Tutt'or ch'eo dirò "gioi", gioiva cosa

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Tutt'or ch'eo dirò "gioi", gioiva cosa
AutoreGuittone d'Arezzo
1ª ed. originaleXIII secolo
GenereSonetto
Lingua originaleitaliano

Tutt'or ch'eo dirò "gioi", gioiva cosa è il primo verso di un sonetto di Guittone d'Arezzo.

Analisi[modifica | modifica wikitesto]

Un elemento balza immediatamente all'occhio anche di un lettore distratto, la fittissima presenza della radice gioi-, ripetuta ben venticinque volte in soli quattordici versi; così facendo Guittone d'Arezzo vuole esprimere l'inarrestabile contentezza che il pensiero della donna amata provoca in lui. È indicativo dell'identificazione della donna con la felicità stessa il senhal con cui lei viene indicata, Gioi: lei non è solamente la fonte dei sentimenti del nostro, ma è la gioia stessa (al verso 3 si legge gioia sete di beltà gioiosa).

Oggi un'accumulazione così esasperata di parole con la medesima radice può far sembrare il componimento un vuoto sfoggio di virtuosismo, ma all'epoca tali forme di scrittura erano apprezzate e ben considerate.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese, il nuovo La scrittura e l'interpretazione, volume 1, Palumbo editore, ISBN 978-88-8020-843-3

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