Saffo abbandonata

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Saffo abbandonata
AutoreGiovanni Dupré
Data1857-1861
Materialemarmo
Altezza140 cm
UbicazioneGalleria nazionale d'arte moderna, Roma

«Mirabile è quel guardo della Saffo; quand'uno l'ha veduto una volta, e gli si ficca nell'immaginazione e non si può dimenticare.»

La Saffo abbandonata è una scultura in marmo dello scultore italiano Giovanni Dupré, realizzata tra il 1857 e il 1861. L'opera si trova alla galleria nazionale d'arte moderna di Roma.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

In una lettera del 5 settembre del 1857, Giovanni Dupré scriveva al suo amico Tito Sarrocchi che stava lavorando a una "Saffo seduta, nel massimo abbandono, che medita di precipitarsi nel mare". Dopo essere tornato da Londra, dove aveva ammirato i marmi del Partenone portati dal lord Elgin all'inizio del secolo, lo scultore senese iniziò a lavorare all'opera. Un bozzetto che si trova a Fiesole, alla villa Dupré, testimonia come all'inizio la scultura dovesse essere leggermente diversa, in quanto la poetessa di Mitilene doveva sedere su un sedile all'antica.[1]

La scultura venne esposta all'Esposizione Nazionale di Firenze del 1861, dove piacque al pubblico, anche se alcuni critici cercavano di minimizzarne la sensualità definendola "quieta e decente".[1] Augusto Conti le dedicò uno scritto di una decina di pagine quello stesso anno. Inizialmente l'opera doveva essere venduta a una nobildonna inglese, ma alla fine rimase nello studio dell'artista fino alla sua morte.[2] Infine entrò nelle collezioni della galleria romana.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

«Se l'umanità ricambiò le sventure della fanciulla di Lesbo, facendola tipo ideale del genio e dell'amore infelice, il gentile ingegno del Dupré seppe fare qualche cosa di più: la vendicava. E chi, a vedere costei, potrebbe non imprecare all'insensibile animo di Faone?»

L'opera ritrae Saffo, una celebre poetessa greca dell'isola di Lesbo. Secondo alcune leggende, riprese anche dallo scrittore romano Publio Ovidio Nasone, la donna si era invaghita di un giovane di nome Faone, che tuttavia non ricambiava i suoi sentimenti, pertanto ella decise di suicidarsi buttandosi dalla rupe di Leucade. In questa scultura Saffo è seduta su una roccia, la stessa rupe, mentre pensa e medita l'atto estremo.[4] Ella è raffigurata a petto nudo e con le gambe avvolte in una veste,[5] mentre accanto a lei sono poggiate una lira con le corde spezzate[3] e una corona d'alloro rotta, che testimoniano la sua attività poetica. Le corde spezzate dello strumento e la coroncina disfatta sono un segno dell'angoscia del suo animo.[6]

Il volto di Saffo ricade verso il basso ed è pieno di tristezza e rassegnazione a causa dell'amore non corrisposto che l'affligge, in un contrasto con la bellezza muliebre del resto del corpo:[4] sono le sopracciglia e lo sguardo, con le pupille rivolte verso l'alto, che tradiscono la calma apparente.[7] Il contrapposto del corpo sembra illudere al salto disperato che porrà fine alla vita della mitilenese.[1] Le mani e i piedi, infatti, palesano "l'abbandonatezza del corpo e la mestizia" della poetessa lesbia,[8] e le dita della mano sinistra sono piegate verso l'interno, come quando si è stanchi, secondo Augusto Conti.[8] La donna è al tempo stesso "immensamente sconsolata, ma tranquilla, sicura nel dolor suo, e senza speranza".[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Saffo ritratto di donna greca scultura, 1857 - 1861, su catalogo.beniculturali.it. URL consultato il 9 giugno 2023.
  2. ^ Conti 1861, p. 14.
  3. ^ a b Lo spettatore rassegna letteraria, artistica, scientifica ed industriale, 1858. URL consultato il 9 giugno 2023.
  4. ^ a b IL MITO DI SAFFO NELL'OPERA DI GIOVANNI DUPRE', su Viviversilia, 27 ottobre 2013. URL consultato il 9 giugno 2023.
  5. ^ Saffo "crine di viola, eletta ..." un mito immortale come poetessa e come donna, su ABOUT ART ON LINE, 7 marzo 2021. URL consultato il 9 giugno 2023.
  6. ^ a b Conti 1861, p. 4.
  7. ^ Conti 1861, p. 6.
  8. ^ a b Conti 1861, p. 7.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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