Sabalo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Sabalo, anche chiamato Salabo[1] (latino: Sabalus, Salabus; Mauretania, ... – ...; fl. I secolo) è stato un condottiero berbero, luogotenente del defunto re della Mauretania, Tolomeo di Mauretania, partecipò alla rivolta dei mauritani contro Roma.[2]

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Tolomeo di Mauretania e Mauretania.

Verso la fine del 40, il re Tolomeo di Mauretania fu assassinato dal cugino di secondo grado, Caligola, mentre era in visita a Roma.[3]

Un'ex schiavo di Tolomeo, Edemone, decise, quindi, di vendicare l'ex padrone e intentò una rivolta contro l'imperatore, e molti della tribù dei Mauri si unirono al liberto, del quale Sabalo fu uno dei più fedeli sostenitori.[3]

Nel 42, succeduto a Caligola, l'imperatore Claudio incaricò, quindi, a Gaio Svetonio Paolino e Gneo Osidio Geta di sedare la rivolta, durata quattro anni.[3]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Rivolta di Edemone.

Sabalo riuscì a sopravvivere con i suoi compagni ribelli nel Sahara, ma, grazie all'abilità e all'astuzia di Geta, il condottiero venne sconfitto due volte.[4] Tuttavia, a causa dell'esaurirsi dell'acqua, Geta fu dubbioso se ritirarsi o continuare a inseguire Sabalo, tuttavia un berbero locale lo convinse a compiere un rituale della pioggia.[3][5]

Quando quest'ultimo completò il rituale la pioggia cominciò a cadere dal cielo, tanto che lo stesso Sabalo, testimone dell'accaduto, pensò che Geta possedesse poteri soprannaturali.[3] Alla fine della guerra, il berbero decise di arrendersi a Geta.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cassio Dione, Storia romana, LX, 9, 2.
  2. ^ Lessert et al, p. 476.
  3. ^ a b c d e Pietro Romanelli, Mauretania, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1934. URL consultato il 13 marzo 2020.
  4. ^ Cassio Dione, Storia romana, LX, 9, 1-2.
  5. ^ Cassio Dione, Storia romana, LX, 9, 3-4.
  6. ^ Cassio Dione, Storia romana, LX, 9, 5.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]