Oreste (Alfieri): differenze tra le versioni

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'''''Oreste''''' è una [[tragedia]] mitologica in [[endecasillabo|endecasillabi]] sciolti scritta da [[Vittorio Alfieri]] nel [[1783]] del cosiddetto “ciclo di Tebe”.

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La vicenda è la continuazione di ''[[Agamennone (Alfieri)|Agamennone]]''. Il tema riprende infatti il mito di [[Oreste (mitologia)|Oreste]] che, tornato ad Argo, vuole vendicarsi della madre e del suo amante per l'omicidio del padre [[Agamennone]].
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{{quote|Destò vivissimo interesse negli uditori, e fra l'altro tanto odio verso Egisto, che quando Clitenestra esce dalla stanza del marito col pugnale insanguinato, e trova Egisto, la platea gridava furiosamente all'attrice che l'ammazzasse.|[[Giacomo Leopardi|Leopardi]], [[Zibaldone]] ([[1823]])}}
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Il mitologico ''Oréstes'', con la complicità della sorella [[Elettra]] e dell’amico [[Pilade]], con furia cieca uccide [[Egisto]], l’amante della madre, assassino del padre [[Agamennone]]. Ma nel furore della vendetta, [[Oreste]] uccide anche la madre.
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ORESTE: Lasciala; or forse al traditor marito ella arde il rogo.<br>PILADE:Più che compiuta hai la vendetta, or vieni; non cercar oltre...<br>ORESTE:Oh! che di' tu?...<br>ELETTRA:La madre ti ridomando, Pilade. - Oh, qual m'entra gel nelle vene!<br>PILADE:Il cielo...<br>ELETTRA:Ah! spenta forse...<br>ORESTE:Volte in se stessa infuriata ha l'armi?...<br>ELETTRA:Pilade; oimè!... tu non rispondi?<br>ORESTE:Narra;che fu?<br>PILADE:Trafitta...<br>ORESTE:E da qual mano?<br>PILADE:Ah! vieni...<br>ELETTRA:Tu la uccidesti.<br>ORESTE:Io parricida?...<br>PILADE:Il ferro vibrasti in lei, senza avvederten, cieco d'ira, correndo a Egisto incontro...<br>ORESTE:Oh quale orror mi prende! Io parricida? - Il brando,Pilade, dammi: io 'l vo'...<br>PILADE:Non fia.<br>ELETTRA:Fratello...<br>PILADE:Misero Oreste!|''Oreste'', Atto V Scena Ultima}}
ORESTE: Lasciala; or forse al traditor marito ella arde il rogo.<br>PILADE: Più che compiuta hai la vendetta, or vieni; non cercar oltre...<br>ORESTE: Oh! che di' tu?...<br>ELETTRA: La madre ti ridomando, Pilade. - Oh, qual m'entra gel nelle vene!<br>PILADE: Il cielo...<br>ELETTRA: Ah! spenta forse...<br>ORESTE: Volte in se stessa infuriata ha l'armi?...<br>ELETTRA: Pilade; oimè!... tu non rispondi?<br>ORESTE: Narra;che fu?<br>PILADE: Trafitta...<br>ORESTE: E da qual mano?<br>PILADE: Ah! vieni...<br>ELETTRA: Tu la uccidesti.<br>ORESTE: Io parricida?...<br>PILADE: Il ferro vibrasti in lei, senza avvederten, cieco d'ira, correndo a Egisto incontro...<br>ORESTE: Oh quale orror mi prende! Io parricida? - Il brando, Pilade, dammi: io 'l vo'...<br>PILADE: Non fia.<br>ELETTRA: Fratello...<br>PILADE: Misero Oreste!|''Oreste'', Atto V Scena Ultima}}


==Bibliografia==
==Bibliografia==

Versione delle 11:26, 14 dic 2009

Oreste
Tragedia in cinque atti
Oreste di Vittorio Alfieri
Regia di Enrico Maria Salerno, Asti Teatro Alfieri (1956), "Compagnia del Piccolo Teatro di Genova", scene di Eugenio Guglielminetti
AutoreVittorio Alfieri
Lingua originaleItaliano
GenereTragedia
AmbientazioneLa reggia in Argo
Composto nel1783
Personaggi
  • Egisto
  • Clitennestra
  • Elettra
  • Oreste
  • Pilade
  • Soldati, seguaci di Oreste e di Pilade
 

Oreste è una tragedia mitologica in endecasillabi sciolti scritta da Vittorio Alfieri nel 1783 del cosiddetto “ciclo di Tebe”.

La vicenda è la continuazione di Agamennone. Il tema riprende infatti il mito di Oreste che, tornato ad Argo, vuole vendicarsi della madre e del suo amante per l'omicidio del padre Agamennone.

La tragedia fu pensata ed abbozzata già dal 1776, durante un soggiorno pisano di Alfieri: la stesura in versi avvenne però l'anno successivo, mentre la verseggiatura definitiva nel 1783. La prima lettura fu data a Roma nel 1782, un anno prima della versione giunta fino a noi.

Nonostante il tema non fosse per nulla nuovo al pubblico, le compagnie teatrali fecero proprio il testo alfieriano, rappresentandolo con frequenza.

Alfieri non mette in scena l'uccisione della madre, ancora considerato divieto visivo, così come ne La Congiura de'Pazzi e Bruto primo.

Trama

«Destò vivissimo interesse negli uditori, e fra l'altro tanto odio verso Egisto, che quando Clitenestra esce dalla stanza del marito col pugnale insanguinato, e trova Egisto, la platea gridava furiosamente all'attrice che l'ammazzasse.»

Il mitologico Oréstes, con la complicità della sorella Elettra e dell’amico Pilade, con furia cieca uccide Egisto, l’amante della madre, assassino del padre Agamennone. Ma nel furore della vendetta, Oreste uccide anche la madre.

«ELETTRA: Deh! parla:Clitennestra dov'è?
ORESTE: Lasciala; or forse al traditor marito ella arde il rogo.
PILADE: Più che compiuta hai la vendetta, or vieni; non cercar oltre...
ORESTE: Oh! che di' tu?...
ELETTRA: La madre ti ridomando, Pilade. - Oh, qual m'entra gel nelle vene!
PILADE: Il cielo...
ELETTRA: Ah! spenta forse...
ORESTE: Volte in se stessa infuriata ha l'armi?...
ELETTRA: Pilade; oimè!... tu non rispondi?
ORESTE: Narra;che fu?
PILADE: Trafitta...
ORESTE: E da qual mano?
PILADE: Ah! vieni...
ELETTRA: Tu la uccidesti.
ORESTE: Io parricida?...
PILADE: Il ferro vibrasti in lei, senza avvederten, cieco d'ira, correndo a Egisto incontro...
ORESTE: Oh quale orror mi prende! Io parricida? - Il brando, Pilade, dammi: io 'l vo'...
PILADE: Non fia.
ELETTRA: Fratello...
PILADE: Misero Oreste!»

Bibliografia

  • Vittorio Alfieri, Tragedie, Sansoni, Firenze 1985

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