Madonna Rucellai: differenze tra le versioni

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[[File:Cimabue 032.jpg|thumb|Stretti sono i raffronti con la ''[[Maestà del Louvre]]'' di [[Cimabue]], 1280 circa, già a [[Pisa]]]]
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La tavola è la più grande che ci sia pervenuta riguardo al Duecento<ref>AA.VV., ''Galleria degli Uffizi'', Collana ''I grandi musei del mondo'', Scala Group, Roma 2003, pag. 25.</ref> e venne dipinta dal pittore senese, allora giovane e in patria straniera ([[repubblica di Firenze|Firenze]] e [[repubblica di Siena|Siena]] erano due repubbliche diverse).
La tavola è la più grande che ci sia pervenuta riguardo al Duecento e venne dipinta dal pittore senese, allora giovane e in patria straniera ([[repubblica di Firenze|Firenze]] e [[repubblica di Siena|Siena]] erano due repubbliche diverse).


L'opera si ispira alla ''[[Maestà del Louvre]]'' di [[Cimabue]], dipinta circa cinque anni prima, con la stessa disposizione del trono in tralice, la stessa inclinazione dei volti, i medesimi gesti della madre col figlio, la stessa impostazione della cornice. Il tema però è qui rappresentato con una nuova sensibilità, più "gotica", carico di ancora maggiore dolcezza nei volti e nella dolente umanità che supera i rigidi schematismi bizantini, facendo eco all'importanza tribuata nel Duecento ai culti mariani.
L'opera si ispira alla ''[[Maestà del Louvre]]'' di [[Cimabue]], dipinta circa cinque anni prima, con la stessa disposizione del trono in tralice, la stessa inclinazione dei volti, i medesimi gesti della madre col figlio, la stessa impostazione della cornice. Il tema però è qui rappresentato con una nuova sensibilità, più "gotica", carico di ancora maggiore dolcezza nei volti e nella dolente umanità che supera i rigidi schematismi bizantini, facendo eco all'importanza tribuata nel Duecento ai culti mariani.

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La Madonna Rucellai, o Madonna dei Laudesi, è una Madonna col Bambino in trono (quindi una "Maestà") e sei angeli dipinta da Duccio di Buoninsegna. È una tempera su tavola e misura 450 x 290 cm. Proveniente dalla chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, è conservata alla Galleria degli Uffizi dove è collocata in sala scenografica con altre grandi maestà: la Maestà di Santa Trinita di Cimabue e la Maestà di Ognissanti di Giotto.

Storia

La pala venne commissionata a Duccio il 15 aprile 1285 dalla Compagnia dei Laudesi per la chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. Anticamente si trovava nella cappella di questa compagnia, chiamata poi Cappella Bardi, dove alcuni affreschi tardo-duecenteschi, riscoperti da poco sotto altri trecenteschi e attributi allo stesso Duccio, furono probabilmente dipinti a suo coronamento. Nel 1591 venne spostata nella vicina Cappella Rucellai, dalla quale prese il nome correntemente usato. Rimase in questa collocazione fino al 1937, quando venne esposta in una grande mostra su Giotto a Firenze; nel 1948 venne trasferita agli Uffizi, dove si trova ancora oggi.

L'opera fu revisionata nel 1947-1948 e restaurata nel 1989 da Alfio Del Serra

Attribuzione

Sebbene il documento di allogazione a Duccio fosse stato pubblicato già nel 1790 da Vincenzo Fineschi e confermata più di un secolo dopo da Franz Wickhoff, a lungo venne considerata un'opera di Cimabue o di un anonimo "Maestro della Madonna Rucellai" (per esempio da Pietro Toesca); altri sostennero che l'opera fosse stata iniziata da Duccio e completata da Cimabue, viste le somiglianze strette con la Maestà del Louvre, mentre oggi la critica è concorde nell'attribuire definitivamente l'opera a Duccio.

Descrizione e stile

Stretti sono i raffronti con la Maestà del Louvre di Cimabue, 1280 circa, già a Pisa

La tavola è la più grande che ci sia pervenuta riguardo al Duecento e venne dipinta dal pittore senese, allora giovane e in patria straniera (Firenze e Siena erano due repubbliche diverse).

L'opera si ispira alla Maestà del Louvre di Cimabue, dipinta circa cinque anni prima, con la stessa disposizione del trono in tralice, la stessa inclinazione dei volti, i medesimi gesti della madre col figlio, la stessa impostazione della cornice. Il tema però è qui rappresentato con una nuova sensibilità, più "gotica", carico di ancora maggiore dolcezza nei volti e nella dolente umanità che supera i rigidi schematismi bizantini, facendo eco all'importanza tribuata nel Duecento ai culti mariani.

La Madonna Rucellai di Duccio è più aristocratica e raffinata. I volti di tutti i personaggi sono più dolci e gentili, un distacco dall'opera di Cimabue che non era ancora evidente nell'antica Madonna Gualino di Duccio (1280-1283), che diventa percettibile nella Madonna di Crevole (1283-1284) e che in questa opera del 1285 diventa ancora più evidente. Ciò dà all'immagine un senso di maggiore aristocraticità, innestata sulla solida meastosità e l'umana rappresentazione di Cimabue.

Con tutta probabilità Duccio ebbe come ispirazione anche gli oggetti quali smalti, miniature e avori provenienti dalla Francia, di sapore innovativamente gotico. Sono molti infatti gli elementi di stile gotico presenti nell'opera: mancano le lumeggiature dorate dell'agemina, sostituite da delicate modulazioni di colore e pieghettature spesso cadenti che danno sostanza alle figure. Inoltre Duccio vi immise un nervoso ritmo lineare, come sottolineato dal capriccioso orlo dorato della veste di Maria, che disegna una complessa linea arabescata che va dal petto fino ai piedi, in opposizione alle rigide e astratte pieghe a zig zag della pittura bizantina. La gamma cromatica è ricca e varia, come già andava conquistando la scuola senese, e conta colori che si esaltano a vicenda come il rosa smalto, il rosso vinato e il blu chiaro. Le aureole della Madonna e del Bambino sono decorate da raffinati motivi che creano un'aura di impalpabile trasparenza. I sei angeli che circondano la Madonna sono perfettamente simmetrici (forse dipinti tramite sagome cartonate, i cosiddetti "patroni") e stanno irrealisticamente inginocchiati uno sopra l'altro ai lati del trono, senza una minima sensazione di piani in profondità, come in Cimabue. Del resto anche nel trono sono più curati i decori preziosi, con bifore e trifore gotiche e con il sontuoso drappo di seta sullo schienale.

La cornice modanata è in parte d'oro e in parte dipinta, con una fascia interrotta da clipei con busti di profeti biblici e santi domenicani, tra i quali il fondatore dei Laudesi san Pietro Martire.

Note


Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.
  • Enzo Carli, Duccio, Milano 1952
  • Luciano Bellosi, voce Duccio in Enciclopedia dell'Arte Medioevale vol. V, Roma 1994
  • Luciano Bellosi, Duccio. La Maestà, Milano 1998
  • Catalogo della mostra Duccio. Alle origini della pittura senese, Milano 2003
  • Alessandro Bagnoli, Roberto Bartalini, Luciano Bellosi, Michel Laclotte Duccio, Silvana Editore, Milano 2003.

Voci correlate

Collegamenti esterni