Pier Leone Ghezzi: differenze tra le versioni

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|Cognome = Ghezzi
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Nato nel comune [[Marche|marchigiano]] di [[Comunanza]], fu figlio di [[Giuseppe Ghezzi]], ([[1634]]–[[1721]]), che addestrò anche [[Antonio Amorosi]], ed era segretario all'[[Accademia di San Luca]]. Lo stesso Pier Leone si unì all'Accademia nel [[1705]]. Era il [[figlioccio]] di [[Carlo Maratta]]. Pier Leone è famoso per i suoi [[affresco|affreschi]] eseguiti nella [[Villa Falconieri]] a [[Frascati]].
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Ghezzi è famoso per i suoi [[affresco|affreschi]] eseguiti nella [[Villa Falconieri]] a [[Frascati]].
Le sue caricature con penna e [[guazzo]] sono più libere nelle emozioni dei ritratti, e spesso raffigurano personaggi o mestieri in chiave [[Satira|satirica]]. Morì a Roma.

Le sue caricature con penna e [[guazzo]] sono vivide e briose; oltre a esprimere in chiave [[Satira|satirica]] i personaggi o i mestieri raffigurati, sono interessanti per le didascalie esplicative, apposte da lui stesso, utili per una veritiera e vivace ricostruzione della società settecentesca. Ebbero molto successo anche presso i contemporanei, raggiungendo quotazioni elevate.

Ghezzi fu un artista brillante, dotato di molteplici attitudini, come scrisse [[Lione Pascoli]]: «canta, e suona diversi strumenti, e si è in gioventù divertito col ballo, colla [[Equitazione|cavallerizza]], e colla [[scherma]]. Discorre modestamente, non gli mancano erudizioni, ed è eccellente conoscitore delle maniere pittoresche antiche, e moderne. Non è perciò da maravigliarsi, se tratti famigliarmente con molti personaggi, e se da questi sia tenuto in gran conto, e ben sovente, qualora non vi va, mandato a chiamare».

I versi da lui composti e apposti sul rovescio della tela del primo dei suoi [[Autoritratto|autoritratti]] (1702), illustrano con efficacia la sua personalità:

Pier Leone son io<br />
Di casa Ghezzi che dì 28 giugno<br />
Quando al mille e seicento<br />
Anni settanta quattro ancor<br />
S'aggiunse io nacqui e si congiunse<br />
A questi l'età mia di vent'ott'anni<br />
Ch'ora nel mille settecentoedue<br />
Mi mostra il tempo, e le misure sue<br />
Or mentre questo fugge e mai s'arresta<br />
Io mi rido di lui e mi riscatto<br />
Col dar perpetua vita al mio ritratto<br />


== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
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* [http://www.treccani.it/enciclopedia/pier-leone-ghezzi_(Dizionario-Biografico)/| Anna Lo Bianco, voce ''Pier Leone Ghezzi'' in ''Dizionario Biografico degli Italiani'']

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Versione delle 19:55, 27 ott 2011

Pier Leone Ghezzi (Roma, 28 giugno 1674Roma, 6 marzo 1755) è stato un pittore italiano, attivo a Roma nel periodo Barocco.

Pier Leone nacque a Roma dal pittore Giuseppe Ghezzi, (16341721), maestro anche di Antonio Amorosi, e segretario dell'Accademia di San Luca. Lo stesso Pier Leone si unì all'Accademia nel 1705. Il padre scelse per lui come padrino di cresima Carlo Maratta, a sottolineare la volontà di indirizzo verso la carriera artistica del figlio.

Ghezzi è famoso per i suoi affreschi eseguiti nella Villa Falconieri a Frascati.

Le sue caricature con penna e guazzo sono vivide e briose; oltre a esprimere in chiave satirica i personaggi o i mestieri raffigurati, sono interessanti per le didascalie esplicative, apposte da lui stesso, utili per una veritiera e vivace ricostruzione della società settecentesca. Ebbero molto successo anche presso i contemporanei, raggiungendo quotazioni elevate.

Ghezzi fu un artista brillante, dotato di molteplici attitudini, come scrisse Lione Pascoli: «canta, e suona diversi strumenti, e si è in gioventù divertito col ballo, colla cavallerizza, e colla scherma. Discorre modestamente, non gli mancano erudizioni, ed è eccellente conoscitore delle maniere pittoresche antiche, e moderne. Non è perciò da maravigliarsi, se tratti famigliarmente con molti personaggi, e se da questi sia tenuto in gran conto, e ben sovente, qualora non vi va, mandato a chiamare».

I versi da lui composti e apposti sul rovescio della tela del primo dei suoi autoritratti (1702), illustrano con efficacia la sua personalità:

Pier Leone son io
Di casa Ghezzi che dì 28 giugno
Quando al mille e seicento
Anni settanta quattro ancor
S'aggiunse io nacqui e si congiunse
A questi l'età mia di vent'ott'anni
Ch'ora nel mille settecentoedue
Mi mostra il tempo, e le misure sue
Or mentre questo fugge e mai s'arresta
Io mi rido di lui e mi riscatto
Col dar perpetua vita al mio ritratto

Bibliografia

  • Rudolf Wittkower, Art and Architecture Italy, 1600-1750, Penguin Books, 1980, p. 495.

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