sue vicissitudine da prigioniero e iniziò quelle da uomo “libero”. Non aveva ancora 28 anni. Era il più grande tra i sopravvissuti dell'Isola di Rodi. Pesava 32 chili.

La rinascita[modifica | modifica wikitesto]

Rahamin Coen all'Istituto Putti di Cortina d'Ampezzo
Rahamin Coen fotografato mentre sta sulla terrazza dell’Istituto Sanatorio Codivilla Putti di Cortina d’Ampezzo dove è stato ricoverato a causa di una spondilite a seguito delle violenze subite nei Campi di Sterminio nazisti.

Fu trasferito all’Ospedale di Linz in Austria dove gli venne diagnosticata la pleurite e il Morbo di Pott alla spina dorsale e a un rene (che gli sarà asportato nel 1964). Rimase lì per due mesi circa, fino a che ebbe la forza di camminare.

Salì sul primo treno per l’Italia e arrivò a Bolzano dove fu nuovamente ricoverato in ospedale. Vi rimase fino a quando gli venne un ascesso in gola che gli impediva quasi di respirare. Caricato su un camion in viaggio per Milano, fu operato immediatamente.

Una settimana dopo venne dimesso e con il soldo che la suora gli aveva dato, si rese conto, poté solo acquistare il biglietto del bus per la stazione centrale dove c’era un ricovero per reduci di guerra. Ma anche da lì dovette andar via poco dopo e fu di nuovo ricoverato in ospedale. Lì incontrò il nipote Josef che aveva perso di vista durante il trasferimento verso le miniere.

Fu nuovamente trasferito, questa volta a Varazze. Mentre era lì fu rintracciato dal fratello Nissim che viveva in Congo belga da prima delle deportazioni da Rodi. Nel tempo, tramite la Croce Rossa, vennero ritrovati anche i nipoti Asher e Josef a Bologna, Laura a Stoccolma e Stella a Merano. Gli altri erano tutti morti.

Nel 1947 Rahamin partì per il Congo belga per raggiungere il fratello Nissim. Gli fu diagnosticata la spondilite (probabilmente causata da una grossa pietra lanciatagli alla schiena durante la prigionia) e consigliato di lasciare il Congo per un paese dal clima più secco.

Tornò in Italia e finì all’ospedale di Tarnerio di Como, dove gli venne applicato un busto di gesso, e successivamente in uno di Milano e subito dopo all’istituto ortopedico di S. Maria Ligure fino a che fu un medico dell’American Jewish Joint Distribution Committee (ente ebraico che si prendeva cura dei sopravvissuti) che si prese cura di lui e lo fece trasferire a Cortina d’Ampezzo.

Il medico era il dottor Tenembaum. Erano stati internati nella stessa baracca ad Auschwitz.

A Cortina rimase otto anni ricoverato immobile in un letto dell’Istituto Vittorio Putti. La malattia alla schiena non gli permetteva più di camminare. Il suo contatto con il mondo circostante era uno specchio posizionato sopra al letto che manovrava con le mani. L’American Joint provvedeva a inviargli viveri che regolarmente divideva con i compagni di corsia. In occasione di una festa di Carnevale, nel 1952, per la prima volta da quando aveva lasciato Rodi, tornò anche a suonare la chitarra e la fisarmonica.

Ci vollero sei mesi per alzarsi dal letto e riuscire a poggiare i piedi a terra per fare i primi passi.

Nel 1954 ricevette la cartolina rosa con l’invito a presentarsi alla Caserma di Padova per prestare servizio militare. Poteva già stare in piedi, anche se con il busto di gesso, e quindi si presentò a Padova dove ebbe il congedo illimitato.

Nella primavera del 1955 fu dimesso dall’Istituto Putti e si rivolse alla sede di Roma dell’American Joint che gli assegnò un posto negli alloggi riservati ai reduci di guerra a Grottaferrata.

Da lì prendeva spesso il treno per Roma e passeggiando nei dintorni della Stazione, si fermava spesso nel negozio Gilda’s dove conobbe Nella, la nipote della proprietaria che diventò poi sua moglie.

La nuova famiglia e la nuova vita[modifica | modifica wikitesto]

Nella e Rahamin Coen nel giorno del matrimonio
Nella e Rahamin brindano il giorno del loro matrimonio a Roma. Nella foto sono nella sala della Casina delle Rose a Roma, dopo la cerimonia al Tempio Maggiore. Autore: Amedeo Astrologo Licenza: eredi Amedeo Astrologo Data: 20 aprile 1958
Matrimonio di Rahamin Coen e Nella Limentani
Nella Limentani e Rahamin Coen il giorno del loro matrimonio al Tempio Maggiore di Roma il venti aprile 1958 celebrato dal Rabbino Davide Prato. Autore: Amedeo Astrologo Licenza: eredi Amedeo Astrologo Data: 20 aprile 1958

Nella famiglia di Nella trovò la famiglia che aveva perso nei Campi di Sterminio e con loro, la forza di rinascere a una nuova vita. Iniziò a lavorare con il suocero, Davidino Limentani, come rappresentante di maglieria (Liabel) e continuò con successo fino all’età di 75 anni. La Liabel, quando si ritirò dall’attività, fece coniare per lui una medaglia al merito.

Ebbe due figlie Diana e Giovanna e due nipoti David e Micol.

Nel momento in cui Nella e Rahamin dovettero decidere dove andare ad abitare da sposati, scelsero l’EUR, il quartiere romano costruito per volere di Benito Mussolini, che Rahamin aveva sognato tante volte di visitare guardando le foto sui libri quando ancora viveva tranquillo nella sua bella Rodi, proprio di fronte alla Basilica dei Santi Pietro e Paolo, originariamente destinata a essere il Memoriale di Benito Mussolini.

