Salammbô (Ferrary)
Salammbô | |
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Salammbô, Liverpool, Lady Lever Art Gallery | |
Autore | Maurice Ferrary |
Data | 1899 |
Materiale | marmo e bronzo |
Altezza | 272 cm |
Ubicazione | Lady Lever Art Gallery, Port Sunlight |
Salammbô è una scultura in marmo bianco e bronzo dello scultore francese Désiré-Maurice Ferrary, realizzata nel 1899. Attualmente è conservata nella Lady Lever Art Gallery di Port Sunlight.[1]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Désiré-Maurice Ferrary, o più semplicemente Maurice Ferrary, scolpì la statua nel 1899 e questa venne esposta al Grand Palais durante l'Esposizione universale di Parigi del 1900. La scultura venne acquistata da Lord Leverhulme nel 1900[2] e venne messa all'ingresso della galleria d'arte. In seguito la scultura venne spostata nella seconda stanza della galleria.[1]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Il tema della scultura è tratto dal romanzo Salammbô dello scrittore francese Gustave Flaubert, pubblicato nel 1862. Salammbô è la figlia del generale cartaginese Amilcare Barca ed è la sacerdotessa della dea Tanit. Essendo stato rubato il velo sacro dal tempio della dea, Salammbô decide di andare a recuperarlo e si avvolge un serpente intorno al corpo nella speranza che questo le dia una protezione religiosa da parte della dea.[3] Lo stesso tema sarà ripreso pochi anni dopo dallo scultore, anche lui francese, Jean-Antoine-Marie Idrac. È presente un contrasto tra la pelle di Salambò, realizzata in marmo bianco, e quella del serpente, realizzata in bronzo: l'opera è quindi policroma.[4] Ai piedi Salammbô indossa due cavigliere dorate che enfatizzano la sua nudità lussureggiante.[3] L'espressione della ragazza è di estasi e di misticismo, come se ella stesse offrendo il suo corpo alla dea.[3]
Dietro Salammbô è presente una colonna di granito, sulla cui sommità si trova una piccola scultura che raffigura Tanit, sopra un capitello con quattro cavalli. Tanit porta un gioiello rosso sulla fronte[1] e dietro di lei è presente una mezzaluna. Anche lei è avvolta dal serpente; tuttavia, proprio questo la rende più diabolica che divina. La scultura combina così sia il bene (Salambò) sia il male (Tanit), secondo un gusto tipicamente decadente molto apprezzato durante l'epoca vittoriana.[3]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c (EN) Salammbo, su National Museums Liverpool. URL consultato l'8 giugno 2021.
- ^ (EN) Julian Treuherz e Peter de Figueiredo, 111 Places in Liverpool that you shouldn't miss, Emons Verlag, 2016, ISBN 978-3-96041-030-0. URL consultato l'8 giugno 2021.
- ^ a b c d (EN) Désiré-Maurice Ferrary - Mapping the Practice and Profession of Sculpture in Britain and Ireland 1851-1951, su sculpture.gla.ac.uk. URL consultato l'8 giugno 2021.
- ^ (DE) H. Zimmermann, Max Knackfuß, Allgemeine Kunstgeschichte: 3. Band, BoD – Books on Demand, 10 maggio 2017, ISBN 978-9925-0-7241-5. URL consultato l'8 giugno 2021.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- The Lady Lever Art Gallery, Port Sunlight, Bluecoat Press, 1996.
- Andreas Blühm, The Colour of Sculpture, 1840-1910, Waanders, Amsterdam, 1996.
- Caroline Vout, Classical Art: A Life History from Antiquity to the Present, Princeton University Press, 2018.
Altri progetti
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