Vestigia (biologia): differenze tra le versioni
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Versione delle 17:33, 20 mag 2010
Sono considerate vestigia (dal latino vestigium, impronta, orma) quegli elementi di un organismo (per esempio l'uomo) che in esso persistono, ma che hanno perso del tutto la funzionalità che invece avevano in un antenato o nell'embrione.
Si possono individuare due tipi di vestigia: filogenetico e ontogenetico. Nel primo caso un esempio classico è l'appendice, residuo intestinale erbivoro, nel secondo l'ombelico.
Un elemento vestigiale può non aver alcun ruolo nell'organismo, come l'epooforon nella donna, oppure può avere ancora qualche funzione, come i denti del giudizio, o ancora aver cambiato funzione, come il sacco vitellino nell'embrione umano.
Nell'uomo
- I muscoli orripilatori (erettori del pelo). Negli animali con pelo folto permettono di aumentare la capacità coibentante della pelliccia e, in certi casi, di apparire più massicci ai nemici.
- la plica semilunare della congiuntiva dell'angolo interno dell'occhio, residuo della membrana nittitante
- il coccige residuo della coda
- l'organo vomeronasale attualmente scollegato dall'encefalo, in passato serviva ad avvertire i feromoni sprigionati da altri individui
- tubercoli di Darwin (in una piccola percentuale della popolazione: residuo dell'articolazione grazie alla quale gli animali possono muovere e orientare i padiglioni auricolari)
- l'appendice ciecale residuo di una parte ancestrale di intestino
- il gene che codifica per l'enzima L-gulonolattone ossidasi: è presente nel genoma umano e degli animali superiori ma nell'uomo e nella cavia non codifica per nessun enzima. È definito pseudogene.
Negli altri animali
- gli abbozzi di ossa degli arti posteriori dei cetacei;
- le ali degli uccelli non volatori.
- il cinto pelvico negli Ofidi
- occhi rudimentali non funzionanti e ricoperti di tegumento nei pesci di fondale della famiglia Amblyopsidae
Organi vestigiali ed evoluzione delle specie
Oggi gli organi vestigiali sono interpretati come "relitti evolutivi" che erano funzionali negli antenati. Poiché la loro esistenza sarebbe difficilmente spiegabile nell'ipotesi di fissità delle specie, essa costituisce una prova dell'Evoluzione.