Fu così che la sua vittoria sul Nazismo fu totale. Nato una seconda volta il 4 maggio 1945, una rinascita durata quasi nove anni, visse poi la sua vita proprio nel quartiere costruito da chi aveva tentato di strappargli la vita quando aveva solo 28 anni.

Il ritorno a Rodi e la sua testimonianza[modifica | modifica wikitesto]

Rahamin Coen a 74 anni a Roma
Primo piano di Rahamin Coen all’età di 74 anni in occasione della festa per la nascita della nipote Micol Mieli nel 1990. Autore: Giovanna Coen Licenza: Giovanna Coen Data: 3 febbraio 1990

Rahamin continuò tutta la vita ad avere incubi notturni che lo riportavano al periodo trascorso nei Campi di Sterminio.

Riuscì a tornare nella sua Isola nel 1984 con la sua nuova famiglia. Rivide i luoghi della sua infanzia e la casa della nonna (la sua era stata distrutta durante la guerra). Rincontrò vecchi amici con i quali ricordò la vita di 40 anni prima. Ma ancora non aveva la forza di parlare del periodo della prigionia.

Nell’aprile 1991 Rahamin accettò di accompagnare un gruppo di studenti italiani in un viaggio ad Auschwitz e Birkenau. Sul pullman iniziò a raccontare. All’interno dei campi trovò il coraggio di rientrare nella baracca nella quale era stato internato anni prima, di ripercorrere i sentieri tanto dolorosi, di ricordare e descrivere con dovizia di particolari quello che era successo anni prima proprio nei punti dove stava camminando.

In quella occasione si incontrò con Simon Wiesenthal.

Nel novembre 1992, su invito della Provincia di Roma, accompagnò ad Auschwitz e Burkenau un gruppo di allievi dell’Istituto Tecnico Amari di Ciampino e dell’Istituto Tecnico Luzzati di Palestrina.

Fu in quell'occasione che uno studente mi chiese: "Signor Coen, dopo tutto quello che lei ha sofferto, oggi odia i tedeschi?"

Io risposi: "Non posso odiare i tedeschi di oggi che a distanza di 50 anni da Hitler e dal nazismo rappresentano la nuova generazione. Loro non possono essere considerati responsabili delle colpe di una parte dei loro padri, di quelli che avevano abbracciato l'assurda ideologia dello sterminio.[2]

Nel 2003, il genero Giorgio Mieli ha deciso di raccogliere le memorie di "nonno Raimondo" e farne dono alla figlia in occasione del suo Bat Mitzvah. I racconti e le testimonianze di Rahamin Coen sono pubblicate nel volume romanzato Mi Alma: storia di Rahamin Coen edito da La Giuntina.

Conferenze e incontri[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente tenne conferenze e incontri in diversi Istituti scolastici di Roma e del Lazio, tra cui:

  • Istituto Tecnico Luzzati
  • Istituto Guido Castelnuovo
  • Istituto Scolastico della Parrocchia di Cave
  • Parrocchia S. Maria della Speranza
  • O.R.T.
  • Istituto Enriquez di Ostia
  • Scuola Osopo
  • Istituto Oriani
  • Parrocchia S. Maria del buon Costume
  • KKL Keren Kayemeth LeIsrael
  • Chiesa Valdese di Via Dionigi

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Mi Alma: storia di Rahamin Coen, Giorgio Mieli, La Giuntina, 2003 ]]

Volumi sulla Shoah in cui è nominato[modifica | modifica wikitesto]

  • Mi Alma: storia di Rahamin Coen, Giorgio Mieli, La Giuntina, 2003
  • Il Libro della Memoria, Liliana Picciotto Fargion, Mursia, 1991
  • Gli ebrei a Rodi, Esther Fintz Menasché, Guerini, 1992
  • Compagni di Viaggio dall’Italia ai Lager Nazisti: i trasporti dei deportati, Italo Tibaldi, 1994
  • The Jewish martyrs of Rhodes and Cos, Hizkia M. Franco, Harper Collins, 1994
  • La Juderia, Laura Varon, Praeger Publishers, 1999
  • Guidebook for Sephardic and Oriental Genealogical Sources in Israel, Mathilde A. Tagger, Yitzchak Kerem, Avotaynu, 2006
  • Mauthausen: storia di un lager, Giuseppe Mayda, Il Mulino, 2008
  • La politica culturale del fascismo nel Dodecaneso: atti del Convegno, Padova, 16-17 novembre 2007, Massimo Peri, Esedrra, 2009
  • Buio nell’Isola di Rodi, Esther Fintz Menasché, Mimesis, 2014
  • Trieste, Dasa Drndic, Houghton Mifflin Harcourt, 2014
  • Judenrampe, Anna Segre e Gloria Pavoncello, Elliot, 2015

Interviste rilasciate[modifica | modifica wikitesto]

  • Nel nome della memoria, Corriere della Sera, 1993
  • Interviste con la Storia, Marcello Pezzetti per Fondazione CDEC Centro Documentazione Ebraica Contemporanea, 1996
  • Survivor of the Shoah Visual History Foundation, Steven Spielberg, 1997
  • Mauthausen Survivors Documentation Project, Prof. Gerhard Botz, 2002

Siti e articoli in cui è citato[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giorgio Mieli, Mi Alma, Firenze, La Giuntina, 2003, p. 72, ISBN 88-8057-173-7.
  2. ^ Giorgio Mieli, Mi Alma, Firenze, La Giuntina, 2003, p. 115, ISBN 88-8057-173-7.