Giacomo Cocco

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Giacomo Cocco (Venezia, 27 settembre 1412Costantinopoli, 28 aprile 1453) è stato un militare italiano.

Stemma Cocco

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Caduta di Costantinopoli - Tintoretto - Palazzo Ducale Venezia

Figlio di Marino di Giovannino Cocco sposato con Marina Gritti in seconde nozze. Il fratellastro era stato Bailo Veneziano a Cipro e per 5 volte savio del Consiglio.

Rimasto orfano in giovane età si imbarco giovanissimo ed apprese l'arte della marineria in particolare con le galere che commerciavano tra la Serenissima, Beirut e Alessandria. Nel 1446 venne eletto membro del Consiglio della quarantia.

Nel 1447 sposò Maria Foscarini di Dardi di Stefano dalla quale ebbe due figli Alvise e Cipriana.

L'assedio di Costantinopoli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Costantinopoli (1453).

Durante i suoi tragitti navali nel Mediterraneo il 4 dicembre 1452, Giacomo Coco arrivò a Costantinopoli con una galera proveniente da Trébisonda sul Mar Nero.

Durante questo viaggio si trovò davanti la fortezza costruita da Mehmed II di Rumelihisarı costruita con l'obiettivo di impedire a qualsiasi nave proveniente dal Mar Nero di raggiungere la città di Costantinopoli sotto assedio dei Turchi. Egli finse di acconsentire all'invito (con inganno) di avvicinarsi al forte per poi all'improvviso cambiare direzione in assetto da battaglia e riuscì ad entrare nel Corno d'oro, al riparo dal resto della marina turca, grazie a una catena che bloccava il passaggio tra Galata e Costantinopoli.

Tuttavia, nella notte tra il 21 e il 22 aprile, Mehmet II riuscì a trasporortare 72 delle sue navi dentro il corno d'oro facendola passare via terra dietro alla colonia genovese di Galata. Tale impresa permetteva di canoneggiare Costantinopoli anche da mare.

Giacomo Coco propose quindi di inviare una piccola flottiglia di notte per bruciare le navi turche con il fuoco greco la notte del 24 aprile. La proposta fu accettata dall'imperatore Costantino XII, ma i genovesi non furono informati per via del doppio gioco da parte di alcuni di loro con il sultano. Pochi giorni prima il podestà di Galata Angelo Lomellini aveva consegnato le chiavi di Galata al Sultano in cambio del mantenimento dei privilegi già esistenti. Inoltre non aveva informato Costantino XI del trasporto delle navi Turche via terra verso il Corno d'oro e facilmente scorgibile dalla torre del quartiere genovese[1].

Tuttavia, i genovesi alla fine lo vennero a sapere e ad imporre il loro coinvolgimento. Probabilmente se realizzata subito, l'impresa sarebbe forse potuta riuscire, ma i preparativi durarono invece quattro giorni, e questo consentì ai Turchi di evitare la sorpresa.

Questo ritardo dette ai turchi il tempo di essere informati, probabilmente da un residente della colonia genovese di Galata o Pera.

Fortezza di Rumelihisari

Così la notte del 28 aprile due galere genovesi e tre fuste veneziane lasciavano il porto, precedute da due navi (una veneziana ed una genovese), foderate di sacchi di cotone e di lana che avrebbero dovuto incendiare le navi turche. Coco dirige una delle tre fustelle mentre Giovanni Giustiniani resto' a difendere Costantinopoli.

L'impeto guerriero di Coco lo fece decidere di lanciarsi di fronte allo squadrone cristiano per essere il primo ad attaccare i turchi. I turchi pero erano stati avvertiti da una spia genovese ed in attesa dell'attaco. Giacomo Coco muore durante l'azione colpito dall'artiglieria[2].

Il fallimento dell'operazione contribuì ad alimentare le già esistenti tensioni tra veneziani e genovesi nella capitale bizantina. I genovesi accusarono l'irruenza del Coco come causa della sconfitta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Angelo Giovanni Lomellini, su treccani.it.
  2. ^ Istituto di, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, pp. 743-747.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • The Papacy and the Levant, 1204-1571: The fifteenth century Roger Crowley

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]